Salvatore Vassallo, Corriere della Sera 12/11/2007, 12 novembre 2007
Sulla base dell’esperienza, oggi sappiamo che il maggioritario secco e il premio di maggioranza spingono, almeno nella situazione attuale del nostro sistema politico, a formare cartelli elettorali «raccatta-tutto», privi di una seria coesione programmatica, che sovrastimano il peso dei micro-partiti e cominciano a scollarsi il giorno dopo il voto
Sulla base dell’esperienza, oggi sappiamo che il maggioritario secco e il premio di maggioranza spingono, almeno nella situazione attuale del nostro sistema politico, a formare cartelli elettorali «raccatta-tutto», privi di una seria coesione programmatica, che sovrastimano il peso dei micro-partiti e cominciano a scollarsi il giorno dopo il voto. C’è chi, facendosi forte di questa evidenza, propone un puro ritorno al proporzionale, con o senza sbarramenti, anche a costo di mettere in crisi il bipolarismo e di attribuire una straordinaria rendita di posizione alle componenti politiche «di centro». Ma non è certo di un ritorno verso la Prima Repubblica che abbiamo bisogno. Abbiamo invece bisogno, come moltissimi chiedono, di un sistema elettorale che consenta agli elettori di giudicare la qualità dei singoli candidati al Parlamento; che riduca la frammentazione, pur garantendo un pluripartitismo moderato; che preservi la dinamica bipolare senza rendere però ineluttabile la formazione di coalizioni pre-elettorali artificiose. La proposta intorno a cui il Pd sta cercando il consenso delle altre forze politiche si sforza di dare corpo a questi principi, nitidamente enunciati da Walter Veltroni nel suo discorso inaugurale all’Assemblea costituente a Milano. Lo fa attingendo in maniera creativa, seppure con una sua interna coerenza, a soluzioni sperimentate in altri grandi Paesi democratici europei. In primo luogo crea, come tutti dicono di volere, una barriera alla frammentazione. Ma non usa la «regola stupida» per cui un partito che prende il 4,99% dei voti su base nazionale – avendo magari il consenso del 25% degli elettori in ampie aree del Paese – non ottiene alcun seggio ed è fuori; uno che prende il 5,01% dei voti ottiene il 5% dei seggi ed è dentro. Il sistema proposto, al contrario, senza stabilire una soglia legale, soprattutto in virtù della dimensione relativamente ridotta delle circoscrizioni, fa in modo che più i partiti sono elettoralmente piccoli, più rischiano di essere sottorappresentati in Parlamento o, nei casi limite, di non essere rappresentati affatto. Allo stesso tempo, più i partiti sono capaci di raccogliere un vasto consenso, contribuendo a stabilizzare il quadro politico complessivo, maggiore è la probabilità che vengano sovrarappresentati. In questo modo il sistema elettorale incentiva, ma non impone, la costruzione di soggetti politici a vocazione maggioritaria, e incardina la competizione bipolare su due grandi partiti tra loro chiaramente antagonisti. In secondo luogo, evita che si passi dalla padella delle liste bloccate alla brace del voto di preferenza, reintroducendo i collegi uninominali, in cui i sostenitori di ciascun partito potranno scegliere i candidati con le primarie. Ciononostante il sistema è, per gli elettori, semplicissimo, in quanto di fatto si chiede loro di esprimere un solo voto, scegliendo tra un numero limitato di candidati ben identificabili per nome, cognome e partito di riferimento. Il progetto in questione è frutto di un attento lavoro collettivo e ha il conforto di studiosi autorevoli, anche politicamente, come Giuliano Amato e Franco Bassanini, ma non è un feticcio. Si intende che si possono forse trovare soluzioni alternative anche più soddisfacenti. ugualmente chiaro, d’altro canto, che la proposta è efficace per rispondere alle esigenze indicate all’inizio nella misura in cui i suoi elementi essenziali rimangono fermi. A costo di apparire troppo rigido – o esoterico, per i non addetti ai lavori’ devo ad esempio precisare che nel sistema proposto è essenziale che il voto espresso dall’elettore sia univoco, che il numero totale dei seggi in palio in ciascuna circoscrizione sia fisso (qualunque sia la distribuzione dei seggi assegnati con metodo maggioritario), che le circoscrizioni non contengano mai più di otto collegi e che vi si assegnino, in media, meno di 14 seggi. Se il negoziato tra i partiti dovesse modificare uno o più di questi elementi, il sistema perderebbe le sue virtù e diventerebbe qualcos’altro. Vorrebbe dire che sono state abbandonate le finalità dichiarate, oppure che per perseguirle si deve passare a una soluzione strutturalmente diversa. L’iniziativa politica di Veltroni appare invece oggi guidata con convinzione da quelle finalità, su cui molti a parole concordano. Proprio per questo ha riaperto i giochi della riforma elettorale e rimesso in moto, dentro e intorno al Pd, posizioni ossificate dall’infruttuosa diatriba tra estimatori di Parigi, Berlino o Madrid.