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 2008  marzo 17 Lunedì calendario

MONCADA Ignazio

MONCADA Ignazio Palermo 4 giugno 1932. Pittore. «[…] un pittore siciliano che vive da più di trent’anni a Milano: un’artista di grandi qualità coloristiche che vanno ad ondate cicliche come i suoi grandi furori con i quali ogni tanto maltratta amici e nemici. E qualche volta, periodicamente, anche la Sicilia accusata di non cambiare mai nel favorire il peggio e nel respingere il meglio. Ignazio è ceramista e pittore, dipinge raramente fuori del suo studio di Milano mentre si dedica alle maioliche ad Albissola, paese marino della Liguria, dove quest’arte abbastanza dimenticata o ridotta ad una produzione così bassamente turistica da dare la nausea, trova ancora collezionisti e amatori, artisti stanziali di un certo livello che prestano i loro colori e i loro forni a quelli che vengono da fuori. Chiunque arrivi per la prima volta in questo paese, avverte subito che l’interesse per il suo lavoro, qualsiasi cosa possa esprimere, è genuino. E tutto o quasi tutto quello che gli artisti producono, prima o poi finisce in mattonelle di maiolica che vanno a pavimentare una delle più lunghe e ariose passeggiate a mare d’Italia. Alla quale hanno lavorato decine di pittori, tra cui Lucio Fontana, al tempo in cui era figurativo e inventava quegli splendidi busti femminili in mosaico. Prendendo spesso il treno che da Milano porta ad Albissola Ignazio aveva notato che poco prima della Spezia, appena lasciato il confine con la Toscana, negli scompartimenti avveniva un’impressionante mutazione antropologica che rendeva il treno, fino a quel momento affollato di pendolari, non proprio sprizzi e sprazzi, un carrozzone dove ci recitava una colorita vucumprà- session (termine detestato da Moncada) con i wolof senegalesi di Dakar che tiravano fuori le calze e battevano il ritmo sulle ginocchia e i peuls che cantavano le nenie dei pescatori bozo del Niger. La scena cambiava in continuazione perché i vucumprà scendevano e salivano in ogni stazione ligure senza avere una meta precisa se non quella di andare a zonzo fino a quando avessero terminato la merce. In questo saliscendi frenetico agli africani era sempre mancato un luogo d’incontro stabile dove la loro mobilità estrema poteva trovare un’attimo di riposo e di relax. stato a questo punto che Moncada si è fatto avanti e ha proposto di costruire sul lungomare una panchina a forma di piazza o una piazza a forma di panchina istoriata di segni tribali e con i suoi colori ricordasse agli africani i loro colori. [...] la panchina, lunga più di cinquanta metri è diventata un punto di ritrovo non solo per gli africani ma anche per chi ama l’esotico fatto in casa o più semplicemente per chi vuole passare una mezz’ora con i ritmi blues africani. I segni di cui è istoriata non sono africani, forse ricordano di più le colorazioni su sabbia degli aborigeni australiani ma la panchina etnica è stato un tale successo che a Moncada sono arrivate le telefonate di numerosi comuni pronti a riprendere l’idea ingigantita a livello esponenziale. E gli amici quando incontrano Ignazio gli si parano scherzosamente davanti urlando un vecchio slogan della sinistra estrema: ”Dieci, cento, mille panchine per il compagno Moncada”» (Stefano Malatesta, ”la Repubblica” 17/3/2008).