Marco Zatterin, La Stampa 10/11/2007, 10 novembre 2007
La sua vita è una lunga indagine al buio. Non ha una rivoltella, non porta manette legate alla cintura
La sua vita è una lunga indagine al buio. Non ha una rivoltella, non porta manette legate alla cintura. Si accompagna con un magro bastone bianco, indispensabile compagno di vita. Al quartier generale della Polizia federale belga lo considerano un «supereroe». Qualche giorno fa ha dato un contributo cruciale allo smantellamento di una rete di narcotrafficanti extracomunitari: dopo aver ascoltato alcune intercettazioni, le ha filtrate con la banca dati di accenti che conserva nella testa, e ha identificato la nazionalità dei criminali; poche ore più tardi sono scattate le manette. Il giovane agente si compiace per le lodi eppure la sua soddisfazione è velata da un doppio rammarico: non gli danno armi e non lo fanno partecipare agli arresti. Sarebbe troppo pericoloso per un detective cieco. Sacha Van Loo ha 36 anni e non vede dalla nascita. Da giugno è uno dei sei investigatori speciali che il Belgio ha ingaggiato proprio per sfruttare le qualità che il loro sfortunato limite sensoriale ha permesso di sviluppare. Le pupille inerti fissano il vuoto senza che nulla gli sfugga, capisce le situazioni e persino gli stati d’animo delle persone. «Mi affido alle orecchie per sapere dove mi trovo - spiega Van Loo, un tipo magro, capelli corvini, esili baffi -, è questione di sopravvivenza quando si attraversa la strada. La gente si perde nei rumori di sottofondo, io li analizzo. E sono i dettagli che permettono di risolvere un caso». L’idea di una squadra di poliziotti ciechi appartiene a Paul Van Thielen, il direttore della Sicurezza federale. Un giorno qualcuno gli ha raccontato di un caso in cui i colleghi olandesi si erano affidati ad un gendarme che non poteva vedere riscuotendo un ottimo e insperato successo. Non se l’è fatto ripetere due volte. Ha messo in piedi un bando in cui poneva come prerequisito per i partecipanti una cecità superiore al 33 per cento e un udito sopraffino. Si sono presentati in tanti. Alcuni sono stati mandati via perché la loro vista non era abbastanza cattiva. La selezione è stata dura, ma infine, all’inizio dell’estate, a Van Thielen sono state presentate tre coppie di piedipiatti tutt’orecchi da integrare negli organigrammi delle centrali di Anversa, Bruxelles e Liegi. Van Loo lavora nella capitale fiamminga ed è diventato una celebrità grazie ad un articolo pubblicato sull’International Herald Tribune che ha fatto rapidamente il giro del mondo. «Il mio potere è nelle mie orecchie», ammette. Uno degli ultimi casi su cui ha lavorato ruotava intorno alle parole pronunciate al telefono da un trafficante di droga. Tutti si erano convinti che l’uomo fosse marocchino. Il detective senza luce li ha corretti. «E’ albanese», ha sentenziato, restringendo così in modo significativo il campo dell’inchiesta e portando alla rapida identificazione del malvivente. Le sue orecchie sanno dire se i suoni che rimbalzano dietro le voci registrate appartengono alla sala di attesa di un luogo pubblico oppure a un bistrot. Distingue il rombo del motore di una Porsche da quello di una Volkswagen. Decodifica i rumori di fondo. Sa ricreare un ambiente per le voci e descrivere luoghi che solo lui può vedere. Il governo belga ha recentemente approvato una legge che autorizza le intercettazioni telefoniche per 37 tipi di reato, compresi quelli commessi nei confronti dei minori, gli omicidi, il terrorismo. Ma col tempo gli inquirenti si sono accorti che per ascoltare ci vuole fiuto ma soprattutto un udito fine. Il sestetto di poliziotti non vedenti ha risolto il problema. Van Loo, ad esempio, è un fine linguista, parla sette lingue, fra cui russo, arabo e serbocroato, quest’ultimo imparato «per piacere», dice lui. Il massimo, però, è la conoscenza degli accenti, perché si fa presto a dire «uomo nordafricano». Il nostro detective sa distinguere dalla parlata un egiziano da un marocchino. «Un’arma micidiale», giura Alain Grignard, ufficiale della sezioni antiterrorismo federale del Belgio. Van Loo lavora su un computer costruito su misura per lui e costato 10 mila euro. Utilizza una tastiera in Braille e un sistema vocale che trasforma le immagini in suoni. La sua vita è straordinariamente normale, è sposato con due figli, nel tempo libero scia, va a cavallo e suona il liuto. «I miei genitori accettavano la mia cecità e mi hanno insegnato a conviverci», spiega. La sorella si faceva accompagnare da lui al cinema, e lo educava al colore dei suoni. Oggi che è diventato un poliziotto, riesce persino a farsi portare al poligono di tiro e là spara con l’aiuto di un collega. «Bisogna essere sicuri che nessuno si faccia male», spiega. Rischio remoto, in effetti. Il tabellino di tiro che pende sul muro dietro la scrivania nell’ufficio di Anversa, maciullato nell’esatto centro, racconta che Sacha, il supereroe, che non vede è anche un tiratore quasi provetto. Stampa Articolo