Varie, 17 marzo 2008
CORRIERE DELLA SERA, 17/3/2008
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
WASHINGTON – Con una nuova mossa a sorpresa tesa a dare altro ossigeno alla crisi creditizia, la Federal Reserve ha approvato ieri pomeriggio il taglio di un quarto di punto del tasso applicato ai prestiti a breve alle istituzioni finanziarie, portandolo da 3,50 a 3,25. La decisione, si legge nel comunicato della banca centrale americana, «punta ad aumentare la liquidità dei mercati e promuovere il loro funzionamento ordinato, condizioni essenziali per la promozione della crescita economica ».
La Fed ha anche annunciato la creazione di un nuovo sportello, per erogare prestiti a breve alle grandi banche d’investimento. La nuova linea di credito sarà operativa già da stamane, sarà in vigore per almeno sei mesi, ma non è escluso che possa durare anche più a lungo.
La decisione conferma ulteriormente la svolta aggressiva e interventista scelta da Ben Bernanke, il presidente della Federal Reserve, di fronte al progressivo avvitamento dell’economia degli Stati Uniti verso la recessione, ma soprattutto di fronte alle scosse sistemiche segnalate dalla crisi di liquidità nella quale versano diverse banche.
Nel pacchetto deciso ieri, c’è infatti anche il via libero della Fed all’acquisto di Bear Stearns, quinta banca d’investimento degli Usa e una delle più antiche istituzioni di Wall Street, da parte di JP Morgan Chase, un accordo valutato intorno ai 236,2 milioni di dollari. JP Morgan pagherà 2 dollari ad azione.
l’atteso corollario all’operazione di salvataggio, che la scorsa settimana ha di fatto evitato il fallimento di Bear Stearns, messa in ginocchio dalla crisi dei mutui immobi-liari, grazie a un’iniezione di 30 miliardi di dollari decisa dalla Fed, tramite JP Morgan Chase. «Lo scorso venerdì – ha commentato Bernanke – avevo detto che saremo pronti a far fronte alle sfide e oggi sono soddisfatto degli sviluppi: apprezzo molto le azioni decise questa sera dalla Fed per migliorare la stabilità, la liquidità e l’ordinato funzionamento dei mercati».
Le mosse della Federal Reserve sembrano convergere con gli annunci del governo americ ano, ormai pronto ad accettare la realtà di un’economia in drammatico rallentamento. Ieri il segretario al Tesoro, Henry Paulson, ha detto che Washington farà «tutto ciò che sarà necessario » a calmare i mercati e «mantenere la stabilità del sistema finanziario americano». Paulson ha detto che «un dollaro forte è nell’interesse nazionale degli Usa» ma ha ripetuto, come il presidente Bush la scorsa settimana, che «i fondamentali della nostra economia sono forti».
P. Val.
Alla guida Ben Bernanke
Non è vero che Bear Stearns, ora in crisi, è la maggiore banca americana o la maggiore banca di investimento operante negli Stati Uniti. E’ la quinta fra le investment bank statunitensi, che non sono vere banche, per la legge bancaria, ma intermediari finanziari non regolamentati. Semmai è la prima per arroganza, in quanto il suo capo, Jimmy Caine, ha sempre disprezzato i principi che gli altri seguivano. E lui, sentendosi il più bravo, se ne stava fuori dal coro. Così, quando entrò in crisi di liquidità l’hedge fund Long Term Capital Management, egli rifiutò di far partecipare Bear Stearns al gruppo che la Federal Reserve aveva sponsorizzato per evitarne il fallimento. Secondo il duro Jimmy Caine, celebre anche come giocatore di bridge, chi sbaglia deve pagare. La regola del gioco, sacra nel bridge, doveva valere anche per chi investe male. Come adesso è capitato a Bear Stearns, che ha investito in Carlyle Capital, che ha comperato troppi mutui immobiliari subprime, e facendo il broker nel mercato dei mutui immobiliari ha colto l’occasione per aggiungere a questi mutui anche altri mutui propri. La regola del bridge qui non vale e Bear Stearns è stata umiliata da un intervento di emergenza della Fed con l’aiuto di Morgan Chase. Proprio loro, quelli di cui aveva rifiutato l’appello, gli hanno teso la mano, come a un naufrago affaticato che rischia di affogare.
Ma non è neanche vero che questa crisi fosse imprevista. Bear Sterns, nata all’inizio degli anni Venti come broker di Borsa, aveva da tempo la nomea di cavallo zoppo, che spara calci per restare in gara. Quando a luglio si è saputo che era impataccata nei subprime, la cosa non ha destato sorpresa. Mentre la sua attività tradizionale di broker su titoli ristagnava assieme a quella di gestione di portafogli, i suoi investimenti in mutui immobiliari si erano ampliati in modo azzardato. Caine però magnificava la liquidità e di Bear Stearns e rifiutava gli interventi di banche. I più addentro, scuotevano la testa, ma alcuni a Caine credevano, anche perché lui aveva il 5,9 per cento di Bear Stearns e rischiava dunque in proprio il miliardo di dollari che possedeva. Così il miliardario inglese Joe Lewis, con sede operativa alle Bermuda, ha acquistato in settembre una quota del 7 per cento aumentandola all’8 in dicembre. La Federal Reserve aveva approntato, presso il suo sportello ordinario, un fondo di 200 miliardi di dollari, a cui possono accedere sia le banche sia gli operatori su obbligazioni, per ricevere denaro a due mesi in cambio di titoli nel proprio portafoglio, compresi i mutui immobiliari. Caine ci sperava. Ma le aste si fanno solo ogni due mesi, la prossima è il 27 marzo. Lunedì Carlyle capital, in cui lui aveva molto investito, ha dichiarato che non poteva far fronte agli impegni. Bear Stearns finanzia i suoi prestiti rischiosi a lungo termine con denaro a breve a costo basso delle banche, per lucrare sulla differenza. Ma le banche, saputo dell’inghippo in Carlyle Capital, hanno chiesto indietro i denari a breve. Il presidente della Fed, Ben Bernanke, che aspettava Bear Stearns allo sportello dello sconto, ha applicato l’articolo 13 comma 3 dello statuto della Banca centrale, che autorizza a impiegare eccezionalmente lo sportello ordinario, che riguarda le banche, anche con le società di natura non bancaria. Il soggetto a cui essa ha prestato il denaro per Bear Stearns è Morgan Chase, istituto bancario che a sua volta prende da Bear Stearns i titoli da dare allo sconto alla Fed e passa denaro a Bear, con un proprio prestito, garantito dai titoli scontati. Ora può rilevare questa banca d’affari per poco, tenendo per sé o rivendendo i rami sani di gestione di portafogli e di brokeraggio. La ragione dell’intervento ”instant” di Bernanke non è la dimensione dell’eventuale crack di Bear Stearns, ma l’intreccio di rapporti non noti che essa ha con altri operatori: potrebbero generare conseguenze negative imprevedibili, in una situazione psicologica resa nervosa dalla mancanza di trasparenza delle architetture gotiche e ostrogote di questi intermediari finanziari non regolamentati. La deroga all’applicazione dello sportello dello sconto a un soggetto non bancario non è poi così grossa come sembra perché a ben guardare il vero contraente è Morgan Chase. La deroga sta nel fatto che, a prescindere dal tipo di sportelli, la Fed si prende a carico mutui immobiliari di incerto valore. E’ un’eresia a cui è costretta perché quella degli Stati Uniti non è una crisi (o recessione) come le altre. Non riguarda eccessi di investimenti industriali finanziati dal sistema bancario ma eccessi di investimenti di miriadi di famiglie nella casa, finanziati con architetture intricate di ”new finance” da banche di investimento non regolamentate. Man mano che la crisi di nuovo conio si verifica, si scoprono cose nuove.
IL FOGLIO 16/3/2008
Ironia della sorte
L’ex professore di Economia monetaria Ben Bernanke conosce bene che cosa deve fare una banca centrale in tali casi perché scrisse pure un saggio sulle tecniche di intervento in casi anomali. Ma la realtà supera spesso la teoria. Ironia del destino: il capo di Morgan Chase è James Dimon, che aveva perso il posto di presidente di City Group perché non voleva rischiare con eccessive espansioni. Era poi passato a dirigere Bank One, una banca di provincia comprata da Morgan Chase nel 2004. Ed è diventato capo di Morgan Chase nel 2005, quando ha raffreddato gli entusiasmi dicendo, di nuovo, che lui non voleva rischiare con eccessivi impieghi rischiosi. Morgan Chase così oggi è credibile oltreché sana. Il banchiere saggio si prende la banca di quello avventato. Non è una regola del bridge, ma del mercato. Chi perde sparisce. E il professor Bernanke la applica.
Francesco Forte