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 2008  marzo 17 Lunedì calendario

E’ in arrivo l’onda delle class action. ItaliaOggi 17 marzo 2008. Si scaldano i motori della class action

E’ in arrivo l’onda delle class action. ItaliaOggi 17 marzo 2008. Si scaldano i motori della class action. In attesa che entri in vigore la legge sulle class action, approvata con la Finanziaria del 2008 le associazioni dei consumatori dopo gli annunci passano ai fatti. Un bottino «virtuale» di oltre 2000 mln di euro quello che le associazioni dei consumatori e quelle di categoria minacciano di richiedere sottoforma di rimborsi, indennizzi e risarcimenti danno dal 1° luglio 2008. Cifre da capogiro dunque per 12 cause già annunciate. Telecomunicazioni, banche, trasporti, utility i settori dove sono più frequenti i comportamenti scorretti e le pratiche commerciali che danneggiano i consumatori: si va dal caro-benzina agli sms truffa, dal gas pagato e mai utilizzato alle spese occulte nelle pratiche di estinzione e trasloco dei mutui. Legittimate ad agire, secondo la legge, le associazioni dei consumatori più rappresentative, che stanno scegliendo il proprio obiettivo vagliando da un lato il numero delle richieste di aiuto spontanee che arrivano dai cittadini, dall’altro i risultati delle indagini sui disservizi fatte sul campo. Quasi sempre ci si avvale degli avvocati interni alle organizzazioni, che non solo stanno valutando l’opportunità o meno delle azioni in sé (dato che la legge non specifica nulla sull’attribuzione degli elevati costi per esperire l’azione), ma stanno anche ponderando le opportune modifiche da proporre al legislatore. Consumatori sul piede di guerra. Una delle più grandi class action è quella annunciata contro Telecom Italia, che deve restituire agli abbonati un tesoretto da 168 milioni di euro. L’Authority delle comunicazioni ha ritenuto illegittimo l’addebito agli abbonati delle spese di spedizione delle fatture. In caso contrario, Adusbef e Federconsumatori proporranno un’azione, che, oltre alla restituzione dell’indebito, terrà conto anche del risarcimento del danno conseguente all’obbligo di correttezza nell’adempimento. I 28 centesimi delle singole spedizioni moltiplicati per sei spedizioni l’anno e ancora moltiplicati per cinque anni diventano 8,40 euro. Se si sommano gli invii di tutti i 20 milioni di utenti la cifra finale rasenta i 168 milioni di euro. Questa è la somma che, in base al disposto dell’Autorità delle telecomunicazioni, Telecom Italia dovrà restituire agli abbonati, posto che le spese di consegna e spedizione relative alla fatturazione della bolletta telefonica gravano sul soggetto che la emette. «In caso contrario», dichiarano dalle associazioni, «si configura un’ipotesi di indebito oggettivo risarcibile ex articolo 2033 del codice civile». Inoltre, tale condotta comporta il diritto del consumatore a ottenere la ripetizione di quanto pagato, oltre al risarcimento del danno conseguente all’obbligo di correttezza. Alla restituzione potrebbe dunque aggiungersi la richiesta dell’utente in sede giurisdizionale di un risarcimento dell’eventuale ulteriore danno subito. Altra azione collettiva che potrebbe scatenarsi allo scoccare della mezzanotte del 1° luglio è quella contro le società che erogano il gas domestico. Dopo una perizia della procura di Milano di fine gennaio sono stati analizzati i contatori più vecchi e si è dimostrata una perdita di gas con punte del 20% a discapito degli utenti, che quindi hanno pagato gas mai utilizzato. Quattro associazioni dei consumatori si stanno già organizzando per proporre un’azione collettiva. Per Adoc è possibile prevedere una richiesta di rimborso di 1.500 euro per utente. «Le perdite vanno dall’8 al 20% con una spesa che può variare da 1.500 euro l’anno per chi usa il gas soltanto per cucinare a 4 mila euro per chi se ne avvale anche per il riscaldamento domestico», spiega il presidente di Assoconsumatori, Sandro Miano. «A Milano i potenziali ricorrenti sono 150 mila, pronti a chiedere fino a 250 mila euro di risarcimenti». Codacons e Movimento consumatori ricevono già adesioni per e-mail. Ultima per ordine di tempo è l’istanza proveniente da Adusbef contro banche e notai che hanno fatto pagare, secondo l’associazione, spese per la portabilità dei mutui, nonostante la legge Bersani in vigore dal 2 febbraio 2007 sulla portabilità gratuita. «Il sistema bancario e i notai hanno osteggiato la legge, facendo pagare spese di istruttoria, oneri di perizia e costi notarili pari a circa 2-3 mila euro ciascuno», dichiarano dall’associazione. La legge impone che la nuova banca subentra nella garanzia ipotecaria già iscritta dal creditore originario, mediante atto di surroga annotata a margine dell’ipoteca e permette di evitare, come accadeva in passato, che la sostituzione di un mutuo avvenisse tramite la cancellazione della vecchia ipoteca e l’iscrizione di una nuova. Con la sottoscrizione della surroga la banca subentrante provvede a saldare il vecchio debito residuo, sostituendosi al creditore originario nella relazione con il mutuatario. «Oltre al recupero di questi costi non dovuti» , si legge in una nota, «Adusbef chiederà il risarcimento dei danni». Anche in questo caso, sembra che siano 150 mila i consumatori che abbiano dovuto sostenere costi e spese non dovute per migliaia di euro. Le modifiche alla legge. Fin dalla sua approvazione sono state per la maggior parte positivi i commenti da parte delle associazioni del Cncu, soddisfatte soprattutto dell’impatto preventivo che questo strumento potrà avere per indurre le imprese a evitare comportamenti scorretti che penalizzano il cittadino. Negativo invece il parere delle imprese, in particolare di Confindustria, che teme ripercussioni di immagine al sistema aziendale italiano e liti temerarie da parte delle associazioni. Gli aspetti positivi riguardano principalmente l’introduzione nel procedimento di una fase conciliativa, che miri a una soluzione concordata sulla determinazione delle somme da corrispondere o da restituire. Secondo gli esperti legali delle associazioni vanno chiariti, però, alcuni punti: le conseguenze reali di un eventuale esito negativo della conciliazione, con il rischio che il tutto si traduca in un ulteriore allungamento dei tempi. Sarebbe bene indicare nella legge che, ove debba comporsi la Camera di conciliazione, i costi della stessa siano addebitati all’impresa convenuta già dichiarata soccombente», spiega Giuseppe Finocchiaro, coordinatore nazionale legali Assoutenti. Più in generale, le preoccupazioni delle associazioni riguardano i costi di tali procedure. Quasi tutte sono concordi nel predisporre dei fondi, che magari attingano al ricavato delle sanzioni comminate da Antitrust e Agcm. Sono ugualmente forti, però, i timori espressi da molti presidenti delle associazioni in merito al fatto che alcuni difetti della legge possano limitarne l’efficacia. Per Massimiliano Dona, dell’Unione nazionale consumatori, «tra i tanti punti che andrebbero corretti il campo di azione inspiegabilmente limitato ai contratti su moduli e formulari, l’impossibilità di agire contro la pubblica amministrazione, le lungaggini in fase di esecuzione della sentenza di condanna e la mancata previsione di un danno punitivo che avrebbe consentito di rendere queste azioni praticabili dalle associazioni di consumatori che allo stato sono nell’impossibilità di attivarle, proseguirle e pubblicizzarle, vista la scarsità di mezzi a loro disposizione». Sulla stessa scia Marco Ramadori, del Codacons, che, oltre al rammarico che la norma non abbia previsto il danno punitivo, si chiede: «Che cosa succede se si vince l’azione collettiva e l’impresa si rifiuta di pagare e non accetta la conciliazione?». Più scettico sull’effettiva potenzialità di questa norma è Paolo Landi, dell’Adiconsum: «Un’azienda che vuole resistere a un’azione collettiva con questo sistema sa di poterlo fare per anni e senza pagare un euro. L’unica cosa che può aprire spazi di negoziazione è il rischio di un danno per l’immagine dell’azienda». Saverio Nonno