Alessandra Mangiarotti, Corriere della Sera 11/11/2007, 11 novembre 2007
MILANO
Fino a dieci anni fa era la «casa» del centro popolare Gramigna di Padova: guerrieri rivoluzionari e falci&martelli fanno ancora bella mostra di sé sui muri che si affacciano su prati, fabbriche e un campo rom prossimo allo sgombero. Ora quel vecchio casolare potrebbe diventare però il luogo di preghiera degli islamici dell’associazione Rahma: lì il Comune vuole trasferire la moschea di via Anelli, ultimo pezzo del ghetto che non c’è più. «Un’ipotesi », dicono i politici. «Una buona soluzione: pagheranno ristrutturazione e affitto», va oltre qualcuno di loro. Quanto basta per far scattare la controffensiva del popolo leghista padovano, la strategia del maiale, animale impuro per l’Islam: vestita di tutto punto, l’ex sottosegretario all’Istruzione Mariella Mazzetto, con al seguito una decina di militanti del Carroccio, ieri ne ha portato uno al guinzaglio a razzolare nei prati davanti alla futura moschea. Una provocazione che non è andata giù al sindaco, il democratico Flavio Zanonato. Ma che non è neppure piaciuta ai vertici della stessa Lega. Mentre dal portavoce dell’associazione Kalil Bossouni è arrivato un invito: «Vogliamo solo un posto dove pregare, parliamo: le porte della nostra moschea sono aperte ».
lei, l’ex sottosegretario oggi capogruppo del Carroccio in Comune, a spiegare la strategia inaugurata anni fa a Lodi dall’ex ministro Roberto Calderoli e minacciata lo scorso mese a Bologna: «Abbiamo benedetto il territorio dove il sindaco vuole trasferire la moschea ». Come dire: terreno profanato, lì i fedeli dell’Islam non potranno più pregare. «Lì come in qualunque altro posto che verrà indicato – aggiunge – questione di difesa dell’identità italiana. Il nuovo pacchetto sicurezza prevede che per la costruzione di nuove moschee si debba indire un referendum tra i cittadini. E referendum sia».
Quando il democratico Zanonato decise di alzare il muro antispaccio in via Anelli si tirò addosso le critiche di molti dei suoi. La linea dura contro la prostituzione, poi copiata a Verona dal leghista Tosi, gli valse il titolo di Cofferati del Nordest. E il popolo del Carroccio allora giù, ad applaudire. Idillio finito. «In città e provincia vivono almeno 7.000 musulmani, con loro stiamo cercando una convivenza pacifica – dice il sindaco ”. Questi comportamenti non sono degni di Padova e credo che molti padovani provino vergogna ». Ma non solo loro, spera: «Credo che lo stesso provi anche la parte moderata della Lega come Roberto Maroni». E lui, l’ex ministro del Carroccio? «Vergogna no, quella la provo per la donna assassinata da un rom a Roma e per le reazioni degli stessi romani», dice Maroni. «Sia chiaro: il rapporto dei servizi segreti dice che quest’anno è nata una nuova moschea ogni quattro giorni. La battaglia di Padova è giusta nel merito, ma non nel metodo: ci vogliono iniziative che attraggono la simpatia dei cittadini, questa è sbagliata ». Di gesto «aberrante» parla invece il governatore del Veneto, l’azzurro Giancarlo Galan: «Questo ci fa capire quanto siamo lontani dal risolvere il problema dei rapporti con gli immigrati». Ma l’ex ministro Calderoli non torna indietro: «Ho fatto scuola, ho portato il mio maiale a Lodi nel 2001 e lì la moschea non l’hanno più fatta. A Bologna è bastato che minacciassi il pig-day perché si fermasse tutto. Adesso sto aspettando un maialino dei Nebrodi: lo porterò ovunque vogliano costruire moschee». Maroni però frena: «Ennò, a Bologna non è andata così. Si è fermato tutto perché il gruppo della Lega ha coinvolto il quartiere, gente di destra e sinistra ha chiesto il referendum». Appuntamento il 30 novembre: «Scenderemo in piazza per ricordare a Cofferati quello che vuole la gente».
CLAUDIA VOLTATTORNI
«Una roba terribile, né divertente né difensiva di alcuna identità, semmai è profondamente offensivo "rendere divino" un luogo con un maiale, questa è politica della bestemmia».
Yasha Reibman ( foto) non crede alle sue orecchie. Il portavoce e vicepresidente della comunità ebraica di Milano resta quasi senza parole a sentire dell’azione leghista a Padova contro la costruzione della nuova moschea.
Il blitz è stato motivato come «difesa dell’identità italiana», una nuova moschea sarebbe un pericolo per il Paese?
«Ma quale identità italiana? Ci sono molti italiani che sono anche musulmani. Ma se pure non ce ne fossero, un’azione del genere è basata solo sull’odio e allora la difesa di una simile identità diventa pericolosa: unire un porco con Dio non si fa, né per una questione di cultura né per reclamare una maggiore sicurezza».
Ecco, i leghisti temono anche per la sicurezza dei cittadini...
«Quello della sicurezza è un tema che noi conosciamo molto bene perché lo affrontiamo ogni giorno, quando ad esempio per entrare a scuola dobbiamo far vedere i documenti o dobbiamo mantenere le nostre sinagoghe sempre sorvegliate: quindi di sicurezza qualcosa ne sappiamo e non è certo con questa politica della bestemmia che si difendono i propri cittadini».
Crede che il clima di paura dello straniero che si sta diffondendo in Italia nell’ultimo periodo possa contribuire a dare dei seguiti ad un’azione del genere?
«Spero proprio di no, non credo che questo modo di proporre le cose troverà dei consensi. Non si tratta di una goliardata, ma di una cosa offensiva e piena di odio».
Però la trovata del maiale per «benedire» il posto dove dovrà sorgere una moschea non è una novità per il partito di Bossi. Ci aveva già pensato in passato l’ex ministro leghista Calderoli a Lodi e solo poco tempo fa a Bologna...
«Me lo ricordo bene. Non credo però che la Lega voglia riconoscersi in simili azioni, un partito fondato sulla libertà non può dimenticare che la libertà propria finisce dove comincia quella dell’altro. Spero che i vertici nazionali della Lega si dissocino dai leghisti padovani che sono solo dei ragazzacci da sculacciare.
Bossi dovrebbe farlo».