Antonia Jacchia, Corriere della Sera 13/11/2007, 13 novembre 2007
MILANO
Per gli occhiali di Leonardo Del Vecchio la nuova America parla cinese. Dopo anni di acquisizioni e crescita negli Stati Uniti, ora Luxottica punta sul Dragone. E dopo 10 anni «di scuola» con due impianti di produzione a Dongguan nella regione del Guangdong (nel Sud della Cina), il gruppo milanese ha celebrato la decade lanciando obiettivi più che ambiziosi: dai 75 milioni di fatturato attuali una stima di 100 milioni per il 2008 e l’apertura di mille negozi nei prossimi cinque anni (266 a oggi). «Siamo in Cina per investirci, per rimanerci, per crescere» ha detto Andrea Guerra, l’amministratore delegato di Luxottica in occasione delle celebrazioni, tra i giovani dipendenti vestiti di rosso, danza del leone e coriandoli sparati da cannoni dorati. «I primi dieci anni sono stati una scuola, ora qui vogliamo espanderci, avere radici profonde, vogliamo sentirci a casa perché è un grande Paese con grandissime opportunità e noi dobbiamo giocarcele tutte».
Il mercato cinese rimane ancora piccolo, ha le dimensioni di quello spagnolo ma per Luxottica rappresenta una crescita a ritmi del 15-20% all’anno. Dagli inizi del 2006 a oggi sono state fatte quattro acquisizioni di catene retail, la maggior parte di negozi sono integrati sotto il marchio LensCrafters (la griffe del lusso che spopola negli States). «I negozi già guadagnano, l’azienda ancora no perché facciamo tanta pubblicità, nel 2008 contiamo di raggiungere il breakeven», ha spiegato Guerra. Non senza l’impiego costante di risorse. Negli ultimi tre anni Luxottica ha investito 100 milioni tra produzione e acquisto di negozi e conta di investire altri 15 milioni all’anno nei prossimi tre. Senza abbandonare le radici italiane e la difesa del made in Italy.
«Gli occhiali qui li facciamo come in Italia e non escludo che tra qualche anno li faremo meglio». Secondo Guerra grazie alla competenza degli ingegneri cinesi e alla loro capacità di gestire le innovazioni Dongguan si sta trasformando nello «stabilimento laboratorio» del gruppo, con produzioni via via sempre più complesse. Con i cinque impianti veneti, più quello in Piemonte, i due stabilimenti cinesi sono per Luxottica una marcia in più nella marcia globale verso il mondo. Anche se la competizione globale ha bisogno di regole certe e per questo il numero uno di Luxottica chiede che non vengano indebolite le norme che tutelano la qualità del made in Italy.
«Da parte nostra non abbiamo mai pensato a una delocalizzazione: in questi anni in Italia abbiamo assunto 2.000 persone, e costruito ad Agordo 40 mila metri quadrati di stabilimento ».
Numero uno mondiale nel settore degli occhiali di lusso con un giro d’affari di 5 miliardi di euro e un portafoglio marchi che va da Ray-Ban a Persol e Vogue (senza parlare delle licenze che includono Bulgari, Chanel, Dolce & Gabbana e Ralph Lauren), Luxottica investe nella Terra di Mezzo pensando non solo alla produzione ma anche a un mercato che nei prossimi dieci anni diventerà per l’occhialeria uno dei tre più importanti al mondo, che cresce a un ritmo accelerato e dove ha già posizionato i suoi negozi nelle tre città più grandi: Pechino, Shangai e Hong Kong, oltre che a Canton.
Dai due impianti Tristar (è questo il nome della Luxottica cinese) escono 10 milioni di occhiali all’anno, in gran parte esportati in tutto il mondo. Per l’azienda fondata da Del Vecchio ad Agordo, diventa il terzo polo di produzione dopo quelli del Veneto e del Piemonte che realizza il 25% del totale della fabbricazione. Dei 55 mila dipendenti in tutto il mondo, 8.000 sono italiani, 6.000 cinesi: di cui 4.600 vivono e lavorano a Dongguan e 1.300 sono il personale addetto alla vendita nei 266 negozi. Per il salto di qualità negli occhiali da sole (il mercato cinese è per il 98% delle lenti da vista) Luxottica punta sulle Olimpiadi sfruttando l’immagine sportiva degli occhiali della sua ultima acquisizione, l’americana Oakley.