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 2008  marzo 20 Giovedì calendario

I dieci motivi del declino. LiberoMercato 20 marzo 2008. Mentre il nuovo leader già pensionato a 52 anni Walter Veltroni viaggia da un luogo all’altro, promettendo soldi a tutti ed affermando che l’Italia, con la sua guida, crescerà, giungono dati molto tristi sulla nostra economia in confronto a quelle dei vicini, Francia e Spagna

I dieci motivi del declino. LiberoMercato 20 marzo 2008. Mentre il nuovo leader già pensionato a 52 anni Walter Veltroni viaggia da un luogo all’altro, promettendo soldi a tutti ed affermando che l’Italia, con la sua guida, crescerà, giungono dati molto tristi sulla nostra economia in confronto a quelle dei vicini, Francia e Spagna. Nel 2006, l’Italia ha avuto un aumento del Pil (prodotto interno lordo) dell’1,8%, la Francia del 2 e la Spagna del 3,9. Nel 2007, la crescita italiana è stata dell’1,5 quella della Francia a dell’1,9 e della Spagna del 3,8. Nel 2008, la crescita italiana è prevista allo 0,6, quella francese all’1,7 e quella spagnola al 2,7. Eppure la nostra industria si è ristrutturata e va bene nel commercio mondiale. L’Italia ha una produzione industriale manifatturiera maggiore di quella francese: 317 miliardi di euro contro 276 (dati2005). La spagnola è solo di 180. Ma l’Italia non cresce a causa di ostacoli, tutti collegati alla politica economica sbagliata, inventata e sostenuta dalla nostra sinistra ex post comunista. Ricapitolo in un decalogo le ragioni per cui l’Italia non cresce. Il primo sta nel fatto che il governo in carica ha boicottato le grandi opere, prima fra tutte la Tav, grande volano di ordinativi industriali. La seconda ragione sta nel fatto che da noi la legislazione ambientale e le procedure bizantine dell’Anas, che il ministro Di Pietro ha complicato, hanno bloccato i lavori di autostrade e superstrade. La valutazione di impatto ambientale impiega dai mille ai mille cinquecento giorni dall’inizio della procedura alla firma del ministro. La legge obbiettivo che doveva semplificare è stata bloccata. L’economia italiana non può contare sul traino dei lavori pubblici ed è danneggiata dalla carenza di infrastrutture. Ciò ci porta al terzo capitolo, quello del turismo, che in Spagna e Francia hanno un ruolo molto maggiore. Alla carenza di servizi, si aggiunge quella di sicurezza e ora l’immagine della spazzatura napoletana. Quarto aspetto, la ostilità ai termovalorizzatori, ai gassificatori, alle centrali a carbone pulito, al nucleare sicuro ossia a una politica energetica meno ridicola del programma veltroniano basato sul sole e sul vento, energie sovvenzionate a carico dell’industria elettrica e del contribuente. L’Italia, paese manifatturiero per eccellenza, ha un costo differenziale d’energia. Un quinto fattore ostacola le nostre imprese, la marea di regolamentazioni, che si accresce di continuo. Ci vogliono 284 giorni per la licenza per costruire un capannone. Il sesto ostacolo (forse dovrebbe essere messo al primo posto è che in Italia non si può fare nulla senza il consenso dei capi dei sindacati. La bassa produttività italiana dipende dal fatto che i salari sono contrattati a livello nazionale, non periferico, e non sono commisurati al rendimento. E al lavoro flessibile della legge Biagi si pongono tutti i possibili ostacoli, compreso un onere contributivo elevato, che induce molte imprese a tornare al lavoro sommerso. Il settimo capitolo riguarda il settimo comandamento, ”non rubare”, e si applica, in senso traslato, alla burocrazia pubblica. Dal 2000 al 2005 i dipendenti pubblici hanno avuto un aumento di retribuzioni del 23%, quelli privati del 13%. Ma non è aumentato il loro rendimento. L’aumento delle retribuzioni dei dirigenti centrali è maggiore di quello degli impiegati. I dipendenti pubblici sono 3 milioni e 540 mila. La spesa pubblica italiana è il 48 per cento del Pil. E la pressione fiscale è il 43 per cento. E’ su questa base che si sono aumentate le pensioni anticipate e si è inventato un esercito indeterminato di lavoratori usuranti che avrebbe diritto a pensione anticipata. Si prospettano 300.000 assunzioni di precari nella Pa. A ciò si collega l’ottavo ostacolo: l’aumento della pressione fiscale dal 40,6% del 2005 al 43% attuale, che frena la crescita. Un nono ostacolo: le nostre imposte gravano troppo sulle imprese e troppo sugli scambi di ricchezza. Le imposte di registro sono il 10 per cento. Così il mercato immobiliare ansima e il patrimonio immobiliare è mal gestito, perché il mercato non funziona. Il decimo punto-ostacolo è dato dai contributi sociali sui costi passati in dieci anni dal 35% al 45% delle retribuzioni lorde pagate dai datori di lavoro. Il problema si risolve se si vogliono rimuovere questi ostacoli. E di questo si dovrebbe parlare. Francesco Forte