Sebastiano Grasso, Corriere della Sera 10/11/2007, 10 novembre 2007
Tratti appena visibili. Il primo disegno esposto è datato 1938. Carol Rama (Torino, 1918) aveva vent’anni
Tratti appena visibili. Il primo disegno esposto è datato 1938. Carol Rama (Torino, 1918) aveva vent’anni. Gli ultimi lavori sono del 2001. Un’ottima idea, questa di sintetizzare in una mostra di 53 lavori (con undici inediti) il percorso creativo di un’artista di forte personalità che non ha eguali in tutto il ’900 italiano. Paragoni? Per temperamento e la treccia che, a mo’ di corona, le cinge la testa, viene in mente una grande attrice come Paola Borboni. E che Carol Rama sia un po’ attrice lo si deduce anche dal «teatro di posa» in cui vive a Torino. La definizione è di Nico Orengo. Sentite: «La mansarda di via Nazione è foderata, proprio come una camera oscura, fra Niepce e Man Ray, di cartoncino e materico colore nero, dai lucernai alle finestre […] Il letto è importante. Perché è sul letto e dal letto che Carol Rama ha raccolto, filtrato e formalizzato, da oltre mezzo secolo, la sua opera. Lei fa sedere sul letto, lei riceve a letto, lei vive a letto […] Quel letto è un luogo di terapie incrociate, un vero divano freudiano […]. Calvino scioglie le sua timidezza e parla della madre, Pavese insiste sulla sua, Navarro legge il suo saggio su Kafka, Mollino mostra le sue fotografie pornografiche, Raf Vallone, Ciaffi, Santuccio recitano Woyzeck, Galvano parla di Mac e Mila un giorno arriva con un sacchettino dei suoi denti perché lei ne faccia un suo ritratto». Di denti, sì. Perché i denti sono una delle componenti dei lavori di Carol Rama. Come le camere d’aria delle biciclette, le gomme, i ganci di ferro. Si insiste sempre come questa pittrice surrealista, dadaista, figurativa, astratta, non abbia fatto altro, già dai primi acquerelli, che tracciare la propria autobiografia. Con un’eccezione: di quando negli anni Cinquanta entra a far parte del Mac (Movimento arte concreta). Ma è solo una pausa. Dal ’60, tutto torna come prima. Si vedano, nella mostra di Maria Cristina Mundici, gli Smalti rossi (’53), simili a note musicali, di sapore kleeiano; i bricolage (’66); i soggetti erotici (’72-’74); i collage (’77), gli Idilli (’77-’93), via via sino al Piatto ovale coi personaggi con le gambe mozzate; alla serie sulla Mucca pazza (2001). Una piccola antologica, questa, dove sono presenti quasi tutti i temi di Carol Rama, che non ha mai avuto «stagioni» fisse, perché il suo è un continuo ritorno a temi affrontati sempre con istinto e innocenza. Come è già stato detto, lei non fa altro che parlare di sé. In maniera disarmata e disarmante. Anche quando racconta cose personali, che a nessuno verrebbe in mente di confessare ad altri. Un esempio? A Lola Bonora che, in una intervista, le chiedeva della solitudine, Carolina da Torino ha risposto: « una condizione che dovrebbe essere astratta, ma non lo è. Però la solitudine ti permette di pensare al passato, ai ragazzi che hai baciato al ginnasio, al liceo e anche dopo, durante la tua vita. Se ti capita di non dormire, allora cominci a contare. Una sera, tra quelli che ho baciato e quelli che ho scopato, ne ho contati settantuno. Ho avuto vergogna, ma mi è piaciuto molto». Carol Rama (90 anni il prossimo 17 aprile) è arrivata alla fama un po’ tardi. A parte, infatti, l’apprezzamento di grandi personalità soprattutto torinesi, e l’incontro con Lea Vergine (la definirà «una scheggia impazzita nella città di Casorati»), che nel l980 la incluse ne L’altra metà dell’avanguardia a Palazzo Reale di Milano, la popolarità l’ha avuta nel 2003, alla Biennale di Venezia, con il Leone d’oro alla carriera. Ma, forse, è questo il prezzo da pagare quando si sceglie di vivere nella più assoluta libertà. Come quella di posare nuda, circa un anno addietro, per Dino Pedriali, detto «il Caravaggio della fotografia del ’900».