Alberto Statera, la Repubblica 9/11/2007, pagina 49, 9 novembre 2007
la Repubblica, venerdì 9 novembre Siena la rossa scala Padova la bianca. Così, con una mossa a sorpresa che non fa più impallidire neanche le amatissime spoglie del Santo, perché qui, nella capitale del Nordest ricco, bancario e produttivo, ormai ne hanno viste troppe, di tutti i colori, bianche, rosse e iridate, a dispetto di un sano, conservativo, provincialismo veneto
la Repubblica, venerdì 9 novembre Siena la rossa scala Padova la bianca. Così, con una mossa a sorpresa che non fa più impallidire neanche le amatissime spoglie del Santo, perché qui, nella capitale del Nordest ricco, bancario e produttivo, ormai ne hanno viste troppe, di tutti i colori, bianche, rosse e iridate, a dispetto di un sano, conservativo, provincialismo veneto. E ora si trovano, a sorpresa, col terzo gruppo bancario d´Italia, dopo Unicredit e Intesa, tutto italiano, senza stranieri, senza imbroglioni come Fiorani, ma con quei massoni rossi di Siena che mai avrebbero dovuto sbarcare al piede e al mento di Sant´Antonio. Dopo i bianchi di Pontello, allievo prediletto e ormai defunto di Sindona, i furbetti di Fiorani e Fazio, i calvinisti olandesi di Groenink, gli spagnoli di Botin, ora arrivano i potenti toscani di Rocca Salimbeni. Rossi? Quanto più rossi? Siano rossi o no, è come se le italiche municipalità prevalessero alfine sui mari aperti della globalizzazione. E se Siena rossa colonizza ormai Padova bianca, con quali avalli politici lo fa? Fu uno choc il massone olandese Groenink nella banca antoniana del Santo. Ma, velleitario, l´olandese durò poco perché il modello non reggeva, perché la banchetta Antonveneta di Pontello, che mediava tra gli imprenditori locali, tra Stefanel, Carraro e Benetton era un´estensione naturale di quel territorio fatto di relazioni interpersonali, spesso al di fuori delle strette logiche bancarie, gestito semmai nelle logiche di un sistema di potere territoriale, clientela e parentela, come avrebbe detto Guido Carli, antico governatore della Banca d´Italia. Paradossalmente, aveva ragione Fiorani a pensare che la banca del Santo potesse essere, più che un polo finanziario internazionale gestito dagli uomini di Amsterdam, l´estensione del sistema locale e truffaldino che egli aveva creato. Poi irruppe la globalizzazione, la contendibilità, l´imprevisto olandese che, in qualche modo, portò a scoperchiare un sistema che mise in crisi la Repubblica con l´impeachment del governatore della Banca d´Italia Antonio Fazio, il titolare dell´unica tecnostruttura ancora dotata di qualche prestigio autonono in questo paese. «Guardi - ci dice oggi il sindaco diesse di Padova Flavio Zanonato - che dopo tutto quello che è successo, questa soluzione senese per l´Antonveneta mi sembra quasi una benedizione. Giuro che nulla ne sapevo, zero virgola zero, non ho mai sentito né conosco il presidente del Monte dei Paschi di Siena, Mussari, e credo che Fassino, D´Alema e Veltroni ne sappiano quanto me o meno di me, ma è come se finalmente si capisse che il mito della globalizzazione ha poi una indelebile deriva nazionale, se non più municipale. Siamo contenti dei senesi, posso dire stasera, e li aspettiamo alla prova». Chi l´ha detto che il Santo, emblema del cattolicesimo nazionale, non può andare d´accordo con Rocca Salimbeni, roccaforte del rosso della finanza italica? Gli spagnoli qualche dubbio sulla globalizzazione l´hanno avuto, se solo dopo poche settimane hanno deciso di mollare la perla bancaria dell´italico Nordest. Magari si sono resi conto che avevano comprato per 6 miliardi e passa di euro una banca impossibile da gestire, con un management e un personale inadeguato e una deriva politica non facile da analizzare persino per chi le cose italiane le conosce bene. Hanno fatto in pochi giorni il loro surplus non disprezzabile - quasi 3 miliardi - e sono scappati a gambe levate, lasciando il campo agli equilibri insondabili di potere del familista capitalismo nostrano. Quanto conterà, per dire, nel nuovo assetto l´azionista Francesco Gaetano Caltagirone, proprietario al 5 per cento del Monte dei Paschi? E chi sarà il suo politico di riferimento? Il sindaco diessino di Siena Maurizio Cenni, che sul Monte ha istituzionalmente un grande potere, o piuttosto suo genero Pierferdinando Casini, leader neodemocristiano? O magari Cesare Geronzi, nuovo regolatore del capitalismo italiano, nonostante i sollevamenti di ciglia poco notati (mai in barca con lui!) del governatore della banca d´Italia Mario Draghi? Gli olandesi giurano che tre anni fa avevano già capito tutto, come ci confida stasera dalla sua tenuta, guarda caso nel senese, l´ex presidente Groenink, ormai spedito in pensione, pur con una lauta liquidazione: loro non volevano comprare l´Antonveneta, il loro vero obiettivo era il Monte dei Paschi di Siena, la banca più "politica" del mondo, ma anche la più interessante del mercato. Ci provarono, provarono a sfidare la politica. Ma la reazione fu tale, nonostante le cene amichevoli in Contrada e nella tenuta senese dell´olandese, che l´obiettivo fu abbandonato, perché in Italia "nulla è possibile senza la politica." Nulla? O questa volta il presidente calabro-senese del Monte, Giuseppe Mussari, ha fatto veramente di testa sua, magari senza neanche consultare utenze telefoniche sensibili, come quelle a lui consone, di D´Alema, Fassino e Veltroni. Mentre a Milano la cupola del capitalismo si chiude a proteggere l´indifendibile sistema del controllo assoluto, senza tante azioni ma con tanto potere, quello del superpresidentissimo Cesare Geronzi. Alberto Statera