Corriere della Sera 17 marzo 2008, M. Sen. Mario Sensini Maurizio Prato e Jean-Cyril Spinetta, 17 marzo 2008
La «cura» Air France all’esame del governo. Corriere della Sera 17 marzo 2008. ROMA – Meno di dieci centesimi ad azione, per una valutazione della compagnia che non arriva a 140 milioni, 1
La «cura» Air France all’esame del governo. Corriere della Sera 17 marzo 2008. ROMA – Meno di dieci centesimi ad azione, per una valutazione della compagnia che non arriva a 140 milioni, 1.600 dipendenti in esubero, almeno altri 5 mila da ritrasferire allo Stato, taglio del 20% della flotta e delle rotte, con il sacrificio dell’hub di Malpensa, smantellamento del servizio Cargo. Con Air France-Klm, Alitalia resterà compagnia di bandiera, conserverà marchio, logo e livrea, ma dovrà sottostare a una nuova durissima cura dimagrante. Il tutto sempreché l’offerta di francesi ed olandesi, già accettata l’altra notte dal Consiglio dell’Alitalia, vada in porto: le «condizioni di efficacia» da soddisfare sono infinite: sindacali, politiche, economiche e tecniche, e tutte molto impegnative. Domani stesso potrebbe pronunciarsi il governo, in qualità di azionista di maggioranza, e altrettanto dovrà fare il prossimo esecutivo. Se il centrosinistra appare tutto sommato favorevole, con l’eccezione della sinistra radicale, il centrodestra è diviso: An con Gianfranco Fini è per il sì, ma Silvio Berlusconi mantiene sospeso il giudizio (e Umberto Bossi: «Inutile parlarne adesso, prima vinciamo le elezioni, poi ci pensiamo noi»). Intanto martedì i vertici di Alitalia e Air France-Klm avvieranno il confronto con i sindacati, che hanno accolto la proposta con moltissime critiche. Il loro sì è una delle condizioni per la riuscita dell’operazione, ma l’Anpac, il sindacato piloti, ha già detto che senza modifiche del piano non firmerà, mentre Cisl e Uil accusano il governo di averli lasciati «nudi alla meta», e la Cgil parla di «resa senza condizioni». Che queste siano pesanti non c’è dubbio, a testimonianza delle grandi difficoltà di Alitalia, che sarà costretta a chiedere un prestito al Tesoro da 300 milioni per sopravvivere finché i francesi, dopo il successo dell’offerta di scambio (1 azione Air France-Klm contro 160 Alitalia), attesa per giugno, non sottoscriveranno un aumento di capitale da un miliardo. Il Tesoro dopo il concambio avrà il 2-3% del nuovo gruppo e un posto in Consiglio per almeno sei anni. Per Alitalia si prospettano sacrifici, con la riduzione della flotta e delle rotte servite, ma anche con 850 milioni di investimenti, almeno fino al 2010. Se tutto andrà bene, promettono i francesi, da quell’anno l’Alitalia tornerà all’utile. E a crescere. M. Sen. E Parigi vuole un decreto contro il rischio Malpensa ROMA – Il sì dei sindacati, un prestito dal Tesoro, un impegno scritto dal governo, e pure un decreto, ma convertito dal Parlamento. Hanno pensato davvero a tutto i francesi di Air France-Klm, per evitare sorprese con l’Alitalia. Un motivo per cui la compagnia di bandiera italiana s’è ridotta a valere 140 milioni di euro, quanto ha speso Massimo Moratti nell’ultima campagna acquisti dell’Inter, ci sarà, e allora tanto vale cautelarsi. Anche con una legge se serve: per esempio per disinnescare la mina di Malpensa, con la Sea che chiede un miliardo e 250 milioni di danni all’Alitalia per l’abbandono dell’hub. Entro il 31 marzo, perché l’offerta Air France-Klm resti valida, il contratto prevede che si trovi una soluzione per eliminare «il rischio contenzioso» con la Sea. E’ una delle otto condizioni «di efficacia», perché l’offerta vada avanti. Le altre non sono meno impegnative, a parte l’«impegno scritto» del governo a mantenere i diritti di Alitalia e il via libera all’offerta del Tesoro, che però dovrà concedere il prestito ponte all’Alitalia, visto che non ha più un euro in cassa e l’operazione Air France-Klm richiede tempi lunghi. Entro il 31 marzo dovrà arrivare anche il benestare dei sindacati al nuovo piano industriale, 1.600 esuberi su 11 mila in Az Fly e lo smembramento di Az Service, che dopo il rientro di 3 mila dipendenti su 8 mila in Alitalia, tornerà a essere «pubblica », controllata al 51% da Fintecna, che è al 100% del Tesoro. Poi bisognerà fare un accordo, sempre entro quindici giorni, con Aeroporti di Roma, perché Fiumicino deve essere sviluppato: già da fine marzo avrà 200 voli settimanali in più e i francesi ricordano bene il semi-collasso nei momenti di picco dell’estate scorsa. Se tutto sarà in ordine, il primo aprile il piano passerà alla seconda fase, la preparazione e l’annuncio delle offerte. Anche questo subordinato, ovviamente, ad una serie di condizioni. Prima di annunciare l’offerta di scambio, bisognerà verificare che non ci siano state «inadempienze al contratto» da parte dell’Alitalia, e soprattutto che il governo italiano, a questo punto il prossimo, dovendosi l’attuale esprimere entro il 31 marzo, «non dovrà aver assunto come organo collegiale alcuna decisione formale o fatto alcun pubblico annuncio che sia fortemente contrario all’operazione». Prima di lanciare l’ops, naturalmente, dovrà essere arrivato anche il semaforo verde dell’Antitrust Ue, purché l’autorizzazione, beninteso, non comporti troppi sacrifici. In quel momento dovrà essere sciolto, e radicalmente, anche il rischio Sea. Su questo il piano imposto dal gruppo franco-olandese è chiarissimo. Non basta individuare la soluzione, bisogna attuarla. Se la «condizione di efficacia» del contratto individuata per risolvere il contenzioso fosse un decreto legge, un’ipotesi evidentemente emersa in queste ultime otto settimane di contatti fittissimi tra Roma e Parigi che hanno portato alla formalizzazione dell’offerta, questo dovrà essere stato convertito. Dovrà già essere legge: blindata, inattaccabile. E solo allora si potrà andare avanti. Mario Sensini Maurizio Prato e Jean-Cyril Spinetta