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 2008  marzo 16 Domenica calendario

Così il partito dei militari sta scalzando i mullah. Corriere della Sera 16 marzo 2008. TEHERAN – Il gioco delle percentuali e dei seggi non lo appassiona

Così il partito dei militari sta scalzando i mullah. Corriere della Sera 16 marzo 2008. TEHERAN – Il gioco delle percentuali e dei seggi non lo appassiona. «Settanta o cento riformisti in Parlamento contano poco. I protagonisti oggi sono altri. L’Iran sta andando verso una nuova nomenklatura: non più clericale, ma finanziario- militare». Said Leilaz, ex manager di Stato, politico del campo riformista, ha sempre parlato con la chiarezza possibile in un regime striato dal silenzio. «E’ un argomento troppo scottante per parlarne » dice come per convincersi a tacere, ma poi, come spesso succede in Iran, esce quel che deve uscire. «I militari diventano giorno dopo giorno più forti nella società, nell’economia, nella burocrazia. Per questo sono ansiosi di guadagnare peso anche in politica. Con noi riformisti ai margini della scena, il potere è conteso tra due gruppi che si definiscono entrambi "conservatori", ma che in realtà sono religiosi e militari. Da una parte i clerici delle moschee, delle scuole coraniche, delle associazioni caritatevoli, dall’altra quei giovani che combatterono la guerra con l’Iraq e che adesso, diventati adulti, sgomitano con i mullah ». Un’interferenza simile a quelle dei militari in Pakistan o Turchia? «La struttura del potere iraniana è più complessa: nessuno ha potere esclusivo, ma solo attraverso alleanze, anche solo momentanee. Penso che il punto d’arrivo assomiglierà all’oligarchia finanziario- militare che comanda a Mosca». Sopra tutti, però, c’è la Guida Suprema, Alì Khamenei. «Khamenei è l’ago della bilancia. Temeva i riformisti. Perciò ci è stato impedito di presentarci alle elezioni. Ora dovrà gestire la sfida tra militari e clerici». In questo quadro, dove colloca il presidente Ahmadinejad e i suoi rivali conservatori Larijani o Qalibaf? «Sono solo pedine. Basta una parola perché scompaiano. Chi rappresentano? I clerici? I militari? I tecnocrati? I bazarì, i commercianti? Questi neo-conservatori sono pupazzi da offrire ai mass media». Che effetto hanno le sanzioni economiche su questa lotta? «Le sanzioni sono uno regalo del presidente George Bush ai radicali. Permettono loro di giustificare il fiasco economico e la repressione interna. Che male possono fare delle sanzioni ad un Paese che incassa 12 milioni di petrodollari all’ ora, 300 al giorno, in tutto 100 miliardi da qui al 2009? Di qualunque cosa il governo avrà bisogno troverà qualcuno disposto a venderglielo. Al doppio, al triplo del prezzo. Ma che importa? I soldi ci sono. Il vero nemico non sono le sanzioni, ma gli stessi petrodollari. Le nostre imprese non riescono a competere con i prodotti stranieri. Dieci anni fa importavamo beni per 12 miliardi di dollari, oggi siamo a 60 miliardi». La maledizione del petrolio: tanti soldi nessun sviluppo. «E niente democrazia. Il prossimo anno solo il 10 per cento del bilancio statale arriverà dalle tasse, il resto uscirà dai pozzi petroliferi. Quando un governo non ha bisogno dei cittadini per mantenersi non deve neppure concedere libertà. In Arabia Saudita, in Kuwait, negli Emirati è così. Ovunque sorga insoddisfazione arriva una cascata di dollari e tutto si tacita. L’Iran spende 70 miliardi di dollari l’anno in sussidi: pane, case, benzina. Vuol dire mille dollari a persona. In Africa pochi hanno un tale Pil pro capite. Ma qual è il risultato di tanto denaro? Inflazione, minor crescita, povertà». Andrea Nicastro