varie, 16 marzo 2008
MORGERA Fabio
MORGERA Fabio Napoli 24 aprile 1963. Trombettista. «[…] Nel 1993 [...] sostituì nel gruppo jazz newyorkese dei Good Fellas il celebre Philip Harper, ex pupillo di Art Blakey. Da tre anni Morgera era nella metropoli americana, dopo aver soggiornato qualche tempo in California. In Italia si era già fatto notare: nel 1982, diciannovenne, era entrato nel gruppo di Giorgio Gaslini. ”Mi reputavo fortunato a suonare con lui – ricorda ”, ma quando frequentai i seminari strumentali a Umbria Jazz mi venne una voglia matta di andare a studiare laggiù. In California ho seguito l’ottima scuola dell’arrangiatore Dick Grove e ho suonato con il grande batterista Billy Higgins, così la voglia è aumentata...”. A vederla con il senno di poi, i Good Fellas con il loro hard bop giovanile erano solo un laboratorio per le idee di Morgera. Da tempo questo musicista nato a Napoli e cresciuto a Firenze ha sviluppato un sofisticato intreccio tra suoni acustici ed elettronici [...] ”Mi sembra normale spaziare tra sonorità acustiche ed elettriche. D’altronde usiamo l’elettricità fin da quando è stato inventato il microfono! Semmai si può essere più o meno propensi ad un accompagnamento funky, ma è l’abilità degli accompagnatori che determina la qualità jazzistica della musica, non il ”feel’ ritmico”. Morgera ha due diversi gruppi, con i quali si è fatto ascoltare anche in Italia: ”Turbulence, elettrico e dissonante, con Dario Cecchini, Michele Papadia e Davide Pettirossi a sax, organo e batteria; e Need For Peace, con il vibrafonista greco- newyorkese Christos Rafalides ed il bassista Gianluca Renzi [...] Collaboro poi con il cantante e chitarrista Antonio Barbagallo, uno dei tanti italiani di talento domiciliati a New York, e con varie formazioni: la Nublu Orchestra diretta da Butch Morris e il Groove Collective, attivo da quindici anni e nominato per un Grammy nel 2007”. La storia del trombettista è segnata da una tragedia: a tre anni perdette in un incidente la mano sinistra, ma con grande forza di volontà è riuscito a dedicarsi alla musica. Che cosa può dire a chi soffre di qualche handicap? ”Il poeta Kahlil Gibran dice: ”A un grande dolore segue una gioia altrettanto grande’. Trovo importante mandare sempre un segnale di speranza a chiunque si senta inferiore a causa di una menomazione. Di buono c’è che i neri americani non mi considerano il tipico bianco privilegiato. Io sono passato dalla vergogna alla tristezza, dalla rabbia all’indifferenza fino all’autostima e all’orgoglio di essere un jazzista portatore di handicap come tanti grandi, da Art Tatum a Roland Kirk. Un consiglio pratico? Il reggitromba inventato dal trombettista Matt Shulman, lo ShulmanSystem. Ma è importante inventarsi soluzioni sempre nuove per sopperire all’handicap”» (Claudio Sessa, ”Corriere della Sera” 16/3/2008).