Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  marzo 17 Lunedì calendario

La partita si decide. Il Messaggero 17 marzo 2008. ROMA - Lazio, Abruzzo, Liguria, Marche. Sono le regioni «marginali»

La partita si decide. Il Messaggero 17 marzo 2008. ROMA - Lazio, Abruzzo, Liguria, Marche. Sono le regioni «marginali». Quelle che, molto probabilmente, decideranno la maggioranza in Senato. Per impedire la vittoria di Silvio Berlusconi il Pd deve conquistare il premio in tutte e quattro le regioni. Innanzitutto nel Lazio che da solo conta più elettori, e dunque più seggi (27), delle altre tre (23). Proprio il Lazio - dove il «trascinamento» delle comunali e provinciali di Roma potrebbe favorire il Pd e dove la Destra di Storace rappresenta una spina nel fianco del Pdl - potrebbe diventare ciò che l’Ohio o la Florida sono stati nelle più recenti elezioni presidenziali americane: il terreno della partita decisiva. Naturalmente, la condizione perché si realizzi questo scenario è che il Pdl confermi una prevalenza sul piano nazionale di qualche punto percentuale (anche 6-7 se Udc e Sinistra arcobaleno conquisteranno qualche seggio al Senato, come dimostrato nelle simulazioni de Il Messaggero di lunedì 10 marzo) e che il Pd mantenga il primato nelle regioni «rosse» e in Basilicata. In ogni caso la frontiera della maggioranza Pdl in Senato passa da queste quattro regioni. Certo, se Berlusconi dovesse sfondare (allungando le distanze oppure comprimendo le forze intermedie), è chiaro che le regioni «marginali» non potrebbero più sfuggirgli tutte. Viceversa se Walter Veltroni dovesse rimontare, il pareggio in Senato si materializzerebbe con la conquista anche di altre regioni da parte del Pd. Ma tra Lazio, Abruzzo, Liguria e Marche passerebbe comunque la linea nevralgica: è la serie storica delle elezioni a marcarla, prima ancora degli incerti sondaggi. Anche la legge elettorale - pur con tutte le sue irrazionalità - in questo caso aiuta ad individuare le regioni «marginali». In caso di vittoria di Berlusconi (con conquista del premio di maggioranza alla Camera) è probabile che confermi il successo del 2006 in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Puglia, Sicilia. In Campania, Calabria e Sardegna (dove Prodi vinse) la crisi del centrosinistra e/o la rottura Pd-Sinistra arcobaleno hanno molto ridotto le chances di Veltroni. Dunque, è prevedibile che una supremazia del Pdl di 4-7 punti a livello nazionale corrisponda ad un primato in queste nove regioni. Ma nonostante queste regioni contengano sicuramente la maggioranza dei cittadini - qui sta l’irrazionalità della legge - non sono in grado di assicurare la maggioranza dei senatori. Se Berlusconi vincesse nelle «sue» nove regioni e perdesse in Emilia, Toscana, Umbria e Basilicata (dove nel 2006 il vantaggio delle forze che hanno dato vita al Pd era considerevole), sarebbe in grado di conquistare 135-140 senatori (esclusi i seggi delle quattro regioni «marginali»). Tra i seggi assegnati al Pdl vanno inclusi due in Trentino (dove il patto Svp-Pd assicura la maggioranza alla parte avversa al Cavaliere) e 3-4 all’estero (dove la partita peraltro è incertissima). E perché Berlusconi superi quota 140 è necessario che la Sinistra arcobaleno fallisca il quorum in Emilia o in Toscana: ma questo sarebbe, appunto, uno dei casi di vittoria del Cavaliere per kappaò. La maggioranza assoluta dei senatori eletti è 158. Quella del Senato, compresi i senatori a vita e di diritto, è 162. Anche per un Berlusconi vincente alla Camera e in nove regioni, insomma, il primato in Senato passa da qualche vittoria nelle quattro regioni «marginali». Quella in Abruzzo, a dire il vero, potrebbe non essere determinante: i seggi assegnati infatti sono 7 e chi vince ne ottiene solo 4. Quella nelle Marche (8 seggi, premio a quota 5), come mostrano le tabelle de Il Messaggero, appare piuttosto difficile per il Pdl. Le battaglie nel Lazio e in Liguria appaiono dunque le più importanti, almeno sulla carta. Stando ai dati del 2006, in entrambe le regioni il vantaggio Pdl sembra netto. Tuttavia, va tenuto in conto che due anni fa Ds e Margherita si presentarono divisi al Senato e che, nello stesso giorno, alla Camera la lista dell’Ulivo raccolse mediamente 2-3 punti in più. Inoltre il Pd potrebbe beneficiare (quantomeno rispetto alle tabelle qui pubblicate) di un effetto-ricomposizione rispetto alla frammentata coalizione del 2006. Di certo, per Veltroni, un risultato negativo nel Lazio potrebbe essere compensato solo da un miracolo in Piemonte o in Calabria: altrimenti anche il Senato sarebbe perduto. di CLAUDIO SARDO e MARIO STANGANELLI