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 2007  novembre 13 Martedì calendario

MARIO CALABRESI

NEW YORK
Dal nostro corrispondente
L´appuntamento è per questa mattina alle 11 e 45 di fronte al Campidoglio dello Stato della Georgia ad Atlanta.
Sacerdoti, rabbini, muftì, esponenti di tutte le religioni e le fedi si troveranno insieme per pregare di fronte alla cupola del Parlamento locale. Chiederanno a Dio, a ogni divinità, una sola cosa: la pioggia. Dopo sedici mesi di siccità e alla fine dell´anno più asciutto, da quando nel 1894 cominciarono a registrare le precipitazioni, ci si affida alla clemenza del cielo per scongiurare il disastro totale: la fine dell´acqua corrente in una delle più grandi città d´America.
Li ha convocati il governatore repubblicano Sonny Perdue, figlio di un pastore battista e fortemente sostenuto dalla destra evangelica, che ha avuto l´idea sulla strada del ritorno da Washington la scorsa settimana. Sconfortato dai risultati di una serie di riunioni con le autorità federali si è arreso: «Alla base di tutti i nostri problemi c´è la mancanza di pioggia e non c´è nulla che il governo possa fare, la richiesta non può esser fatta a Washington ma va indirizzata a qualcuno che sta più in alto». E così ha chiamato a raccolta tutti i leader spirituali, riscoprendo però anche una delle più antiche tradizioni di quest´area: la danza della pioggia dei nativi americani. I Cherokee, la tribù indiana del sud-est degli Stati Uniti, usavano la danza non solo per portare l´acqua ma anche per ripulire la terra dagli spiriti cattivi. La pioggia in questo caso potrebbe placare le liti furiose che da mesi contrappongono la Georgia ad Alabama e Florida per l´utilizzo dei residui bacini d´acqua potabile.
Si corre ai ripari come si può, prima che sia troppo tardi, e se la preghiera e le tradizioni possono aiutare, siano le benvenute.
Le autorità di Atlanta, la città della Coca Cola e della Cnn, hanno annunciato che se non tornerà la pioggia e non sarà abbondante a gennaio la città resterà senza acqua.
Quando si parla di cambiamento climatico la prima cosa che viene in mente è lo scioglimento dei ghiacci e l´innalzamento degli Oceani, questa è la preoccupazione principale: le immagini degli orsi bianchi alla deriva, i passaggi aperti nel mare artico, le isole del Pacifico sommerse dall´acqua. Ma oggi gli americani stanno sperimentando un´effetto più immediato del riscaldamento del pianeta: la siccità. Incendi, mancanza d´acqua, fiumi prosciugati sono da mesi la prima preoccupazione di California, Arizona, Alabama, Georgia e Tennessee.
La diminuzione delle piogge e della portata dei fiumi, la crescita delle temperature e della popolazione, sono un fenomeno chiarissimo in tutto il sud degli Stati Uniti, da Est a Ovest. Lo US Government Accountability Office ha messo in guardia sul fatto che almeno 36 Stati si troveranno ad affrontare «catastrofiche mancanze d´acqua nei prossimi cinque anni».
Il New York Times ha dedicato all´allarme la storia di copertina del suo magazine settimanale due domeniche fa: le foto di laghi completamente inariditi con le barche in secca erano impressionanti, ricordavano le immagini del disastro ambientale del lago D´Aral, il titolo era "La siccità perfetta". Nella lunga inchiesta, Steven Chu, premio Nobel per la Fisica nel 1997 e direttore del Berkeley Lab in California, una struttura fondata più di settant´anni fa dove si studiano nuovi sistemi energetici e ambientali, non mostrava dubbi sulla gravità della situazione: «La diminuzione dei nevai e dell´acqua dolce è un problema molto più serio del lento innalzamento dei mari: secondo i più ottimistici modelli di previsione nella seconda metà del secolo tra il 30 e il 70 per cento dei nevai e dei ghiacciai americani saranno scomparsi».
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti: quest´estate il Colorado River, che nasce in gran parte per lo scioglimento delle nevi delle Montagne Rocciose, ha avuto una catastrofica riduzione della sua portata ed è sceso al livello più basso da quando hanno cominciato a misurarlo ottantacinque anni fa. Trenta milioni di persone dipendono dalle sue acque, viene sfruttato in maniera intensiva per l´irrigazione e dall´industria ed è ormai allo stremo: non riesce più a sfociare in mare, si secca 50 chilometri prima della sua foce naturale. E tra gli Stati che attraversa, tra le città, tra agricoltori e industrali e tra riserve indiane e Stato federale è ormai una guerra continua, ognuno accusa l´altro di essere il colpevole della secca e la situazione, anche economicamente sta diventando insostenibile. Un rapporto della National Academies sul bacino del Colorado ha sottolineato come la somma di più fattori: la diminuzione delle riserve e degli approvvigionamenti, la domanda crescente dovuta al boom delle città del sud-ovest americano, le temperature crescenti e la prospettiva di ripetute e cicliche siccità «aumenteranno le possibilità di conflitto» tra tutti i soggetti che vivono grazie al fiume. Lake Mead, la gigantesca riserva d´acqua sul confine tra Arizona e Nevada, dove il Colorado arriva dopo aver continuato il suo millenario lavoro di scavo del Grand Canyon, è vuoto per metà e il dato allarmante è che tutta l´acqua potabile di Las Vegas arriva da qui. E nelle stesse condizioni è Lake Powell in Utah, uno dei luoghi più scenografici e affascinanti degli Stati Uniti, per farlo tornare alla normalità ci vorrebbero vent´anni di piogge regolari.
La situazione si è resa ancora più visibile con gli incendi della California delle scorse settimane, la sola Los Angeles quest´anno ha avuto 150 giorni senza pioggia e in tutto il sud dello Stato è stato segnato il record più basso delle precipitazioni.
Richard Seager, professore a Columbia University che ha pubblicato uno studio su quest´area la scorsa primavera, ha affermato: «Non si può più parlare di siccità, perché stiamo andando oltre, siamo ad un cambiamento climatico. Nessuno dice che nel deserto del Sahara c´è la siccità. «.
Oggi si prova con la preghiera. Ma al governatore Perdue è rimasto ancora un briciolo di buon umore. Nell´annunciare l´iniziativa ha spiegato che si terrà all´aperto: «In caso di pioggia però non vi preoccupate, ci sposteremo al coperto».