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 2007  novembre 11 Domenica calendario

Oggi ne esistono oltre 200 mila tipologie e creano danni per 70 miliardi di euro l’anno. CARLA RESCHIA Buon compleanno virus

Oggi ne esistono oltre 200 mila tipologie e creano danni per 70 miliardi di euro l’anno. CARLA RESCHIA Buon compleanno virus. Ventiquattro anni fa oggi, l’11 novembre 1983, uno studente americano, Fred Cohen, durante un corso di sicurezza informatica alla California Southern University, sperimentò il primo virus informatico. Una «scoperta» di dubbio valore per il progresso dell’umanità, che Cohen racconta nel saggio «Experiments with computer viruses». Ma un evento che, nel suo genere, ha segnato una svolta: il malefico software che, a somiglianza di un microorganismo, è in grado, una volta eseguito, di infettare dei file riproducendo copie di se stesso, si è evoluto, si è tenuto al passo con i tempi e le migliorie tecnologiche e oggi è la croce di ogni informatico, l’incubo di ogni utente e la delizia di chi produce l’antidoto. Perché è colpa, e merito anche di Cohen se da quelle minacce ci si può difendere: insieme al virus arrivarono, e si diffusero con pari rapidità, gli antivirus. Tutto ebbe inizio con un programma di grafica chiamato VD, progettato per il mini computer Vax della IBM. Lì, Cohen inserì l’applicativo che, nel giro di 5 minuti, raggiunse e infettò ogni parte del Pc, mandandolo completamente in tilt nel giro di un’ora. Gli esperimenti di Cohen furono il realizzarsi di un profezia, un po’ come per la bomba atomica. Già nel 1972 David Gerrold, noto come autore di alcuni episodi della serie tv Star Trek, aveva scritto un libro di fantascienza di successso, «When H.A.R.L.I.E. was one» (La macchina di D.I.O., in Italia) dove veniva descritto un distruttivo programma per computer chiamato, appunto, VIRUS. (Il termine worm si deve invece allo scrittore inglese John Brunner che lo usò nel 1975 nel romanzo «The shockwave rider», Codice 4GH in Italia). E, proprio come per la bomba atomica, si ritenne che gli esperimenti non dovessero continuare. E invece continuarono. In perfetta consapevolezza, Cohen spiegò, e dimostrò che il software avrebbe tranquillamente potuto creare problemi a qualsiasi sistema operativo. Capì e annunciò che le potenzialità, per così dire, erano enormi e che i virus, «possono diffondersi attraverso le reti informatiche allo stesso modo in cui si diffondono in una singola macchina e rappresentano perciò una tangibile e immediata minaccia per molti degli attuali sistemi». In effetti, oggi gli esperti contano oltre 200 mila tipologie tra virus, spyware, trojan e dialer ma la cifra aumenta di giorno in giorno, con una media di 600-700 nuove minacce al mese. Frutto di una ricerca e di una sperimentazione che si sono via via adeguate ai tempi. Negli Anni ’80 e nei primi ’90 i virus si diffondevano con i floppy disk (Brain, il più noto, made in Pakistan), poi hanno goduto anche loro della diffusione di internet e soprattutto dell’avvento di Microsoft e del sistema operativo Windows, quando sono comparsi i macro virus, in grado di nascondersi deitro ai file di testo scambiati sulle reti interne e di arrivare in dono con la posta elettronica, presentandosi con nomignoli romantici o intriganti come Love Bug o So Big. Le taglie di Bill Gates (500 mila dollari), la disapprovazione sociale e le sanzioni non hanno mai scoraggiato i virus writer, gli hacker e gli spammer che hanno dato seguito e corpo alle profezie e agli esperimenti di Cohen e dei suoi precedessori. Per la cronaca, il primo uomo condannato da un tribunale per aver diffuso un virus da computer è stato, nel 1995, Christopher Pile, alias Black Baron, condannato a 18 mesi di prigione per aver creato i virus Pathogen, Queeg e Smeg.Pathgen. Ma più spesso, guardie e ladri si confondono. Per dire. Nei primi Anni ’90 Fred Cohen ha ideato e sviluppato protocolli di sicurezza per la protezione dei sistemi e dei collegamenti a Internet che sono tuttora in uso su almeno due terzi dei computer. Lui, peraltro, sostiene che è possibile creare Pc e programmi a prova di virus, ma «le aziende non hanno incentivi sufficienti per creare prodotti invulnerabili. Lo farebbero solo se la situazione degenerasse, se la gente proprio dimostrasse di non poterne più». Fin qui, secondo proiezioni della Radicati Group’s, nel 2003 i danni economici causati dai virus informatici sono stati di oltre 26 miliardi di euro, destinati a diventare oltre 70 miliardi nel 2007.