Vari 19/3/2008, 19 marzo 2008
LA STAMPA, 19/3/2008
STEFANO MANCINI
Jean Todt è un pezzo di storia della Ferrari. Ha preparato e vissuto l’era Schumacher, ne ha organizzato la successione e ha vinto di nuovo l’anno scorso con Raikkonen. Poi ha affidato la Gestione sportiva a Stefano Domenicali, ha atteso che Luca Montezemolo terminasse il mandato in Confindustria e tornasse a essere presidente operativo, quindi ha chiesto di lasciare l’incarico di amministratore delegato. L’assemblea degli azionisti riunitasi ieri a Maranello ne ha preso atto e ha nominato al suo posto Amedeo Felisa. Oltre a rimanere nel consiglio di amministrazione di Ferrari Spa (composto oltre a lui da Luca Montezemolo, Piero Ferrari, Amedeo Felisa, Alfredo Altavilla, Diego Della Valle, Christopher Gent, Enrico Lippi, Sergio Marchionne, Paolo Monferino, Lindsay Owen-Jones, Marco Piccinini e Sergio Pininfarina), Todt mantiene la presidenza di Ferrari Asia Pacific e di Ferrari West Europe, e continuerà a rappresentare la Scuderia al Consiglio mondiale della Fia. Riceverà inoltre incarichi speciali nell’ambito delle attività Gran Turismo e Gestione Sportiva.
Quindici anni è durato il suo regno. Il 4 luglio ”93 debuttò al muretto nel Gp di Magny-Cours. Risultato: Berger 14°, Alesi ritirato. Il 21 ottobre del 2007 ha diretto in Brasile l’ultimo capolavoro: doppietta Raikkonen-Massa, sesto titolo piloti, settimo Mondiale dei costruttori, 98ª vittoria. Il 2007 è stato la stagione del tentativo di sabotaggio, della spy story McLaren e dei processi: un accumulo di tensione che ha indotto il manager a cercare un incarico più defilato. «Lo conosco bene e non sono quindi stupito della sua volontà di ridurre il coinvolgimento operativo in Ferrari - commenta Montezemolo -. Raggiunti entrambi gli obiettivi che avevamo concordato quando divenne ad, ha deciso di dedicare un po’ più di tempo a sé e ai suoi interessi». Sarà un’uscita di scena morbida. Domenica Todt arriverà a Sepang per il 2° Gp del 2008. «Una trasferta già prevista da tempo», dicono a Maranello. Impegni di lavoro e personali (la fidanzata Michelle Yeoh, attrice ed ex Bond girl, è malese).
Francese di Pierrefort, 62 anni, carattere duro, è diventato direttore generale della Ferrari nel 2004 e amministratore delegato nel 2006. Dal 1° gennaio di quest’anno ha lasciato la responsabilità della Gestione sportiva, che deteneva ad interim, a Stefano Domenicali. Il suo merito è stato quello di riportare al successo un simbolo dello sport e dell’industria italiani. «Do e pretendo il massimo da me stesso e dai miei collaboratori», ripete sempre. Il successo che gli è rimasto dentro è quello di Schumi nel 2000, un titolo che la Ferrari non vinceva dal ’79 con Jody Scheckter. Dopo quel trionfo ne arriveranno altri 4 consecutivi, in una delle più straordinarie serie della F1. Così come straordinaria è la rimonta nell’ultimo campionato. L’episodio più controverso della sua carriera è invece l’ordine impartito a Barrichello (maggio 2002, Gp d’Austria) di rallentare e regalare a Schumacher il primo posto.
Oltre a confermare Montezemolo alla presidenza, l’assemblea degli azionisti ha anche approvato il bilancio e la relazione di gestione. Il 2007 ha avuto risultati eccellenti: 1668 milioni di fatturato, 6465 auto consegnate, 266 milioni il risultato della gestione ordinaria.
CORRIERE DELLA SERA
Daniele Dallera
MILANO – L’Italia, Modena, i tifosi della Ferrari, i tortellini in brodo o con la panna, hanno migliorato il francese arrivato 15 anni fa con quell’aria di chi la sa lunga. E il francese ha migliorato la Ferrari. Nella vita c’è sempre un do ut des, inutile adesso prendere il bilancino per pesare vantaggi e svantaggi, cercando magari di capire chi ci abbia guadagnato di più, se Jean Todt o la Ferrari in questi 15 anni di felice convivenza. Intanto non è un abbandono. Non è più amministratore delegato, ma resta in Ferrari mantenendo un sacco di poltrone e distintivi: siederà ancora nel Cda di Ferrari Spa, sarà ancora il presidente di Ferrari Asia Pacific e di West Europe, e continuerà a rappresentare Maranello al Consiglio mondiale della Federazione internazionale. E non finisce qui: riceverà dalle mani di Montezemolo altri incarichi speciali per le attività ferrariste nel Gran turismo e Gestione sportiva. Poi, una voce per un futuro, si dice nemmeno tanto lontano: Jean Todt è intenzionato ad acquistare la Toro Rosso, squadra in vendita, magari da affidare al figlio Nicolas, già attivo nelle corse e nel management, come agente di Felipe Massa, pilota Ferrari, e Sebastien Bourdais, pilota promettente, guarda caso della Toro Rosso. un gossip, punto e basta. Una cosa è invece certa: si riposerà un po’, tirerà il fiato, starà più vicino alla sua compagna, Michelle Yeoh, attrice, donna della quale è teneramente innamorato. Non è certo questa un’avventura, ma un legame vero, lo si vede quando Jean Todt, facendosi un po’ violenza, ne parla. Sorride, il suo viso disegna un’espressione sognante, una casa da condividere, una vacanza da vivere, con pochi amici, magari il prof. Saillant con il quale ha dato vita a un centro di ricerca e di terapia medica, al servizio di chi ha bisogno. La medicina assistenziale è la grande passione di Todt, meglio se rivolta a chi non ce la fa, magari dominato da malattie rare e gravi.
Alla Ferrari, quella che corre, ovvio, ha dato molto: giornate di duro lavoro, un’impostazione unica, seria e severa, ha promosso gli uomini giusti, ha capito intelligentemente che bisognava donarsi a Michael Schumacher, il pilota più forte del mondo. Non ha mai contraddetto le indicazioni di Montezemolo, capendone meglio di chiunque altro spirito e filosofia. Quella che ha portato a 6 titoli mondiali piloti e 7 titoli costruttori, attraverso 98 Gran premi vinti. Firma: gestione Jean Todt. Un ruolino di marcia impressionante che fa entrare il manager francese nella storia della F1 come uno dei grandi del mondo delle corse.
Lascia (ma non lascia) le corse dopo l’anno tormentato della spy story. Ha vissuto il tradimento di Nigel Stepney, un tecnico (il capomeccanico), al quale ha dato tanto, ma non la promozione desiderata, ed è qui che scatta l’operazione del Giuda in rosso accompagnata dalle bugie del «collega» Ron Dennis, il boss della McLaren. Dopo qualche incertezza iniziale, comprensibile visto lo scandalo che gli era scoppiato in casa, ha corretto il tiro (anche qui seguendo le indicazioni di Montezemolo) e la battaglia legale e sportiva con la McLaren è stata vinta. Giù il cappello: Jean Todt è stato un gran generale.
Mondiali e tortellini
Con la Ferrari il francese che ama i tortellini in brodo ha vinto 6 titoli mondiali piloti, 7 titoli costruttori, 98 gran premi
Daniele Dallera
CORRIERE DELLA SERA
DAL NOSTRO INVIATO
SYDNEY – La svolta è di quelle epocali. E anche se in Ferrari non amano la parola rivoluzione è quella che le si avvicina di più. Si chiude definitivamente l’era Jean Todt: dopo aver lasciato la gestione sportiva a Stefano Domenicali lo scorso 1˚ gennaio, da ieri Todt non è più neanche amministratore delegato, carica che ricopriva dal 2006. Al suo posto Amedeo Felisa, 62 anni, finora direttore generale. Una scelta personale, sottolineano a Maranello, maturata da tempo in accordo con il presidente Luca di Montezemolo e formalizzata ora che quest’ultimo torna in prima persona a occuparsi della Ferrari, dopo gli anni alla guida di Confindustria.
Come primo atto di questa nuova era, a Maranello si è riunita l’assemblea dei soci che ha approvato il bilancio (fatturato record di 1.668 milioni) e ha rinnovato il consiglio d’amministrazione. Il Cda ha poi preso atto della decisione. Todt è uomo riservato e pare che pochi sapessero in anticipo, a parte i familiari e forse Michael Schumacher, il campione con il quale dal ’93 ha vinto tutto (6 titoli piloti, 7 costruttori, 98 Gran premi) e assieme al quale voleva già lasciare nel 2006. Ma allora l’azienda e la squadra corse, forse, non avrebbero potuto permetterselo: orfana del campionissimo, con il presidente impegnato in Confindustria e con l’ex d.t. Ross Brawn impegnato nel suo anno sabbatico, non era tempo di ulteriori defezioni.
Identificato, a gennaio, in Domenicali il nuovo capo della gestione sportiva, c’era stato il primo passo indietro. Ora, a distanza di tre mesi, il secondo. Il processo era in atto, se qualcosa l’ha accelerato non si sa: come sempre in questi casi le dietrologie si inseguono, Todt è uomo dal carattere spigoloso e si è sempre detto che non fosse troppo in sintonia con l’a.d. Fiat Sergio Marchionne, ma in Ferrari l’ultima parola spetta a Montezemolo. In ogni caso pare assurdo trovare una correlazione tra quest’uscita e l’esito disastroso del primo Gran premio della stagione: «L’impegno che avevo condiviso con il presidente era di gestire l’azienda fino alla scadenza del suo mandato in Confindustria e di identificare il nuovo direttore della Gestione sportiva. Compiuti questi passi si apre una nuova fase della mia vita in cui avrò più tempo da dedicare a me stesso e alle cose che mi interessano – è la dichiarazione di Todt ”. Naturalmente continuerò a dare il mio contributo alla Ferrari nei miei incarichi istituzionali e in quelli speciali che il presidente ha voluto affidarmi».
Già perché Todt non lascia del tutto: secondo lo schema già utilizzato con Schumacher, resta in un ruolo di supporto. Membro del Cda, mantiene le cariche di presidente di Ferrari Asia Pacific e Ferrari West Europe, e continua a far parte del Consiglio mondiale Fia. Non solo: gli verranno affidati, direttamente da Montezemolo, incarichi speciali legati sia alla gestione sportiva che a quella industriale e andrà spesso alle gare (già prevista la sua presenza in Malesia, ci sarà anche in Bahrein), anche se formalmente non sarà più il capo di Domenicali (che ora risponde a Felisa), come sembrava fino a qualche giorno fa. I suoi saranno consigli e non ordini, anche se è ovvio che 15 anni in Ferrari contano.
Montezemolo si è detto «non stupito della sua volontà di ridurre il coinvolgimento in Ferrari. Abbiamo raggiunto gli obiettivi che avevamo concordato quando divenne a.d. e, com’è nel suo costume di uomo determinato e di parola, ha deciso di dedicare un po’ più di tempo per sé. I successi sportivi sono sotto gli occhi di tutti, ma ha anche contribuito in modo significativo a fare della Ferrari un’azienda unica. stato un modello per tutti». Ma ora spetta ad altri esserne all’altezza.
Montezemolo
«Non sono stupito dalla scelta di ridurre il suo impegno: è stato un modello per tutti» L’amico
Jean Todt, 62 anni, francese, ex pilota di rally, è diventato direttore della scuderia Ferrari nel ’93 e amministratore delegato nell’ottobre 2006. Todt e Michael Schumacher, a sinistra, hanno formato una coppia vincente
(Lat) Arianna Ravelli
CARLO MARINCOVICH
I quindici anni passati da Jean Todt in Ferrari a tempo pieno sono stati travolgenti e indimenticabili perché mai la casa di Maranello aveva ottenuto così tanti titoli mondiali e successi nella propria sessantennale storia. Eppure, quando Todt arrivò dal mondo dei rally, proprio nel marzo del 1993, era non poco impaurito. Montezemolo era presidente da poco più di un anno, le cose andavano malissimo, la Ferrari era molto nota e apprezzata anche in Francia e a Todt tremarono non poco le gambe davanti all´impresa titanica che gli si profilava.
Contro di lui, anche nella stessa Ferrari, ci furono non pochi mugugni. L´uomo era pignolo. Girava per i capannoni con un taccuino in mano e prendeva nota di tutto quello che vedeva. Poi riuniva tutti nel suo ufficio e cominciava a riorganizzare il lavoro. Non gliene sfuggiva mai una. E naturalmente tutti si sentivano sotto pressione, osservati, quasi fossero degli scolaretti. L´unico lusso che si concedeva era il tè delle cinque che anche nei gran premi più disagiati, col freddo e con la pioggia, gli veniva puntualmente servito ogni pomeriggio. La sua pausa ristoratrice, il momento di relax in cui si fermava volentieri a chiacchierare.
All´inizio non deve essere stato facile. L´italiano lo parlava poco e non sempre riusciva a spiegarsi con concetti semplici. Le monoposto si rompevano in continuazione, ad ogni corsa c´era qualcosa che non andava per il verso giusto. E lui sempre a prendere appunti. Poi, quando finalmente le cose cominciarono ad aggiustarsi, era il momento di prendere un signor pilota. E fu Todt a convincere Michael Schumacher, già bicampione del mondo con la Benetton, a passare alla «rossa». E lì è nato un grande connubio. Amicizia, stima, fiducia.
Quello che la Ferrari ha ottenuto da Schumacher resterà a lungo negli annali. E anche quello che Schumacher ha ottenuto dalla Ferrari. Con Todt sorridente che abbracciava Schumi come fossero padre e figlio. Anni indimenticabili. Ma devono essere stati pesanti per un uomo determinato, sì, ma già sessantenne. Si difendeva col sonno. «Grazie al cielo - raccontava spesso - dormo sempre benissimo, con la coscienza a posto». E in quel suo sonno rigeneratore aveva anche un piccolo segreto. «La mattina metto sempre la sveglia mezz´ora prima perché mi piace stare sotto le coperte, al caldo, mi sento coccolato e mi preparo meglio alla giornata che mi aspetta».
Sempre misurato, preciso e controllato, usava mettersi i cerotti sulle dita per evitare di mangiarsi le unghie, per la tensione, al muretto. Solo due volte lo si è visto perdere un po´ le staffe. Quando Schumacher ebbe quel brutto incidente a Silverstone contro i copertoni e non si sapeva bene che fine avessero fatto le sue gambe. E poi in Malesia quando a gara finita penalizzarono la Ferrari accusata di aver barato sulle misure di un deflettore. Sembrava volesse sbranare vive parecchie persone. Poi nel processo a Parigi la Ferrari fu assolta e gli tornò il sorriso.
Da un paio d´anni è perdutamente innamorato di una bellissima signora malese, Michelle, ed è comprensibile che Todt abbia voluto tirare un po´ i remi in barca nella vita fin troppo frenetica che faceva dietro alle corse. «L´impegno che avevo condiviso con il Presidente era di gestire l´azienda fino alla scadenza del suo mandato in Confindustria e di identificare il nuovo direttore della Gestione Sportiva - spiega Todt - Compiuti questi passi si apre una nuova fase della mia vita in cui avrò più tempo da dedicare a me stesso e alle cose che mi interessano. Naturalmente continuerò a dare il mio contributo alla Ferrari nei miei incarichi istituzionali e in quelli speciali che il Presidente ha voluto affidarmi». Resterà quindi a Marenello come supervisore, continuerà a rappresentare la Ferrari presso il consiglio mondiale della Fia ma potrà godersi di più la sua bella casa parigina dietro l´arco di trionfo.