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 2007  novembre 10 Sabato calendario

Le notizie da Mosca insistono. Vladìmir Putin vuole conservare il potere aggirando la Costituzione, che non consente più di due mandati presidenziali

Le notizie da Mosca insistono. Vladìmir Putin vuole conservare il potere aggirando la Costituzione, che non consente più di due mandati presidenziali. Ora, dopo i mandati del 2000 e 2004, nelle imminenti elezioni parlamentari del 2 dicembre intende presentarsi come candidato alla guida del governo. E’ semplice, la sua prediletta mossa del cavallo negli scacchi. Lo statista, il velikij gosudar, è lui. Chi assumerà il titolo presidenziale, si prevede, non avrà poteri effettivi. Con il profilo della personalità forte, Putin ormai è impegnato su troppi fronti per cedere il comando, la «ferrea briglia ». All’interno della Federazione russa, deve reprimere i separatismi latenti fra 70 etnie, ben oltre la Cecenia, il Dagestan o l’Inguscezia. Deve affrontare vertenze come quelle con la Georgia o l’Ucraina di Julia Timoshenko e le ostilità recriminatorie delle Repubbliche baltiche, tutelando la residua influenza russa nel Turkestan. Sul fronte occidentale, Putin contesta il progetto del Pentagono per lo «scudo antimissili», rivolto contro Teheran, ma reputato potenzialmente contrario all’interesse di Mosca. Con l’occasione, rievocando la vertenza sui missili a Cuba nel 1962, s’è espresso in termini bombastic. Persiste nelle forniture di tecnologie nucleari all’Iran e armi alla Siria per imporsi nel Medio Oriente, mentre persegue ambizioni militari già ripudiate, anzi annuncia sistemi strategici «completamente nuovi» da parte russa. Nella guida della superpotenza energetica, non ha esitato a manovrare i prezzi e l’esportazione del Gazprom per fini di pressione politica sull’Europa, non trascurando di blandire la Cina. Da ultimo, ha persino avanzato pretese di sovranità sotto la calotta polare artica. In qualche misura, i motivi della sua politica risultano abbastanza evidenti. La dissoluzione dell’Urss, dicembre 1991, ha segnato come un trauma durevole vaste moltitudini del popolo bicontinentale. Nessuno poteva credere che il passato fosse davvero passato, infatti non è così. Da qui l’ansiosa pulsione di Putin a ricomporre con ogni mezzo l’immagine del potente Stato e lo storico «sentimento granderusso ». Quando Borìs Eltsin dal cuore malfermo gli consegnò il potere, la società era stremata, fra i torbidi economici e l’impossibilità di risuscitare spontanee forze di mercato a oltre settant’anni dalla loro soppressione. L’arbitrio prevaleva nella sregolata transizione dall’assoluto statalismo a un capitalismo privato spesso profittatorio. L’immenso demanio territoriale conservato ancora dalla Russia dopo la fine dell’Urss, circa 18 milioni di chilometri quadrati, appariva incontrollabile da Mosca. Giudizi diffusi attribuiscono a Putin l’inclinazione al dispotismo economico, sia pure aggiornato, con intenti politici neoimperialisti. Secondo altre opinioni, Putin sarebbe solo incline a manifestazioni di autorità e prestigio nello scenario internazionale per governare il «pianeta Russia». Ma fino a che punto può spingersi, magari cogliendo il momento propizio delle traversie negli Stati Uniti? Il mandato di George W. Bush, secondo l’inesorabile countdown clock di Washington, è prossimo a scadere con le presidenziali del novembre 2008. L’identità del successore alla Casa Bianca non è prevedibile, come il suo indirizzo politico. Washington appare sprovvista d’un piano per superare con la nuova presidenza i suoi disparati travagli, quelli finanziari, dal debito estero al disastro dei mutui, e quelli politici su scala internazionale, dal Medio Oriente fino al Pakistan. Ci sono tempo e margine per ogni congettura, come per qualsiasi colpo di scena della Russia putiniana.