ItaliaOggi 15 marzo 2008, Andrea Secchi, 15 marzo 2008
Virgin, la radio costruita a tavolino. ItaliaOggi 15 marzo 2008. «Abbiamo studiato bene il mercato
Virgin, la radio costruita a tavolino. ItaliaOggi 15 marzo 2008. «Abbiamo studiato bene il mercato. E cresceremo ancora» All’indomani della pubblicazione dei dati Audiradio, Alberto Hazan, patron di Finelco, tira un sospiro di sollievo: la sua nuova creatura, Virgin Radio, ha raggiunto 1,65 milioni di ascoltatori, in soli sette mesi. E lo spazio per crescere, per l’emittente che sotto Rcs e con il nome di Play Radio non decollò mai, secondo i suoi calcoli c’è ancora. Merito di chi ha mestiere, ma anche di un lavoro a tavolino che ai tempi della nascita di 105 e Rmc non si faceva. Domanda. Sono 1,65 milioni di ascoltatori. Ora cosa accade? Avete raggiunto il livello di audience massimo per questo tipo di radio? Risposta. No, assolutamente. Devo dire che rispetto alle radio che abbiamo lanciato in passato, questo è stato un caso del tutto particolare. All’inizio, 30 anni fa, avevamo poca esperienza, lavoravamo per istinto e così abbiamo creato Radio 105 e Radio Monte Carlo. Questa volta abbiamo studiato il progetto a tavolino, così come facemmo per Rmc2. Abbiamo quindi selezionato un format di rock speciale, sapendo bene che non si sarebbe trattato di un prodotto di nicchia, senza possibilità di sviluppo. Per la crescita sappiamo che c’è ancora molto spazio. D. Quanto? R. Di tutte le persone che ascoltano la radio in Italia, il 58% ama la musica rock e di questi solo il 16% conosce Virgin Radio, quindi il potenziale di crescita è molto ampio e dobbiamo lavorare tanto sia sulla comunicazione che sul prodotto editoriale. Riteniamo che nei prossimi mesi si possa arrivare a 2,5 milioni di ascoltatori, ma che il potenziale di questa radio si aggiri attorno ai 3,5 milioni. D. Chi sono gli ascoltatori? R. Sono amanti del rock elegante che noi trasmettiamo. La nostra area di ricerca interna ha ben definito il profilo, ci ha sorpreso però che sia più ampio di quanto immaginassimo: ci sono uomini e, in modo inaspettato, molte donne, cosa inconsueta per il formato rock, ragazzini e soprattutto ragazzine. Questa radio la stavamo monitorando da settembre, con ricerche interne ed esterne, e la crescita è stata continua. A novembre eravamo al 3,3% di share, a gennaio al 3,9%, dati che Audiradio ha confermato. Stiamo avendo buoni segnali anche dal sito di Virgin Radio. Anche se abbiamo iniziato molto tardi a lavorarci, a fine novembre, ora è già ai livelli di Radio Monte Carlo. D. Quando avete capito che nell’offerta radiofonica c’era il vuoto di cui ha parlato, non ha pensato di sviluppare un’emittente ex novo senza prendere il marchio all’estero? R. Non si può ricominciare facilmente da capo con una radio, bisogna cercare di guadagnare tempo, altrimenti i ricavi arrivano troppo in ritardo e i costi rallentano ulteriormente lo sviluppo. Avevamo un altro marchio in opzione, NRJ, poi abbiamo scelto Virgin. D. Un colosso come Rcs si fa una radio, ci investe, eppure non riesce a farla alzare da terra. Arriva un piccolo editore, che però è del mestiere, è la cosa funziona. Non sempre i grandi fanno meglio? R. Potremmo ribaltare la cosa: noi tre o quattro anni fa abbiamo acquistato una società editrice per fare alcuni giornali e ci siamo trovati a non poter fare granché. A volte si fanno investimenti in un campo dove si crede di riuscire, e invece niente. Il mestiere bisogna conoscerlo, ma non mi sento di giudicare, ogni cosa ha bisogno del suo decorso. Noi abbiamo fatto Tribe, Classic Voice e Opera, bei giornali, certo, ma sono rimasti lì, eppure sognavamo di farla diventare una grossa società editrice. D. Tornando a Virgin, avete dovuto adattare molto il format al gusto italiano? R. Le dirò, il nostro format è del tutto originale. Se lei ascolta Virgin Radio Londra via web si accorge che è tutta un’altra cosa, lo stesso per Virgin Radio Francia. Noi abbiamo scelto un rock molto elegante, giovane con classici selezionati. Gli italiani non capiscono i testi delle canzoni inglesi, e bisogna tenerne conto, badando più alla melodia delle canzoni che alle parole. Se a Londra una canzone con un bel testo può passare, anche se non ha una bella musica, qui non è così. D. Parliamo della raccolta pubblicitaria. All’inizio dell’anno si è parlato di 12 milioni di euro per il 2008. R. Erano previsioni che avevamo fatto pensando di fare almeno un 1,2 milioni di ascoltatori. Ci eravamo sottovalutati. D. Ma il primo bimestre come è andato? R. Non è stato esaltante: i clienti prima di investire vogliono giustamente vedere i numeri. Ora i numeri ci sono e questo ci permette di varare delle politiche commerciali più precise. Oggi anche noi abbiamo tirato un sospiro di sollievo. D. Vi resta da fare qualche aggiustamento alla formula? R. La formula resta questa. Una piccola rubrica ogni ora è il massimo come parlato che abbiamo. Una radio non convenzionale e diversa da Radio 105 e Radio Monte Carlo. Perfino le news sono fatte in maniera diversa: i giornalisti raccontano le news piuttosto che leggerle in maniera tradizionale. D. Detto che ognuno fa il suo mestiere, c’è però qualcos’altro che vorrebbe fare dopo tanti anni di radio? R. In realtà no, mi piace quello che faccio e le novità ci sono. Abbiamo già 27 web radio e saranno 40 da qui a fine giugno, un sacco di progetti nuovi. D. Radio Montecarlo e 105? R. Non ci sono novità di rilievo. Per 105, però, i risultati delle indagini sono superiori a quelli che indica Audiradio, con la quale abbiamo incontri frequenti e discussioni costruttive per trovare le cause di queste differenze. D. Di quanto sarebbero superiori? R. I nostri numeri interni e quelli di altri istituti di sondaggi dicono del 22%. D. Una bella cifra. Riguarda anche altre radio? R. Un po’ di differenze ci sono anche su altre emittenti. Chiaro che però siamo più interessati alle nostre. Ma risolvere i problemi metodologici è nell’interesse di tutti e le soluzioni sono a portata di mano. Andrea Secchi