Roberto D’Agostino, Dagospia 9/11/2007, 9 novembre 2007
2 – MPS-ANTOVENETA DA’ LA VERA SPALLATA A BERLUSCONI, ISOLATO DEL TUTTO DAL GRANDE SISTEMA BANCARIO
La vera spallata a Berlusconi gliel’ha data ieri un calabrese di 45 anni che vive a Siena e si chiama Giuseppe Mussari.
Con un blitz condotto in modo magistrale il boccoluto banchiere, che dal 2006 è presidente del Monte dei Paschi, ha messo le mani su Antonveneta, la banca che la finanza rossa non era riuscita a conquistare. Il prezzo pagato è altissimo perchè 9 miliardi di euro sembrano una cifra spropositata rispetto ai 6,5 miliardi pagati poche settimane fa dagli spagnoli di Santander.
Ciò che conta tuttavia è il significato politico dell’operazione che consente al boccoluto Mussari di far uscire dall’isolamento la bella addormentata di Siena e portarla in cima alla classifica degli istituti italiani.
Molti giornali oggi parlano di rivincita della finanza rossa che ha trovato nel ragazzo di Catanzaro il nuovo eroe, più furbo dei furbetti, capace di guardare a Parigi piuttosto che farsi inghiottire dal provincialismo delle contrade. Nessuno però sottolinea che questa mossa aggiunge munizioni pesanti alla finanza che ruota intorno al centrosinistra di Prodi e del Partito Democratico. Se si mettono in fila le prime banche nazionali (Unicredit, BancaIntesa, MontePaschi-Antonveneta, e la BNL dove per quanto rappresentativo c’è sempre un presidente veltro-rutelliano che si chiama Luigino Abete) la massa d’urto della finanza orientata a sinistra raggiunge dimensioni imponenti.
(Silvio Berlusconi - Foto U.Pizzi)
Invece di guardare le gambe della Brambilla e di seguire con apprensione le peripezie sesso-sentimentali di Gianfranco Fini, Berlusconi dovrebbe fare un pensierino su ciò che significa questo schieramento.
Se è vero il teorema del primato delle banche sulla politica, il Cavaliere di Arcore deve tirare un bilancio in rosso, né può accontentarsi di saltellare sul ring di Mediolanum perchè la cassaforte assicurativa del suo amico Ennio Doris è una povera cosa rispetto allo schieramento di banche che hanno simpatia per Prodi, Rutelli, Veltroni e D’Alema.
Al miliardario di Arcore resta tra le mani un modesto 2% dentro Mediobanca (che nell’operazione di Mussari ha svolto il ruolo di advisor) dove regna il suo amico e salvatore Cesarone Geronzi. Ma è troppo poco.