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 2008  marzo 17 Lunedì calendario

GARAVOGLIA Luca

GARAVOGLIA Luca Milano 27 febbraio 1969. Industriale. Presidente della Campari. Affiancato dalla madre Anna Rosa Magno e dalla sorella Alessandra è coinvolto in una battaglia legale con l’altra sorella Maddalena: «[...] La storia ha inizio nel ”92, quando Domenico Garavoglia muore. L’uomo che aveva fatto grande la Campari – storia ultracentenaria, simbolo dell’aperitivo in tutto il mondo – lascia l’azienda di famiglia ai tre figli. Luca, unico maschio, ha poco più di vent’anni, pochi per avere un ruolo di primo piano, ma è lui che Domenico sceglie per la guida del gruppo. E infatti, lo indica come titolare di una quota leggermente più alta nella finanziaria che controlla Campari; alle sorelle Maddalena e Alessandra intesta quote uguali tra loro e tali da compensare patrimonialmente la preferenza gestionale attribuita a Luca. Ma Domenico Garavoglia attribuisce alla moglie un corposo usufrutto (il 48,5% del gruppo) e il 2% di proprietà in ogni società dell’articolato mondo delle holding Campari. Il gioco dei pesi è tale da fare di Rosa Ragno l’ago della bilancia della gestione della Campari. I tre fratelli all’epoca vanno d’accordo, al punto che un anno dopo, nel ”93, stipulano un patto, che in sostanza prevede garanzie per tutti, anche per le sorelle, che dovrebbero scattare alla morte della madre, quando Luca diventa capo azienda a tutti gli effetti. Da lì a poco parte la dolorosa telenovela, che vede moltiplicarsi (e spostarsi all’estero) il numero delle scatole e fiduciarie in cui viene spezzettato il controllo della Campari e, in parallelo, il progressivo deteriorarsi dei rapporti tra Maddalena e il resto della famiglia. Il lungo carteggio tra i due rami della famiglia la dice lunga: Maddalena chiede a più riprese che le venga spiegato dove è andato a finire il suo pacchetto di azioni; i familiari rispondono picche. La madre aggiunge: ”Se le mie parole di assicurazione non ti sono sufficienti, non saprei proprio cos’altro fare, perché la fiducia c’è o non c’è”. Di fatto, i pacchetti di controllo sulla Campari erano stati variamente riorganizzati (con la firma di Maddalena, ma senza la sua piena consapevolezza, secondo la tesi accettata dal tribunale di primo grado) e la primogenita di Domenico non sapeva più dove rintracciarli; salvo poi verificare che le sue azioni ora potevano essere movimentate solo congiuntamente alla madre (che al contrario poteva agire anche da sola). Siamo ormai arrivati al ”96. Le due parti sono ormai ai ferri corti. Maddalena si dà da fare per riacquistare il pieno e diretto controllo delle sue quote e per far questo si indebita. La convivenza, anche societaria, oramai è impossibile e Maddalena cerca di vendere le sue quote ai fratelli, ma la valorizzazione (intorno ai 50 miliardi di lire) non la soddisfa. Nel marzo del 2000 la situazione precipita: chi l’aveva finanziata chiede il rientro delle posizioni, contemporaneamente la famiglia vara l’aumento di capitale (da 200 milioni e 50,2 miliardi di lire) incriminato. A quel punto Maddalena passa la mano e vende a Ubs: il passaggio avviene in più rate, ma alla fine la Garavoglia incassa 180 miliardi per il suo 30% circa. Ubs gira un corposo pacchetto al resto della famiglia e, nel 2001, grazie alla quotazione, vende la quota rimanente. Con plusvalenza» (Vittoria Puledda, ”la Repubblica” 4/10/2006) • Nell’ottobre 2006 Maddalena vinse la causa civle intentata contro madre e fratelli: il tribunale di Milano le assegnò 100 milioni di risarcimento danni: secondo i giudici era stata buttata fuori ricorrendo al più classico degli espedienti: un aumento di capitale monstre – nel 2000 – che secondo l’accusa aveva l’obiettivo principale di diluire fino a rendere irrilevante la sua partecipazione (e che raggiunto l’obiettivo fu annullato).