Corriere della Sera 16 marzo 2008, 16 marzo 2008
Corriere della Sera 16 marzo 2008. E’ Tarcisio Pan che è solito raccontare al corniciaio le sue «imprese» di bandito di basso cabotaggio
Corriere della Sera 16 marzo 2008. E’ Tarcisio Pan che è solito raccontare al corniciaio le sue «imprese» di bandito di basso cabotaggio. Secondo il racconto di questa volta un uomo era stato ucciso dal fratello Paolo con la complicità della sua amante, mentre lui aveva collaborato solo a far sparire il cadavere. Tarcisio sarà l’uomo chiave di tutta la vicenda giudiziaria che seguirà: il teste fondamentale su cui i giudici baseranno le loro diverse sentenze con il dargli credito o meno. Il resto, nei processi che vedranno Franca Ballerini e Paolo Pan alla sbarra come imputati principali, sarà solo un contorno di piccole conferme (o smentite) del racconto di Tarcisio, quasi cucito su misura dall’abilità degli avvocati o del pubblico ministero. Verità a confronto La lettura degli atti processuali che si concludono nelle sentenze è ancora oggi interessante, per il modo in cui viene raffigurata’ quasi in un teatrino virtuale – ogni possibile verità dei fatti. I protagonisti dell’intera vicenda nei verbali perdono i loro contorni a tutto tondo, diventano figurini stilizzati, legati a dettagli che possono avere per un momento la forza di una prova obiettiva e dopo poco tempo perderla del tutto. La stessa storia raccontata dai giornali mostra invece una concretezza che punta più all’insieme che ai particolari, più su profili prestabiliti di personaggi messi in scena per la recita di una tragedia vera. Per Paolo Pan, uomo smargiasso della malavita, la «verità» apparirà subito ovvia: lui è senz’altro l’assassino. Lo rimarrà per l’opinione pubblica e per i giudici dei diversi processi, con una condanna all’ergastolo che sarà confermata da tre sentenze pressoché identiche. Paolo, dopo avere ucciso a coltellate il Magliacani, avrà infatti l’impudenza di rubare (e smerciare) la Bmw della sua vittima e poi di uccidere un altro uomo con lui in «affari » in Francia, anche per eliminare un teste che sarebbe potuto diventare pericoloso. Paolo ha un movente: voleva avere tutta per sé la bella Franca e forse sognava di impadronirsi insieme a lei anche di un bel gruzzolo di soldi. P er Franca Ballerini la «verità» invece danza. La sua bellezza di donna giovane e spregiudicata gioca contro di lei nei resoconti della stampa: la trasforma in quella «bionda diabolica» che organizza tutto e tutti plagia con la sua prorompente capacità di seduzione. Una fotografia di lei in bikini, pubblicata ripetutamente sui giornali, in cui la donna pare mettere in mostra quasi sfacciatamente la sua procacità di femmina disinvolta è già di per sé un atto di accusa persuasivo. Ma questa foto non può aver peso nell’aula di un Tribunale: e allora Franca si prenderà l’ergastolo e poi sarà assolta per non aver commesso il fatto, vedrà di nuovo caderle addosso in Cassazione l’incubo della prigione a vita, per essere poi assolta definitivamente nell’ultimo processo. E’ vero, secondo la tesi d’accusa, la Ballerini non ha comunque le mani sporche di sangue: ma è indicata come la committente (o l’istigatrice) del delitto. Sarebbe stata lei a convincere il Pan a sopprimere il marito, a dargli notizie dettagliate sulle sue abitudini per sorprenderlo meglio, nonché a consegnargli le chiavi di casa per ucciderlo. Ma in realtà non ha un forte movente. Se è stata (prima dell’assassinio di Fulvio) e continuerà a essere (dopo) l’amante di Paolo, ha anche altri uomini intorno. Non basta. Sa bene che non esiste per lei un vantaggio né economico, né di stato sociale nel fare fuori il marito, il quale le ha sempre assicurato, oltre a una tollerante libertà nelle sue avventure sentimentali, una rispettabile condizione sociale. Fulvio, a essere cinici, a lei sarebbe servito più da vivo che da morto. La sentenza di primo grado che le dà l’ergastolo è molto sbadata nel verificare i «fatti » della complicità della donna. Dà per certo che Franca abbia fornito dati precisi sul modo di sorprendere la vittima: in realtà invece la dinamica dell’atto criminoso rivela una progettazione molto approssimativa che costringerà l’assassino a rischiare strategie improvvisate. Non solo. Quella sentenza dava per scontato che la Ballerini avesse consegnato le chiavi a Paolo: possibile che non sapesse che il marito aveva la consuetudine, la notte, di barricarsi in casa chiudendo la porta oltre che con le chiavi con una catenella di sicurezza? E perché escludere che il Pan (esperto ladro anche in alloggi) avesse tentato d’entrare dalla finestra, anziché dalla porta, per sorprendere la propria vittima? Ma il personaggio chiave di tutta la storia, quello che rimane in secondo piano sui giornali, è Tarcisio Pan, compagno di braveria (un po’ succube) del fratello Paolo, fedele ma anche traditore con la sua smania di chiacchierare. Di fatto rimarrà (oltre coimputato) il testimone bugiardo su cui ruoterà la vicenda giudiziaria che dovrà districarsi nel labirinto delle sue rivelazioni contraddittorie. Tarcisio parla, lo si è già detto, con l’amico corniciaio: racconta per due volte l’impresa di cui è stato importante comparsa. La seconda volta, senza che lui lo sappia, le sue parole saranno registrate per essere consegnate all’autorità giudiziaria. Due sono le versioni più importanti che darà dell’intera storia. La prima è la più romanzesca e vede i due amanti, Franca e Paolo, da soli sulla scena del delitto. La donna non è a Sestriere, scende nottetempo a Torino. Entra con Paolo nella villa della Pellerina e lascia che l’amico uccida a coltellate il marito. Poi si occuperà lei di mettere tutto a posto e di cancellare ogni segno dell’agguato, di far sparire le tracce di sangue, di organizzare la messinscena della fuga di Fulvio, per poi tornarsene a Sestriere, sempre di notte, per avere un alibi di ferro. A Paolo lascerà l’incombenza di far sparire il cadavere e Paolo chiederà aiuto a Tarcisio. Lo convoca di notte, si fa aiutare da lui a portare giù nella sua macchina il corpo morto e lo inviterà a seguirlo su un’altra auto per andare a seppellire il cadavere in un bosco e darlo in pasto ai vermi. Le versioni di Tarcisio La seconda versione di Tarcisio è meno romanzesca, ma altrettanto inverosimile. Insieme al fratello, chiavi di casa in mano, va a sorprendere il marito di Franca nella sua dimora. Ma c’è un intoppo. Le chiavi servono a poco, perché Fulvio, prima di andare a letto ha messo una catenella di sicurezza per barricarsi meglio. Occorre allora un atto di forza, cioè una spallata possente per togliere di mezzo l’intralcio non previsto. Poi il racconto prosegue secondo il copione già recitato la prima volta. Durante i processi Tarcisio correggerà la sua versione a seconda delle obiezioni che gli avvocati difensori della Ballerini e il pubblico ministero solleveranno. Fantasioso nel ricucire i fatti, secondo nuove tessiture che si rendono necessarie, questo teste spavaldamente bugiardo terrà fermo un unico punto: quello di una partecipazione secondaria all’omicidio, come spalla operativa solo nel trasportare e occultare il cadavere. Il teatro che mette in scena, nell’astrattezza di ciò che si legge nelle carte, dove è cancellato l’orrore del crimine, può apparire persino divertente nelle stravaganze delle sue affermazioni. Ci sarà un momento in cui improvviserà una rappresentazione persino nobile, nel tentativo di difendere il fratello, oltre che se stesso. Questo bugiardo inafferrabile e impenitente farà intravedere la possibilità che la «diabolica bionda» avesse organizzato tutto così bene per disfarsi in un solo colpo del marito e dell’antico amante: il piano satanico era quello di rifarsi una vita del tutto nuova, tranquilla e agiata, con l’odontotecnico torinese, l’uomo nuovo nella sua vita disordinata. Ma di ciò parlano solo i giornali. Viene da chiedersi quale motivo abbia spinto quest’uomo pasticcione a chiacchierare, a mettere in scena un teatro di «verità» parziali e di palesi «menzogne» che ha finito con il disorientare non solo i giudici ma anche i giornalisti. Non può essere soltanto un’improvvisa smania di farsi protagonista, di uscire – una volta tanto – dall’anonimato di bandito di seconda fila, per tenere in scacco tutti. Che si sia liberata in lui un’invidia repressa per il fratello che gli doveva apparire onnipotente? Oppure il mettersi al centro della scena fu determinato da una forma di gelosia latente per la bella Franca da sempre segretamente amata, senza la possibilità di farla sua, tanto da vendicarsi intrappolandola in questa storia torbida?