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 2008  marzo 15 Sabato calendario

Il Faust della musica. La Stampa 15 marzo 2008. Herbert Von Karajan La calma, crescente, perfetta espansione del suono all’inizio della Quarta Sinfonia di Beethoven

Il Faust della musica. La Stampa 15 marzo 2008. Herbert Von Karajan La calma, crescente, perfetta espansione del suono all’inizio della Quarta Sinfonia di Beethoven. Le foto dei bambini scheletriti del Biafra che aveva fatto appendere al muro della cucina della servitù nella sua villa di Anif. La grazie lieve, abbandonata nella malinconia, con cui accompagna la voce di Lisa della Casa nel Cavaliere della Rosa. La sicura freddezza con cui ammise di «essermi iscritto al partito nazionalsocialista per favorire la mia carriera agli inizi». Herbert von Karajan, direttore d’orchestra, industriale della musica, innamorato del successo, e in tutti i tre ruoli dotato di enorme talento, nasceva cento anni fa - il 5 aprile 1908 - a Salisburgo. «Voleva rendere perpetua la bellezza e così garantirsi l’immortalità come artista. La sua fu una reincarnazione di Faust: un Faust sedotto da mefistofelici ingegneri del suono», scrive Alessandro Zignani in Il musico perpetuo, prima biografia italiana dedicata al direttore (la pubblica Zecchini). Enfasi, ma se c’è stato un direttore «faustiano», è certo lui. Quando, nel 1955, viene nominato direttore musicale dei Filarmonici di Berlino, pretende un impegno «a vita». Allo stupore degli orchestrali, risponde: «Solo così imparerete a rispettarmi. Voi passate, io resto». Neppure Toscanini aveva osato immaginare un simile contratto. Nella Berlino bombardata del 1945 la sua prima preoccupazione era stata salvare le registrazioni di Beethoven. Lp, cd, video-cassetta, film musicali: era affascinato da ogni progresso delle tecniche di incisione del suono. A Salisburgo, nell’estate 1982, presenta il primo cd della storia, prodotto dalla giapponese Sony, naturalmente con una sua incisione: «Questi pochi centimetri contengono oltre un’ora di musica che non si distruggerà mai». Dieci anni prima, il Consiglio d’Europa sceglie la sua esecuzione dell’Inno alla gioia dalla Nona di Beethoven, inno ufficiale dell’Ue. «Suo» è il Bel Danubio blu che Kubrick vuole per le cosmiche derive di 2001: Odissea nello spazio. Negli ultimi anni, quasi immobile per una dolorosa infermità alla colonna vertebrale, attrezza uno studio di registrazione in casa, fonda una casa di produzione, governa ogni suono, della propria eredità universale. Accompagnato da un inserviente sul podio, esegue al Festival di Salisburgo, che dirige dal 1965, Un requiem tedesco di Johannes Brahms. E’ l’estate del 1988, è il rito di congedo dal suo pubblico. Niente bacchetta, niente partitura, movimenti impercettibili, la chioma bianco-argentea, gli occhi chiusi, sempre. Esibita sacralità del suo rapporto con la musica. Estetismo esteriore e interiore, nell’estetizzante bellezza del suono. Muore il 16 luglio 1989: data a cui possiamo far risalire anche la scomparsa definitiva della figura immaginaria del direttore-direttore. «Io non sono un divo, ma un lavoratore della musica», dice oggi Antonio Pappano, quando gli si chiede un giudizio su Karajan. Forse non tutti i colleghi sono pronti a sottoscrivere una tale persuasione. Glenn Gould fu il primo a irridere la «suggestione» di Karajan: «Non ho la minima idea di quali fossero i pregi estetici della Quinta Sinfonia di Sibelius diretta da lui. Pur rendendomi conto di assistere a un evento ricco di intensa suggestione, non sapevo affatto se l’interpretazione fosse o non fosse bella». Giorgio Strehler lo detestava da quando, dopo un Flauto magico di Mozart a Salisburgo, all’ultimo istante, il direttore - contravvenendo ai patti stabiliti - fa un passo indietro e lascia il regista uscire da solo in palcoscenico, a prendersi i fischi per lo spettacolo che non era piaciuto, riservando solo a sé stesso, un minuto dopo, tutti gli applausi. Il meraviglioso equilibrio tra dettaglio e insieme nella Bohème diretta alla Scala nel 1963, l’estasi per la «bella morte» nel finale di Tristano; ma accanto il suo Vivaldi, il suo Bach oggi improponibili, eseguiti con organici giganteschi, senza alcuna consapevolezza del fraseggio, del suono necessari. Mirava all’eternità, ma l’interpretazione è un’arte, e un gusto, sempre in divenire. Su "You Tube" gira, tra i tantissimi, un filmato del 1966, nella fascinosa sfuocatura del bianco e nero. Karajan dirige la Quinta di Beethoven, avvolto dalla sua orchestra berlinese. Scrive - poche ore fa - il blogger BSG751: «Wow! Un battaglione di contrabbassi. Vi giuro che potrei fare dei figli con questa musica!». Lui non sarebbe contento di tanta distrazione. Sandro Cappelletto