La Repubblica 28/01/2008, pag.27 CARLO PETRINI, 28 gennaio 2008
I PREDATORI DELLA NATURA
La Repubblica 28 gennaio 2008. Ogni giorno che passa diventa sempre più evidente che le pratiche agricole di tipo industriale, la trasformazione degli alimenti, il loro confezionamento, la distruzione su lunghe distanze, sono una delle cause principali della distruzione degli ecosistemi e del caos climatico. come un gatto che si morde la coda poiché il cambiamento della temperatura e delle precipitazioni si ripercuoterà sull´agricoltura con imponenti mutamenti delle coltivazioni. L´autorevole allarme che proviene dal paese del fast food, dove il consumo di carne pro capite è tra i più alti del mondo non è una novità; nel 1992 Jeremy Rifkin nel saggio Beyond Beef denunciava con estrema lucidità l´insostenibilità di un eccessivo consumo di carne e collegava in maniera profetica la salvezza del pianeta con il cambiamento dei nostri comportamenti alimentari. Certo i combustibili fossili sono i principali responsabili delle emissioni di gas serra ma, immediatamente dopo, arrivano le emissioni prodotte dall´allevamento del bestiame e dalle coltivazioni agricole. Quello che sta avvenendo in molte parti del pianeta per riconvertire in terreni agricoli, per la produzione di cereali come alimenti del bestiame, con enormi estensioni di foreste tropicali è un vero e proprio crimine ambientale. Incendi di vaste dimensioni inceneriscono biomasse che da tempo immemorabile ricoprivano i suoli e contribuiscono a rilasciare carbonio organico. Si fa un gran parlare di approccio sistemico per salvare la terra ma in realtà di sistemico c´è solo un tipo di produzione che implementa gli effetti negativi. La crescente domanda di carne rafforza gli allevamenti intensivi di bovini suini e polli in grandi stalle con un´alimentazione ricca di proteine. Si calcola che oltre il 20 per cento delle emissioni di metano sono provocate da pratiche agricole collegate a questo tipo di allevamento.
Le grandi concentrazioni di bestiame in zone delimitate e la concentrazione dei macelli (i primi cinque macelli negli Usa servono l´80 per cento del mercato) generano enormi problemi per l´ambiente circostante. Ma la vera novità è l´avanzare impetuoso delle nuove economie emergenti che rivendicano le nostre pratiche alimentari. Se la domanda di carne di queste popolazioni dovesse essere pari a quella dell´Unione Europea e degli Stati Uniti lo spazio agricolo per garantire le necessarie produzioni sarebbe ampiamente insufficiente. Si avvicina il tempo in cui si dovrà pagare il dazio di tanto sperpero e fare di necessità virtù? Forse le cose non stanno in questo modo, forse gli attuali consumi eccessivi di carne sono alla base di tante nostre patologie e moderarne i consumi significa perseguire salute e non mortificazione. Mangiare meno carne, sostenere l´agricoltura locale, cibi di stagione, privilegiare cibi con poco imballaggio, acqua del rubinetto quand´è buona, piccoli comportamenti virtuosi in grado di condizionare la produzione.
Questo rapporto predatorio dell´agricoltura rispetto alla natura deve finire, sta distruggendo in modo sistematico le economie rurali, la fertilità dei suoli, le falde acquifere, il paesaggio, i corsi d´acqua. Mai come in questo particolare momento le nostre scelte alimentari sono importanti e decisive. Non è più possibile trattare l´agricoltura come una qualsiasi attività economica. La tutela dei beni comuni, la capacità di rigenerare la fertilità della terra, l´equità dei rapporti commerciali potranno garantire quel diritto al cibo necessario al metabolismo nostro e del nostro pianeta.
CARLO PETRINI