Sergio Bocconi, Corriere della Sera 10/11/2007, 10 novembre 2007
MILANO
Il Montepaschi che ha conquistato l’Antonveneta vorrà dire anche la rivincita della finanza rossa. Ma forse il nuovo blitz sulla banca più contesa del Nord Est sottolinea ancora una volta quanto sia ambita e ambiziosa la nuova finanza bianca. Quella che vanta un cast ricco di banchieri e, soprattutto, il sostegno di patrimoni ingenti che girovagano tra i forzieri d’Italia, come Generali e Mediobanca.
Certo, sono passati tanti anni da quando Silvano Pontello, il banchiere che era stato braccio destro di Michele Sindona e poi patron dell’Antonveneta dei Santi e dei piccoli imprenditori con la Ferrari in cortile, rispondeva al suo diretto 1660 e risolveva i problemi di tutti. Il mito della banca del territorio era lì e si palesava al telefono. Poi molte cose sono cambiate. Sono "calati" gli olandesi e il «furbetto» di Lodi, Gianpiero Fiorani, sono arrivate le battaglie e poi l’Opa che viene da lontano, quella su Abn-Amro da parte della cordata Rbs-Fortis+-Santander, ha rimescolato tutte le carte. E ora la banca è diventata toscana.
E’ senza dubbio il segnale di vitalità di una finanza rossa che sembrava tramortita dalla stagione non certo esaltante delle scalate bancarie o dei matrimoni mancati per gelosie di campanile o di partito. Ma è anche il più recente segnale del risveglio di una finanza bianca che del campanile ha perso qualche pezzo però è diventata meno provinciale, guarda ai territori limitrofi e ricchi come Bergamo e Brescia. Ma non solo. Continua a pensare a Trieste come il grande approdo «naturale», e guarda anche a Milano e Londra. Soprattutto punta in alto. A crescere. Tanto.
Finanza che ha vissuto una riscossa grazie a figure come l’«arrembante» Gianni Zonin, l’industriale del vino che da oltre dieci anni è il leader indiscusso della Popolare vicentina, dopo aver sostituito al vertice l’industriale della grappa Giuseppe Nardini. Ha appena comprato i 61 sportelli messi in vendita dalla Ubi e ha conquistato una fetta della torta di 198 filiali ceduta da Intesa-Sanpaolo in cordata con Carige, Popolare Bari, Creval e Veneto banca, altro protagonista del risveglio grazie all’attivismo del numero uno Vincenzo Consoli, candidato (verrebbe da dire: guarda caso) ad andare proprio alla Vicenza. E Zonin adesso guarda anche all’Irfis, il mediocredito che era di Capitalia e ora di Unicredit, e fa parte della rosa dei nomi ammessa a entrare nel patto di sindacato di Mediobanca in occasione del collocamento del 9,4% che Alessandro Profumo ha dovuto cedere dopo la fusione con la banca romana. Zonin in Mediobanca entrerà con il 2% come i Benetton, gli industriali che della finanza veneta sono stati pionieri, e che con Piazzetta Cuccia collaborano da tempo. Quali sono i piani dell’imprenditore banchiere? Lui, il padre-padrone dell’istituto che ha macinato top manager, ha in mente di fare un salto che gli possa dare uno status diverso, più centrale, nella finanza del Nord Est un tempo "dominata" dalla figura riservata al punto da diventare enigmatica di Paolo Biasi, patron delle caldaie ma soprattutto della Fondazione CariVerona, il socio (anche personale) del Leone che per anni si dice abbia coltivato l’aspirazione di diventarne il presidente.
Da tempo dunque si parla di alleanze e matrimoni che proiettino la sua Popolare vicentina più in alto nella classifica delle banche. E uno dei candidati più accreditati è proprio la Veneto di Consoli, anche se nessuno ha mai confermato nemmeno i contatti. La Veneto del resto è uno dei protagonisti più "originali" del risveglio. Nel senso che nessuno si aspettava che l’istituto, un tempo la Popolare di Montebelluno, scalasse le classifiche comprando la Banca di Bergamo, la Meridiana, la "problematica" Popolare di Intra. E sono in molti a sottolineare la presenza della banca nella Palladio di Giorgio Drago e Roberto Meneguzzo, la finanziaria che si è candidata a svolgere un ruolo di Mediobanchina del Nord e che da poco si è unita alla Hopa dei bresciani d’assalto, i Lonati e gli Gnutti che prima hanno flirtato con la Mittel di Giovanni Bazoli. Il matrimonio porta alla costituzione di un gruppo la cui vocazione deve forse trovare un definitivo aggiustamento, viste le differenze fra le anime che si sono unite, ma che porta in dote alla finanza veneta una cassaforte ricca del 3,7% di Telecom, del 2,4% del Montepaschi, di quote di Ubi, Banco Popolare e Unipol e di una partecipazione dell’1,5% circa delle Generali. Pacchetto detenuto principalmente per via indiretta attraverso un’altra finanziaria che medita lo sviluppo, la Ferax, che vede fianco a fianco gli industriali Amenduni (a loro volta soci di Mediobanca), Veneto Banca e altri soci locali. A conferma che il Veneto resta, dopo Piazzetta Cuccia, il grande socio del Leone. Il cui board ospita da poco anche Leonardo Del Vecchio e il socio di Trieste Francesco Gaetano Caltagirone, il proprietario del «Messaggero» che nel Veneto ha conquistato il «Gazzettino », ed è azionista-vicepresidente del Montepaschi. Che ha appena rilevato la banca che fu di Pontello e che ha sede a Padova, guidata dal sindaco Flavio Zanonato. Diesse. Il cerchio si chiude. Un cerchio segnato certo dalle bandiere. Ma che soprattutto racchiude tanti, grandi, patrimoni.