GUGLIELMO SASININI, Libero 16 marzo 2008, 16 marzo 2008
Il playboy che volle farsi spada di Allah. Libero 16 marzo 2008. Per molti è ancora vivo, per altri invece è morto, forse ucciso da un cecchino o da una delle sue tante malattie
Il playboy che volle farsi spada di Allah. Libero 16 marzo 2008. Per molti è ancora vivo, per altri invece è morto, forse ucciso da un cecchino o da una delle sue tante malattie. Comunque sia non cambia nulla. Per il fanatico di Allah diventato l’incubo dell’Occidente che dopo l’11 settembre ha scavato in tutti noi un orrore ancestrale è possibile tutto e il suo esatto contrario. Lui lo sa bene, è il suo mestiere. Osama Bin Laden, nato nell’anno 1935 dell’era musulmana, vale a dire il 10 marzo del 1957 a Riad, nel quartiere di al-Malazz, diciassettesimo figlio di Mohammed (il patriarca che di figli ne ha avuti almeno 54) ha sempre occultato la sua vita dietro un alone di mistero. Fin da adolescente quando si trasferì assieme al fratello Bakr a Beirut dove si dedicò alla dolce vita libanese. LA DOLCE VITA A BEIRUT Di giorno frequentava una scuola privata, di notte si divertiva nel nightclub Annabelles’ sperperando fortune in alcol, poker, sesso. Una volta sul lungo mare di Beirut distrusse una Chrysler nuova di zecca, il giorno dopo ne comprò un’altra identica pagandola in contanti. Al suo rientro in Arabia Saudita il giovane Bin Laden completa gli studi superiori in un collegio di Gedda, si iscrive all’uni versità King Abdelaziz, a Riad e si laurea in ingegneria, ma il business della multinazionale di famiglia, la Saudi Binladen Group, non fa per lui. Il padre Mohammed, nato nello Yemen ed emigrato in Arabia Saudita negli anni Venti, ex facchino al porto di Gedda, costruì la sua immensa fortuna grazie al misterioso rapporto che riuscì a stabilire col re Abdul Aziz, dal quale ottenne niente meno che la commessa per la costruzione del nuovo palazzo reale e quella per il rinnovo delle strutture della Mecca. Quando il padre muore, le redini della Saudi Binladen Group passano al fratello maggiore Salem, al quale dopo la sua morte nel 1988 subentrano i fratelli Bakr, Yahia e Omar. Osama ha in mente altri progetti che confida solo alla madre Alia Ghanem una saudita di origini siriane molto bella alla quale è morbosamente attaccato. Si esalta ricordando che Osama era il nome che appartenne a un siriano che fu un grande uomo di lettere e di armi e passò mezza vita ad accordarsi coi crociati e l’altra mezza a tagliar loro la gola al fianco del Saladino e visse fino a 93 anni per vedere l’islam riprendersi Gerusalemme. Incomincia la fase mistica che lo porta a frequentare le moschee sunnite più tradizionaliste. Nel ’75 si sposa con una cugina siriana, poi si risposa altre tre volte, dalle quattro mogli ha avuto diversi figli, ma si conoscono solo i nomi dei maschi: Mohammed, il primogenito, Abdu Abdallah, Ben Omar e Saad il più giovane che lo segue ovunque. Dalla fine del ’78 Osama si trasferisce in Afghanistan a combattere (con l’appoggio della Cia e dei servizi segreti pachistani) le truppe di invasione sovietiche. Inizia la jihad che gli fa dire: " Ogni giornata in Afghanistan a combattere gli infedeli mi avvicina ad Allah più di mille notti in preghiera in moschea". L’amante della bella vita di Beirut si è trasformato nell’amante della bella morte, nel combattente per la "purezza islamica" che arruola migliaia di mujaheddin in un reparto che diventa leggendario per il coraggio folle. Il gigante alto quasi due metri, magrissimo, emaciato, bruno, gli occhi marroni, la pelle olivastra, la barba striata di bianco, solenne e triste, che indossa solo il bunrun (l’abito tradizionale color kaki) è onnipresente in ogni area dell’Afghani stan, si sposta in motocicletta, in jeep a cavallo, la leggenda lo fa sempre in prima linea in tutte le battaglie. Non abbandona mai il suo AK-47 (Avtomat Kalashnikova) più noto come Kalashnikov, il fucile d’assalto in grado di sparare 600 proiettili al minuto, per lui una vera icona. Dopo che il suo telefono rosso col quale componendo il numero 925.12.53.06 si collegava con il mullah Mohammed Omar (la guida suprema alla quale Osama ha concesso in sposa una figlia bambina) venne individuato nei pressi di Ghost e gli americani bombardarono l’intera area, non usa più telefoni né computer, ma si affida a falconi addestrati sui quali ha fatto montare antenne di 34 centimetri. Quando i sovietici nell’89 sono costretti a lasciare l’Afgha nistan Osama è ormai venerato come una divinità dai suoi mujaheddin e dagli alleati talebani che occupano Kabul istaurando la sharia, la legge islamica. L’an no precedente Bin Laden ha creato con terroristi palestinesi ed egiziani Al Qaeda (la Base) il cui obiettivo è quello di combattere i sovietici. Poi viene pervaso da una capacità santa e satanica, a seconda di chi lo guarda, di mischiare tutto: la guerra al cuore finanziario di Manhattan e quella a Goffredo di Buglione, le leggende nate intorno a Salah ad-Din che con un sol colpo mozza la testa a Rinaldo di Chatillon, con le interpretazioni più buie e integraliste del Corano. Ad Al Qaeda Osama affianca il "Fronte per la lotta contro gli ebrei e crociati" per la jihad globale. Quando nel 1999 iniziano a filtrare le prime voci sulle sue malattie: un tumore ai reni estesosi anche al fegato, artrosi deformante, diabete, risponde: «Sono tutte menzogne americane, non sono mai stato meglio, proprio come la grande nazione musulmana che si prepara a dare una dura lezione agli americani aggressivi e ai loro alleati, soprattutto lo Stato di Israele». La leggenda dell’invul nerabilità di Osama non si lascia fermare da nulla, per i suoi fedelissimi è protetto direttamente da Allah, quindi immortale. Lui stesso racconta " Un giorno mi addormentai improvvisamente in mezzo a una battaglia coi sovietici, piovevano bombe dappertutto. Quando mi svegliai non c’erano più, non so come mai ma non mi avevano visto. Un’altra volta un missile Scud mi esplose sui piedi ma non mi ferì. Non temo la morte, sono la spada di Allah. Gli americani invece hanno paura, sono tanti piccoli topi che corrono alla cieca io sarò il loro peggiore incubo". Bin Laden ha una storia, un passato, e forse un futuro. Parla tramite le stragi che rivendica attraverso le dichiarazioni che rilascia ai network televisivi arabi, ma il principe del terrore non è nato l’11 settembre con il massacro di New York, ha un progetto, le sue intenzioni sono chiare, meno gli obiettivi finali. GUERRA AL MONDO Dal 1992 i mujaheddin di Al Qaeda attaccano ovunque: Yemen, Stati Uniti, Europa, Medio Oriente, Israele, Golfo Persico, Africa, Maghreb, tenta di uccidere il presidente egiziano Hosni Mubarak, colpiscono persino in Arabia Saudita. La firma della "premiata ditta Osama&C" diventa la griffe del terrore mondiale. Osama è un saudita, ha interessi familiari ed economici fortissimi in Arabia Saudita e soprattutto è protetto dai servizi segreti di Riad. Ha assolto egregiamente la sua missione: trasformare Al Qaeda nella firma buona per tutte le occasioni, comoda per tanti burattinai. Osama Bin Laden è un ossimoro, cioè l’unio ne tra due opposti, come dire una luce buia, che in natura non esiste, è una follia, ma se diventa vero è un incubo da cui non ci si sveglia. GUGLIELMO SASININI