Stefano Lepri, La Stampa 20/3/2008, 20 marzo 2008
«No, non mi vergogno di prendere la pensione - dice Marco Taradash, 57 anni, ex deputato di Forza Italia, un tempo radicale, 18 anni di anzianità parlamentare -, mi vergognerei piuttosto di essere stato sistemato in un posto di sottogoverno, come altri ”trombati”
«No, non mi vergogno di prendere la pensione - dice Marco Taradash, 57 anni, ex deputato di Forza Italia, un tempo radicale, 18 anni di anzianità parlamentare -, mi vergognerei piuttosto di essere stato sistemato in un posto di sottogoverno, come altri ”trombati”. Quello non si deve più fare». «Se non avessi la pensione di deputato non avrei altro - risponde Alfonso Gianni, 58 anni, 15 di anzianità parlamentare, di Rifondazione comunista - mentre quello che mi pare inaccettabile è che sia considerata non come pensione ma come vitalizio, dunque cumulabile con altri redditi». Ecco due risposte tipiche, una di destra e una di sinistra. Tra i circa 2.200 beneficiari di pensioni parlamentari - tra cui anche intellettuali noti, come Alberto Arbasino, Edoardo Sanguineti, Franco Zeffirelli, o personaggi a dir poco discussi come l’ex sindaco di Taranto Giancarlo Cito - ce ne sono anche alcuni che all’età di pensione non sono ancora arrivati. Più giovane ancora di Walter Veltroni è Valerio Calzolaio, Pd, sottosegretario all’Ambiente nel governo Amato 1, 20 anni di anzianità parlamentare. Segue poi Vittorio Sgarbi, 55 anni, alla pari con 20 anni e 8.455 euro al mese (cumulabili, appunto). «Una pensione dopo quattro legislature? Non mi sembra affatto ingiusto - risponde Sgarbi, assessore alla cultura del Comune di Milano - né mi pare che lo giudichi ingiusto Gianfranco Fini, rispondendo efficacemente come ha fatto alla retorica alla Beppe Grillo di Veltroni. Del resto ci sono tanti di Alleanza nazionale che la prendono anche loro». Non sarebbe meglio non cumularla con altri redditi? «Perché? Guardi comunque che se uno ha un incarico al Comune, come il vicesindaco di Milano Riccardo De Corato, ed è anche deputato, prende soltanto l’indennità di deputato». Sotto i sessant’anni, tra i parlamentari pensionati, c’è l’ex magistrato di «Mani pulite» Tiziana Parenti, transitata in diversi partiti; c’è Maura Cossutta, figlia del fondatore dei Comunisti italiani Armando; e Annamaria Donati, una Verde della prima ora. C’è Peppino Calderisi, storico combattente contro il finanziamento dei partiti quando era seguace di Marco Pannella, ora in Forza Italia. C’è Nando Dalla Chiesa, 58, Pd, sottosegretario all’Università nel governo uscente. Ha compiuto i 60 da pochissimo un altro sottosegretario, l’ex sessantottino romano Famiano Crucianelli, Pd, che è agli Esteri. Uno di loro - che, come gli altri, la pensione la incassa - non vuole che lo si citi per nome, ma si sfoga. «Mi stia a sentire: abbiamo un sistema politico malato, che non sa decidere. La gente, giustamente, ne è esasperata, però nel prendersela con i politici mi pare arrivi a mettere in discussione che siano pagati. No, possono essere pagati meno, ma devono essere pagati. Quella legge che ci dà la pensione prima dei 60 anni è stata cambiata e può esserlo ancora. Ma le riforme che servono sono altre, come ad esempio ridurre il numero dei parlamentari». «Ho continuato a fare politica» oppure «la faccio da troppo tempo per riprendere un altro mestiere» sono le risposte che ricorrono, a destra come a sinistra. «Noi di Rifondazione - nota Alfonso Gianni - volevamo conservare la pensione prima dei 60 anni anche agli operai; anche se lo so bene che la pensione che prendo io è molto più alta di quella di mio padre, che era operaio». E invece Taradash, che da deputato votò la riforma Maroni per non mandare in pensione più nessuno prima dei 60 anni? «Non mi pento di aver votato quella legge, perché mi pareva giusta - risponde - ma io che dovevo fare, dopo una vita passata nella politica e nel giornalismo militante, quando nel 2006 non mi hanno più candidato, perché forse ero un po’ fuori dai ranghi?». «La verità è - polemizza Sgarbi - che i parlamentari hanno uno status molto superiore ai loro reali poteri. Io stesso da quando mi cacciarono da sottosegretario, nella scorsa legislatura, per quattro anni non ho contato nulla». Allora bisogna ridurne il numero? «Senz’altro».