Il Sole 24 ore 18 marzo 2008, Marco Valsania, 18 marzo 2008
Wall Street, è fuga dalle banche. Il Sole 24 ore 18 marzo 2008. Bear Stearns, la storica banca d’investimento americana travolta dalla crisi del credito, è stata acquisita da JP Morgan per soli 236,2 milioni, due dollari per azione
Wall Street, è fuga dalle banche. Il Sole 24 ore 18 marzo 2008. Bear Stearns, la storica banca d’investimento americana travolta dalla crisi del credito, è stata acquisita da JP Morgan per soli 236,2 milioni, due dollari per azione. Un prezzo da svendita che rappresenta l’ennesima conferma della chiusura di un’epoca, quella dell’ottimismo sull’alta finanza. Le autorità americane, Federal Reserve in testa, sono mobilitate per tamponare il contagio: con l’obiettivo di assicurare il successo della cessione di Bear Stearns, il governatore Ben Bernanke ha esonerato JP Morgan da ogni rischio nel rilevare gli asset in crisi elargendole fino a 30 miliardi di dollari di finanziamenti. E, dalla Fed alle banche centrali di Gran Bretagna e Giappone, sono scattate iniezioni di liquidità sul sistema bancario. Ma la paura ha fatto ugualmente da padrona e la sensazione che altri crack clamorosi siano in arrivo ha destabilizzato tutte le principali Borse mondiali. Anche se Wall Street è riuscita tutto sommato a contenere il panico - il Dow Jones ha chiuso in rialzo dello 0,18%, il Nasdaq ha perso l’1,6% e lo Standard and Poor’s 500 lo 0,9% - le piazze internazionali hanno riflesso tutto il nervosismo degli investitori: le borse europee sono scivolate ai minimi dal 2005, stando all’indice Dow Jones Stoxx 600 che ieri ha battuto in ritirata del 3,2 per cento. A Londra l’FTSE 100 ha perso il 3,86%, in Germania il DAX ha ceduto il 4,18% e in Francia il CAC 40 il 3,51 per cento. A Milano lo S&P/Mib il 3,39 per cento. In Asia il Nikkei di Tokio ha bruciato il 3,7%, arretrando ai minimi dall’agosto 2005. Il tutto, condito da un palpabile nervosismo: il Chicago Volatility Index, barometro della volatilità, è balzato del 7% ai massimi degli ultimi due mesi. E Nel mirino, ovunque, sono finiti anzitutto i titoli finanziari. In Europa Ubs ha ceduto il 13,85%, Deutsche Bank il 6% e BNP Paribas il 4,69 per cento. A New York Bear Stearns, la quinta investment bank statunitense, ha perso l’84,4% a poco più di quattro dollari. Lehman Brothers, la quarta banca d’investimento e a sua volta tra le più esposte ai titoli legati ai mutui, è caduta anche del 32%, ai minimi da sei anni, per poi terminare con una perdita del 19,13%. In ribasso sono finite Goldman Sachs (-4%), Merrill Lynch (-5,5%), Morgan Stanley (-8%) e Citigroup (-5,5%). Crolli verticali che nemmeno la decisione della Fed di offrire alle grandi società di brokeraggio accesso alla discount window, i prestiti al ridotto tasso di sconto finora riservati alle banche commerciali, è riuscita ad arginare. Tra le poche eccezioni c’è stato il titolo di JP Morgan, che ha guadagnato il 10,32%: il mercato ha considerato l’acquisizione di Bear Stearns come un ottimo affare. I termini dell’operazione, orchestrata durante un fine settimana di frenetici negoziati tra Bear Stearns, JP Morgan, la Fed e il Tesoro, sono del resto chiarissimi: Bear Stearns è stata ceduta a meno di un decimo di quanto valesse solo una settimana fa, la sopravvivenza del marchio non è garantita e a rischio sono la gran parte dei 14.000 dipendenti dell’85enne banca d’investimento. « il miglior accordo possible nelle attuali circostanze», ha detto sconsolato il Ceo di Bear Stearns, Alan Schwartz. Il tracollo è costato caro ai grandi azionisti: l’ex Ceo James Cayne ha perso mezzo miliardo, il finanziere inglese Joseph Lewis oltre un miliardo e il principale socio, il fondo inglese Barrow Hanley, quasi altrettanto. Ma per Bear Stearns il salvataggio era ormai inevitabile: dopo aver coltivato per anni un ruolo cruciale nel finanziamento e nei servizi agli hedge fund, numerosi di questi investitori, spaventati dal rischio che la banca non sarebbe più stata in grado di operare, hanno trasferito i loro conti, una fuga di 17 miliardi di dollari in due giorni. Jp Morgan, il colosso bancario guidato da James Dimon, conta di chiudere il deal entro fine giugno e ha assicurato che garantirà il funzionamento di tutte le operazioni, compresi trading e investment banking. James "Jamie" Dimon, il 52enne amministratore delegato e presidente del colosso Usa, nato a New York City da una famiglia di origine greca, prima di salire agli onori della cronaca vanta una lunga carriera nell’alta finanza: il mestiere l’ha imparato dal padre, broker di professione. E uscito da Harvard, finì subito al fianco del leggendario finanziere Sandy Weill. Con Weill fu protagonista della catena di acquisizioni che portò alla nascita di Citigroup. Marco Valsania