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 2008  marzo 17 Lunedì calendario

Maria Pierdicchi. Affari & Finanza 17 marzo 2008. Qualcuno ritiene che le agenzie di rating stiano alla crisi originata dai mutui subprime Usa, così come ai revisori contabili si dava la colpa all’epoca delle grandi frodi societarie, qualche anno fa

Maria Pierdicchi. Affari & Finanza 17 marzo 2008. Qualcuno ritiene che le agenzie di rating stiano alla crisi originata dai mutui subprime Usa, così come ai revisori contabili si dava la colpa all’epoca delle grandi frodi societarie, qualche anno fa. Enti terzi certificatori della validità di prodotti finanziari obbligazioni societarie nel primo caso, prestiti strutturati con sottostanti i mutui casa nel secondo che alla prova dei fatti si sono rivelati problematici. Con l’aggravante quasi sempre dell’inganno da parte delle aziende emittenti quei titoli nei casi passati: ma la presenza o l’assenza di dolo sono una consolazione troppo scarsa, quando ci sono di mezzo perdite di mercato da centinaia di miliardi di dollari. Quindi le agenzie di rating, che tutto questo lo hanno capito più in fretta di quanto abbiano capito che il credito mondiale stesse per entrare in un frullatore nel giro di pochi mesi, stanno correndo ai ripari. Cercano di preservare il rapporto di fiducia di lunga data e ancora centrale nello svolgimento del loro difficile mestiere, e cercano pure di muovere per prime nel tavolo del rinnovamento, prima che la mossa la facciano i regolatori sovrastanti. L’esperienza insegna infatti che le norme imposte dall’alto, specie quelle nate nel momento della rottura di un equilibrio, sono sempre le più severe. A volte, tanto severe da costituire un freno notevole allo svolgimento delle attività private. Maria Pierdicchi, che dal 2003 è responsabile di Standard & Poor’s in Italia, e da quest’anno è pure supervisore delle attività spagnole di S&P, ha piena consapevolezza di questa situazione, e non si tira indietro. Pochi giorni fa la sua società, che ha un secolo di attività ed è il leader di una nicchia molto protetta – il 95% dei rating sono appannaggio di tre attori: oltre a S&P, Moody’s e Fitch – ha messo nero su bianco che vedremo altre svalutazioni legate alla crisi, ma il peggio per i pesci grossi è alle spalle. Pierdicchi non dà troppo peso all’assunto; resta una manager in prima linea, indaffarata a ristabilire l’ordine migliore mentre l’artiglieria dei critici si fa sentire. «Non c’è dubbio che il nostro ruolo nei mercati finanziario è importante, e lo prendiamo seriamente: abbiamo interesse a mantenere la nostra reputazione di lunga data. Siamo convinti che il miglior valutatore sia il mercato, anche per questo ci rendiamo conto che occorre prestare la massima allerta alle preoccupazioni di tutti gli operatori, ma anche dei legislatori». La crisi del credito mondiale non è ancora finita, anzi la recessione che ha ingenerato deve ancora tecnicamente venire, se verrà. Tuttavia l’agenzia statunitense sembra avere già compreso quel che ha funzionato e non, ed è pronta con i suoi correttivi. «Abbiamo imparato dalla crisi subprime che dobbiamo rassicurare gli investitori sul fatto che l’indipendenza dei nostri rating è assoluta – aggiunge Pierdicchi – quindi stiamo rafforzando ulteriormente e rendendo più trasparenti i nostri sistemi di governance, così come i nostri criteri e processi analitici». Non sembrano enunciazioni di facciata. L’ammiraglia del gruppo McGraw Hill intende migliorarsi su tre livelli. Il fronte del governo societario è forse il più importante, per dirimere i conflitti di interesse legati al fatto che i meriti di credito sono pagati dalle stesse società che li richiedono. S&P creerà un ufficio Ombudsman per affrontare i reclami su questi aspetti, poi si doterà di un revisore indipendente delle proprie attività interne, introdurrà una rotazione ogni cinque anni degli analisti per evitare relazioni troppo "intense" con gli emittenti, e controllerà in modo particolare l’operato dei suoi professionisti che finiscono a lavorare dall’altra parte della barricata, cioè nelle aziende. Un secondo ambito nasce dall’esigenza di ricondurre il rating a quel che tecnicamente è: l’analisi dell’affidabilità finanziaria di un emittente. Misura, quindi, del rischio di mancato rimborso dei prestiti. Niente a che vedere con i rischi di mercato, la volatilità e i problemi di liquidabilità che stanno rendendo carta straccia titoli per centinaia di miliardi, indiscriminatamente tra quei – pochi – che effettivamente non sono stati rimborsati e quei molti che magari avevano rating tripla A ma oggi, in un mercato fatto solo di venditori, nessuno vuole tenere in portafoglio. Pierdicchi descrive così il fenomeno: «Le rapide innovazioni della finanza strutturata hanno favorito sviluppo dei rating relativi. il mercato che nel suo sviluppo ha creato nuovi strumenti, e alcuni investitori, sull’onda del credito straordinariamente facile e abbondante di questi anni, sono andati alla ricerca di rendimenti interessanti, guardando ai rischi di credito e sottovalutando quelli di mercato e di liquidità». Un po’ come accade nel settore azionario quando le Borse salgono e sembrano non fare differenze tra buone e meno buone azioni. Per arginare questi fattori, che avevano investito i rating di compiti non loro – anche se forse il caveat sulle funzioni sarebbe stato meglio lanciarlo prima, in tempi di pace finanziaria – S&P fornirà presto nuovi indicatori di rischio, relativi alla volatilità, alla liquidità, al tasso di recupero dei crediti. Un terzo aspetto da emendare riguarda la trasparenza sui rating dei titoli cartolarizzati, spesso niente affatto trasparenti in partenza, il che rende particolarmente difficile il compito dell’agenzia che offre i giudizi. Qui saranno aggiunte nuove specifiche informazioni, comprese quelle di scenario, e si aprirà un dialogo con emittenti e investitori per definire un’informativa standard più accettabile. La rapidità della reazione di S&P mostra non soltanto che si tratta di un operatore dinamico e capace di analisi complesse – che del resto vende come principale servizio, si tratti di stati, blue chip o anonimi spacchettatori di crediti – ma anche che la situazione si è fatta seria. Per certi aspetti, la fase attuale ricorda anche quella, borsistica, dei primi anni del secolo nuovo, che sancì il rumoroso epilogo di quella che allora veniva pomposamente chiamata new economy. Anche in quegli anni Pierdicchi era sulla cresta dell’onda, come direttore responsabile del Nuovo Mercato. Un segmento lanciato da Borsa Italiana che ebbe un impetuoso sviluppo, salvo poi scontrarsi, poco dopo, con le asperità di uno scenario tutto mutato, e divenuto punitivo, nei corsi, per quelle aziende che si erano lasciate convincere dall’ipotesi della quotazione. «Sono due fenomeni molto diversi – commenta Pierdicchi – ma entrambi dimostrano che ci sono fasi positive e negative dei mercati, fasi che vanno attraversate per evolversi. I mercati azionari, rotta la bolla di Internet, sono cresciuti per anni, insieme a molte Pmi che hanno saputo sfruttare l’abbondanza di capitali e le opportunità offerte da nuovi investitori come i private equity. Anche l’attuale crisi del credito porterà a una maggiore ponderazione dei rischi, e a una maggiore responsabilità degli operatori a contribuire al migliore sviluppo dei mercati». Un po’ il concetto di distruzione creativa, o della "peste come scopa" di manzoniana memoria. Dove a emergere, comunque, saranno gli individui e le organizzazioni migliori. La 50enne bocconiana promette di esserci e di fare la sua parte, entro un gruppo globale del quale condivide con passione non nascosta i valori di riferimento, che a suo dire sono tre: integrità, rigore e indipendenza, messi a servizio degli operatori per fornire strumenti utili agli investitori e al buon funzionamento dei mercati. Un cosmopolitismo, quello trovato in S&P, che Pierdicchi aveva già assaporato nelle precedenti esperienze professionali in Citibank, alla Banca mondiale e alla New York University. in forza di queste esperienze che oggi una delle poche manager italiane il cui nome significhi qualcosa all’estero avverte il nostro paese: «L’Italia deve ancora crescere culturalmente, e molto. Deve saper coltivare i talenti, curare la formazione e sfruttare la diversità, che è un fattore di ricchezza. Oggi il capitale umano è una variabile decisiva per la competizione, ma questo in Italia non sembra ancora assodato». ANDREA GRECO