Magazine 20 marzo 2008, Dino Martirano, 20 marzo 2008
La legge di Giulia. Magazine 20 marzo 2008. Un incubo ricorrente: lei, giocatrice di basket bassina, ma scattante, fila via in contropiede però, al momento di concludere a canestro, la palla le ritorna in faccia a causa di una brutale stoppata che le ha assestato un’avversaria molto più alta
La legge di Giulia. Magazine 20 marzo 2008. Un incubo ricorrente: lei, giocatrice di basket bassina, ma scattante, fila via in contropiede però, al momento di concludere a canestro, la palla le ritorna in faccia a causa di una brutale stoppata che le ha assestato un’avversaria molto più alta. A Palermo, erano i giorni snervanti dell’attesa della sentenza d’appello del processo Andreotti quando l’avvocato Giulia Bongiorno, autoconsegnatasi nel villino di famiglia di Mondello, viene tormentata nel sonno da un’immagine ossessiva: la stoppata, che per ogni giocatore di basket significa umiliazione, fallimento. Un segnale per l’avvocato Bongiorno simile a un campanello d’allarme: "Se stavolta arriva, la botta sarà forte". Ansiosa, pignola, con l’ossessione dei dettagli, zelante fino all’inverosimile, fissata con gli orari, Giulia Bongiorno dice di aver fatto tesoro di quell’incubo. E ora che dirige un grande studio legale - proprio lì dove lo ha immaginato fin dal primo momento ("Pensa che bello sarebbe avere lo studio qui a piazza in Lucina...", disse al suo maestro Gioacchino Sbacchi quando fu introdotta nell’adiacente ufficio del senatore Andreotti) - ne sanno qualcosa gli avvocati che fanno la fila per lavorare con lei: giovani freschi d’esame attirati da clienti sempre sotto i riflettori (il calciatore Francesco Totti, la presentatrice Michelle Hunziker, il giudice Clementina Forleo e molti altri ancora). Però non è facile entrare nello studio di piazza in Lucina. "I miei collaboratori li scelgo tutti con il 110 e lode, ma anche quelli con il massimo dei voti spesso non sono delle cime", dice Giulia Bongiorno. Ecco allora che, una volta varcata la soglia, i nuovi colleghi devono condividere una sorta di carta degli intenti che non lascia spazi a rivendicazioni. "Se vuoi far bene l’avvocato devi aver l’ansia da professione, ti devi svegliare di soprassalto la notte e chiederti se hai notificato un certo atto in cancelleria. Solo così il cliente si sentirà sicuro nelle tue mani...". Giulia Bongiorno questa disciplina dell’obbedienza assoluta alla professione l’ha praticata fino ad apparire maniacale quando, con anticipo sull’orario fissato per l’appuntamento, camminava nervosamente sotto lo studio di Andreotti ai tempi dei processi di Palermo e di Perugia. Da quell’allenamento così intenso, durato dal ’95 al 2004, l’avvocato Bongiorno ha dunque tratto lo spunto per scrivere le regole che ora devono essere rispettate nel suo studio. Eccole, così come sono state trascritte su una carta intestata azzurrina. Le scadenze: "Il deposito degli atti deve avvenire in netto anticipo rispetto alla data di scadenza e mai in coincidenza della data stessa. Un imprevisto può sempre verificarsi...". La puntualità: "Chi tutti i giorni arriva all’ora esatta in cui è previsto l’ingresso in studio certamente non ha calcolato la possibilità di un imprevisto. Chi vuole davvero essere puntuale arriva inderogabilmente in anticipo". Presenze: "L’udienza impone la presenza dell’avvocato che ha studiato il fascicolo. Febbri, mal di testa ecc. sono lussi che può concedersi nei periodi di vacanza". Diligenza: "Occorre leggere gli atti 5 volte. Occorre dubitare sempre delle proprie tesi e non dare mai niente per scontato...". Ponti: "In questo studio per ponte si intende non un giorno lavorativo tra due festivi da utilizzare per riposarsi, ma un giorno festivo e di riposo che viene utilizzato per lavorare con più calma, come la domenica". Sabato e domenica: " L’avvocato deve sapere di non poter esercitare la professione con la mentalità dell’impiegato. Il sabato e la domenica servono per conciliare la vita privata con l’attività professionale. Quindi, pur con ritmi diversi, è indispensabile studiare anche sabato e domenica". Dulcis in fundo, ci sono anche lo stile asciutto, la sintesi, la sobrietà nel vestire: "Molti pensano che più si parla meglio si espone. Sbagliato, perché più si parla e più si perde di vista il punto essenziale del discorso. Se a un giudice esponete in cinque parole un concetto che avreste potuto esporgli in due, penserà che non avete avuto il tempo di sintetizzare e dunque che siete poco preparati. Parla molto chi non organizza in anticipo il pensiero". Però con queste premesse, in 5 anni c’è stato un turn over di 60 avvocati nello studio Bongiorno. I maschi sono quasi tutti scappati (oggi sono 2 su 13) e molte ragazze hanno rinunciato. Tra le richieste respinte c’era anche quella di Chiara, giovane avvocato bolognese: "Aveva un curriculum ottimo, però poi mi disse che non aveva scritto di avere un figlio. All’inizio decisi di mandarla via: un figlio incide sulla capacità lavorativa. Poi, di notte, ci ho ripensato perché stavo facendo una discriminazione. Così l’ho assunta perché è brava. Ma l’ho avvertita: "Quando il bimbo ha la febbre, con suo marito fate una volta per uno". Dino Martirano