Ettore Livini, la Repubblica 20/3/2008, 20 marzo 2008
ETTORE LIVINI
MILANO - Nessuno lo ammette esplicitamente. Tutti fanno i debiti scongiuri. Ma l´ombra lunga di Sabena e Swissair – le uniche grandi compagnie europee che hanno portato i libri in tribunale – inizia ad allungarsi anche sul futuro di Alitalia. Se falliranno i negoziati con Air France, infatti, il Governo avrà poche scelte. O salterà fuori in tempi stretti un´altra offerta concreta o la Magliana – che vola bruciando un milione al giorno – esaurirà i pochi milioni (280 a gennaio) rimasti in cassa e finirà sotto l´ombrello dell´amministrazione straordinaria.
Il paracadute normativo dovrebbe essere quello della Legge Marzano, già applicata con successo per Parmalat. L´iter – che congela i crediti del gruppo – prevede la nomina di un Commissario chiamato a decidere che fare del gruppo. Con davanti due opzioni: liquidarlo a pezzi (come Cirio) o tentare una sua ristrutturazione (come Collecchio). Parmalat e Alitalia però non sono la stessa cosa. vero che entrambe operano in settori dove interrompere il servizio (la raccolta del latte o il trasporto aereo nazionale) è socialmente quasi impossibile. La differenza invece è il loro stato di salute industriale. L´ex impero di Tanzi, isolato dai suoi debiti, era in grado di stare in piedi da solo autofinanziandosi. Alitalia no. Più vola, più perde.
Cosa può fare allora (sperando non debba mai verificarsi questa ipotesi) un commissario per Alitalia? La strada è strettissima. Il primo compito è rimettere in piedi un´azienda in grado di camminare sulle sue gambe. Come? Tagliando rotte e personale, evitando il salasso del doppio hub, separando le attività buone da quelle in perdita. In teoria può cercare capitali sul mercato. La stessa Parmalat ha ricevuto in pieno crac un prestito ponte dalle banche. Così come si possono cercare investitori (persino Air France potrebbe rientrare dalla finestra) disposti a sottoscrivere aumenti di capitale o affittare rami d´azienda. Lo Stato, in teoria, può solo stare a guardare o intervenire – come concede la Ue – con operazioni a condizioni di mercato. Ma nessuno sarebbe disposto a scommettere un euro su una compagnia uguale per forma e assetto a quella che si è già divorata 4,3 miliardi di denaro pubblico.
Le lezioni Swissair e Sabena però lasciano un filo di speranza. Entrambe le compagnie hanno sospeso per qualche giorno i voli. Poi grazie ad aiuti pubblici – l´Alitalia però dovrebbe giustificarli alla Ue – hanno ripreso il servizio in versione "light". Da Swissair è stata scorporata Crossair che ha ereditato i due terzi dei voli del vettore in crisi. Ubs e Credit Suisse hanno rilevato questo ramo d´azienda ripulito dai debiti, l´hanno ribattezzato Swiss e dopo tre anni l´hanno venduta alla Lufthansa. Un percorso lungo il quale sono stati persi 9mila posti di lavoro. Dalla costola di Sabena, oberata di due miliardi di debiti, è nata invece Dat, anche questa più snella (gli organici sono stati ridotti da 12mila a 2mila persone) girata subito a investitori privati che le hanno dato un nuovo nome – Brussells Airlines – per poi girarla tre anni dopo a Virgin Airlines.