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 2008  marzo 21 Venerdì calendario

ROMA - Si avverte di nuovo una certa freddezza dei risparmiatori verso i cari, vecchi Bot. Qualche giorno fa, un´asta di Buoni del Tesoro annuali è andata parzialmente scoperta: non accadeva dal lontano 1999

ROMA - Si avverte di nuovo una certa freddezza dei risparmiatori verso i cari, vecchi Bot. Qualche giorno fa, un´asta di Buoni del Tesoro annuali è andata parzialmente scoperta: non accadeva dal lontano 1999. E´ successo che la domanda è stata inferiore all´offerta e su 7,5 miliardi di titoli ne sono stati piazzati 7,1. Il resto, è rimasto lì. Nei codici degli operatori, si tratta di «un segnale». Nel coglierlo, il Financial Times scrive che il Tesoro potrebbe dover fronteggiare «temporanee difficoltà» quando, subito dopo Pasqua, cercherà di piazzare titoli di Stato per altri 50 miliardi. Oltretutto la crisi dei mercati internazionali, non aiuta. Ancora un «segnale». Ma allora, i Bot-people si stanno disaffezionando? Davvero questo antico e diffusissimo strumento di risparmio piace meno? Gli esperti ufficiali assicurano che nulla del genere è all´orizzonte: quell´asta andata così così, è solo un fenomeno occasionale, per nulla preoccupante, dovuto proprio alla delicata situazione dei mercati. Aggiungono che nella stessa occasione si vendevano in contemporanea pure 3 miliardi di «bot flessibili» a 200 giorni, tutti collocati, circostanza che avrebbe «disorientato» i risparmiatori. Infine, ricordano che 48 ore più tardi un´altra asta è stata «coperta» per oltre due volte e mezzo l´offerta. Lo stesso Ft, citando fonti della Banca d´Italia, precisa che i rischi di default «sono pari a zero» mentre riconosce che sì, il governo di centrosinistra ha avuto successo nel ridurre il moloch del debito, ma questo resta tuttora il più alto di Eurolandia e comporta una spesa per interessi di oltre 70 miliardi all´anno. Ora, si sa, i «segnali», sul mercato hanno sempre un valore. Quello dei Bot come pure il famoso, temuto «spread» tra i titoli italiani e i bund tedeschi, cioè la differenza tra i due tassi, sinonimo da sempre di scarsa serenità e dunque segnale anch´esso del «rischio Italia»: in questi giorni di grave turbolenza dei mercati ha raggiunto punte che non si vedevano dal 2001, fino a 65 punti base. Un livello giudicato «significativo» dagli operatori e rilevato anche dal Ft. Però, per avere un´idea: nei primi anni Novanta, quando il paese era sull´orlo del collasso, questo spread si trovava alla quota stratosferica di 600 punti. In più, allora, le aste del Tesoro andavano «deserte», come si diceva. E dunque, al di là dei segnali, resta da capire la natura e la portata del «disorientamento» del popolo dei Bot - per tradizione pacato, senza grilli per la testa, senza amore per il rischio - cui accennano oggi gli esperti di mercato. Tanto più se si pensa che in un secolo e mezzo di storia del titolo, complicata e a suo modo affascinante, questi risparmiatori ne hanno viste di tutti i colori: sempre in trincea, tra blocchi, riduzioni, tassazioni, consolidamenti, paure, fregature, scontri di Palazzo. Ancora oggi, secondo i dati della Banca d´Italia, hanno in mano Buoni per 33,8 miliardi. In estrema sintesi, senza andare troppo indietro nel tempo: 1922, poco prima della marcia su Roma, tentativo (fallito) di stangata ai loro danni. Quattro anni dopo, Benito Mussolini decreta il consolidamento forzoso: contraccolpo psicologico fortissimo per i risparmiatori; i Buoni spariscono dalla circolazione per un decennio. La grande ferita comincia a rimarginarsi alla fine degli anni Trenta. Timidamente il «botista» rialza la testa. Nel ”45, alla vigilia della Liberazione, i Buoni sono il 18% del debito fluttuante: i patrioti-risparmiatori comprano, in segno di fiducia. Ma la ricostruzione costa e lo Stato s´indebita. Il boom, di lì a poco, ha il potere di rendere euforici: le famiglie snobbano i Bot, emblema di uno Stato in rosso. Ancora un risveglio, brusco, negli anni Settanta: inflazione a due cifre, austerità, contingenza congelata ed ecco che nei portafogli degli italiani ricompaiono i Bot. O meglio, nelle buste-paga con un provvedimento del 1976, deciso agli albori della stagione politica della solidarietà nazionale. Da questo momento i botisti e dunque i Bot dominano la scena, politica ed economica: sono per esempio i protagonisti del «divorzio» tra Tesoro e Banca d´Italia. Sono l´occasione per zuffe tra i partiti: la «lite delle comari» (Formica- Andreatta), che nel 1982 porta alla caduta del secondo governo Spadolini, s´innesca proprio per una questione di Bot. E quando scatta la ristrutturazione industriale, diventano l´investimento tipo dei prepensionati. Insomma, di tutto di più. Fino ai giorni nostri e all´ultima asta-segnale.