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 2007  novembre 10 Sabato calendario

Questa sera alle 21,30, a Livorno, nella Sala convegni della Fondazione L.E.M. (che significa Livorno Euro Mediterranea), sarà proiettato il film La corazzata Potemkin, capolavoro di Sergej Mikhailovic Eisenstein

Questa sera alle 21,30, a Livorno, nella Sala convegni della Fondazione L.E.M. (che significa Livorno Euro Mediterranea), sarà proiettato il film La corazzata Potemkin, capolavoro di Sergej Mikhailovic Eisenstein. Seguirà dibattito con Oliviero Diliberto, leader dei Comunisti italiani. E’ questo, secondo il comunicato stampa degli organizzatori, «uno degli appuntamenti clou della seconda giornata di ”Mangiarsi le Parole 2007”, festival gastronomico-letterario in scena a Livorno fino a domenica 11, nel quartiere della Venezia, tra ristoranti e spazi culturali..». Livorno è la città dove il 21 gennaio del 1921 nacque il Partito comunista, ma è anche la città dove sessant’anni dopo tre ragazzi si burlarono del mondo gettando in Arno tre teste di Modigliani da loro stessi fabbricate. E dunque non deve stupire né la collocazione del dibattito all’interno di una sagra «gastronomico-letteraria», né il suo titolo, che fantozzianamente recita: «La corazzata Potemkin non è una cagata pazzesca». Diliberto contro Fantozzi, dunque? Al contrario. Consapevole o meno (e forse inconsapevolmente consapevole) delle conseguenze dei suoi atti e delle sue dichiarazioni, peraltro numerosissime, Oliviero Diliberto sta in realtà lavorando con tenacia e non senza risultati all’unica rifondazione possibile del comunismo: cioè la sua trasformazione in gadget. Il comunismo di Diliberto - e in ciò sta la sua modernità - compie un doppio e triplo salto mortale, fino ad atterrare sulla soffice rete dei media, là dove nessuno si fa mai davvero male. Se Bertinotti intende il «comunismo» come una sorte di orizzonte ideale, relativamente al riparo dalle intemperie della storia, a cui ci si può avvicinare in forme e modi diversi (compreso quello di non dirsi più comunisti), per Diliberto invece il comunismo è una griffe, un logo, un mito pop che alimenta un immaginario collettivo a metà strada fra il fumetto e la religione, dunque secondo una modalità assolutamente contemporanea. D’altra parte, Diliberto non ha inventato niente. Da anni il volto barbuto del «Che» è diventato un’icona venerata da adolescenti di tutte le età, e certo nessuno di coloro che la ostentano ai cortei e nei salotti ha una vaga idea dei veri e propri disastri che il rivoluzionario argentino combinò a Cuba, in Bolivia e un po’ ovunque in America latina, esattamente come gran parte degli sciagurati che esibiscono svastiche e croci celtiche negli stadi d’Italia non ha idea di che cosa sia stato il nazismo. La storia è diventata improvvisamente leggera, e forse non è mai esistita. La società dello spettacolo trasforma in merce i desideri e le speranze, i sogni e le attese: anziché fare la rivoluzione, dunque, conviene venderla. Tutto, nelle uscite di Diliberto, strizza l’occhio alla cultura popolare, a cominciare dall’ostentato disprezzo del ridicolo con cui maneggia - l’espressione appena corrucciata e lo sguardo fisso in macchina - l’intera storia del comunismo, i suoi simboli, le sue tragedie.  finita l’era dei convegni pensosi, dei «mea culpa» e del revisionismo storico: del resto, ha finito di finire anche il Pci, e l’ultimo tesoriere sta progettando un museo di cimeli. Resta invece, più viva che mai, la salma di Lenin, capace di suscitare un pandemonio mediatico ma anche, di per sé, curioso oggetto necrofilo degno di un episodio di Dylan Dog. Resta la Corazzata Potemkin (che in realtà era un incrociatore), perché resa immortale da Fantozzi e dunque oggetto manipolabile della cultura popolare del Paese. E restano, in vendita su eBay e alle feste di partito, le bandiere rosse, l’Internazionale, i busti e le coccarde, e il ritratto di Gramsci che dietro quegli occhialini sembra sorridere da un altro pianeta, come una Gioconda sopravvissuta all’alluvione.