Note: [1] Maria Laura Rodotà, Corriere della Sera 18/10; [2] Giampiero Martinotti, la Repubblica 18/10; [3] Domenico Quirico, La Stampa 27/4; [4] g.mar., ཿla Repubblica 25/5/2005; [5] Massimo Nava, Corriere della Sera 20/10; [6] Yves Derai, LཿEst Republi, 25 maggio 2005
APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 22 OTTOBRE 2007
Quella che fino al 15 ottobre si chiamava Cécilia Sarkozy, è nata a Boulogne-Billancourt (Francia) il 12 novembre 1957. Maria Laura Rodotà: «Si vanta di non avere una goccia di sangue francese: un po’ ebraico-moldava un po’ spagnola, nata Ciganer-Albéniz, cinquant’anni botulinati con classe, è una borghese moderna, attenta a sé stessa e meno attenta alle convenzioni usurate che (diceva il marito in campagna elettorale) paralizzano lo sviluppo della Francia. A ventisette anni ha sposato un presentatore tv molto più vecchio, Jacques Martin, morto quest’anno, e ha avuto due figlie, Judith e Jeanne-Marie. Nel frattempo si è fidanzata con il sindaco di Neuilly che l’aveva sposata, Nicolas Sarkozy». [1]
Narrano le leggende che la moglie di lui, Marie-Dominique Culioli (madre di Pierre e Jean, coetanei delle figlie di lei) scoprì il tradimento in montagna, seguendo le impronte del marito nella neve fino alla camera di Cécilia. Rodotà: «Narrano altre leggende che il secondo marito, prima e dopo la nascita del figlio Louis, ora decenne, si comportasse in modo molto francese. Insomma, che la tradisse di continuo. Narrano poi le cronache che nel 2005 Cécilia si è comportata in modo poco bon chic bon genre e molto arrabbiato-Vip. Mollato il marito, se ne è andata a New York con l’aitante pubblicitario Richard Attias, ed è stata fotografata su Paris-Match». [1]
Il marito, dal canto suo, s’è consolato con una giornalista, ma nel 2006 i due sono tornati insieme. Giampiero Martinotti: «Fotografi e telecamere sono invitati a immortalare la riconciliazione. Ma ormai qualcosa si è rotto. Cécilia va e viene, si fa vedere e poi scompare. Durante la campagna elettorale resta dietro le quinte, non va a votare il giorno del ballottaggio, poi appare la sera per la festa in place de la Concorde ed è splendente alla cerimonia di insediamento. Fa i capricci: annuncia la sua presenza a un pranzo coi Bush e poi non ci va; va in Libia per le infermiere bulgare e poi rifiuta di andare a Sofia per essere decorata. Non la si vede più accanto al marito». [2]
Cécilia, che ha tanto lavorato per la conquista del potere, è spaventata quando se ne ritrova nel cuore, con la pressione dei mass media e gli obblighi del protocollo. Martinotti: «Lo aveva capito da tempo e nel 2005 lo aveva detto pubblicamente: ”Non mi vedo come First Lady. Mi annoia. Non sono politicamente corretta. Preferisco andare in giro in jeans”». [2]
Descritta come donna decisa, indipendente, «libera, pronta a fare disfare e rifare la propria vita» (Domenico Quirico) [3], ha un «curriculum lavorativo scarso (ha fatto la modella e l’assistente parlamentare)» (Rodotà) [1]. Fino a poco tempo fa «i più diffidenti, i più cattivi, pensavano a lei come una sorta di Lady Macbeth, disposta a tutto pur di arrivare al vertice» (Giampiero Martinotti). [4]
Emotiva e ondivaga, Cécilia spiega il divorzio «con il bisogno di riserbo, silenzio, ombra, ma lo fa con il megafono: due interviste (a Elle, che ha anticipato a sabato l’uscita, e al quotidiano Est Republicain) in cui racconta e si racconta, come sul lettino dello psicoanalista» (Massimo Nava). [5] Quando si sposa un uomo politico, vita privata e vita pubblica diventano tutt’uno. «Essendo una donna mediatizzata, in virtù dell’incarico ricoperto da mio marito, tutto quello che mi succede nella vita dev’essere spiegato. Nel 2005, ho incontrato qualcuno, mi sono innamorata, sono partita. Forse un po’ precipitosamente, considerando il contesto ancora mediatico in cui vivevo all’epoca. Ho voluto tentare di comportarmi correttamente e tornare per cercare di ricostruire qualcosa. Negli ultimi due anni non ho parlato. Questa vita pubblica non mi si addice, non corrisponde a tutto quello che sono nel profondo: io sono una che ama l’ombra, la serenità, la tranquillità». [6]
L’addio di Cécilia è stato un meticoloso e freddissimo «affaire d’Etat». Quirico: «Tutto preparato in anticipo: perfino le foto di lei, splendida, scattate una settimana fa per apparire sulle pagine di Paris Match, in edicola guarda caso il giorno dell’annuncio. Madame ci teneva a essere all’altezza. Altro che lacrime: siamo alla pianificazione. D’altronde il regista si chiama Claude Guéant, segretario generale dell’Eliseo, un quaresimalista del Potere davvero impossibile da collocare in un romanzo passionale. Semplicemente Cécilia aveva completato il lavoro, la missione per l’inclito Marito. Lo ha accompagnato, presenza decisiva, fino all’Eliseo. Chiederle di più, di restare a recitare la first lady tenera e alla moda, era troppo. Farlo presidente va bene, vivergli assieme, no grazie, non era nei patti: firmati e sottoscritti quando lei ritornò dalla fuga in America.
Per convincere i francesi a votare Sarkozy lei era necessaria, perché erano assuefatti all’esibizionismo matrimoniale, perché c’era da fronteggiare un’immagine femminile forte come quella di Ségolène. Adesso Cécilia rischiava di diventare ingombrante, faceva resistenza, rifiutava di collaborare». [7]
Nell’Iliade di questa assortita coppia amorosa dalle estenuanti liturgie di attrazione e ripulsa, a lui tocca la passione esclusiva e mistica per la Francia, a lei quella di struggente martire della feroce curiosità delle gazzette. Quirico: «Una madame Bovary rovesciata, che non vuole recitare il suo assolo di primadonna e vorrebbe tornare dietro le quinte riparatrici della mediocrità (alto)borghese. Troppo perfetto forse per essere vero.
In questa cosmogonia sentimentale Cécilia insinua il doppio scandalo di una confessione, l’amore per l’altro, lo svizzero Richard Attias con cui era fuggita in America nel 2005, e di una rinuncia, quella del Potere e che a ben guardare si assolvono l’un l’altro, in un’aria di rarefatto eroismo». [8] Natalia Aspesi: «Poteva la rottura essere fatta con più discrezione, poteva l’informazione far finta di niente, in nome delle ragioni di stato? Una volta sì, certo, oggi no. Ed è probabile che il Presidente, ferito negli affetti e nell’orgoglio, riconquisti per questo la comprensione e la consolazione dei francesi». [9]
C’è nel fenomeno Sarkozy una dimensione che non va sottovalutata. Bernardo Valli: «Ed è quella definita da alcuni ”romantica”, la quale ha giocato finora in suo favore. Il politico dinamico, fino alla strafottenza, assetato di potere, di cui si conosce l’illimitata ambizione, ha esibito in pubblico i suoi sentimenti come un uomo comune. Con ingenuità o impudenza ha scarsa importanza. stato il primo presidente nella paludata monarchia repubblicana ”a parlare d’amore” davanti alle telecamere, riferendosi alla moglie di cui i francesi conoscevano le fughe a New York. così emersa una coppia come ce ne sono tante: entrambi occasionalmente infedeli, perché anche le frequenti evasioni coniugali del presidente sono note, ma entrambi legati da sentimenti che impediscono facili rotture.
Il figlio comune, di dieci anni, conta. Da qui le esitazioni, la discrezione, i misteri, i rinvii con la speranza di salvare il matrimonio. Insomma la crisi dei Sarkozy appare a molti francesi quella di ”una famiglia moderna”. inedita nella storia repubblicana ma per la Francia laica non è uno scandalo.
Rende il potere più umano. Più decifrabile». [10]
Sarkozy voleva la «rupture». E l’ha avuta. Rodotà: «Ha vinto le elezioni promettendo una rottura col passato, con l’immobilismo tradizional- francese, poi sua moglie ha rotto con lui. un caso da manuale di eterogenesi dei fini, volendo. Ma è anche una rupture vera nel costume, in un Paese dove l’ipocrisia matrimonial-libertina era da secoli questione di stile, ispirazione letteraria teatrale e cinematografica, quasi (anzi, non quasi) vanto nazionale. I francesi erano abituati a Prime Dame come Bernadette Chirac; così stoica nel sopportare decenni di tradimenti da sfiorare la beatificazione tipo l’omonima di Lourdes. O come Danielle Mitterrand, silenziosa per due mandati mentre il marito aveva un’altra donna e un’altra figlia; compostissima nel funerale accanto all’amante storica Anne Pingeot e alla giovane Mazarine. Tutto finito ora, e neanche causa moglie femminista. L’attuale Primo Matrimonio, ganzissimo e molto adultero, è stato sfasciato da una pariolina di Neuilly». [1]
I politologi e i dirigenti degli istituti demoscopici sono praticamente unanimi: «Sarkozy è percepito prima di tutto come un professionista della politica che guida un’azione politica. L’idea di incarnare la nazione è in lui meno forte che nei suoi predecessori. Essere divorziato non indebolisce la sua immagine» (François Miquet-Marty). [11] Quirico: «Sarkozy ha già provveduto: ha occhieggiato e ricomposto in questi mesi freneticamente attorno a sé un altro universo femminile. C’è Rachida Dati, guardasigilli dagli occhi serpentini, implacabile e in Dior, che ha scalato la società partendo dalle banlieues: come piace a Nicolas. Il fatto che sia la miglior amica di Cécilia, che lei l’abbia presentata e imposta può dare lena a chi vuole incamminarsi sulle vie del romanzesco. C’è Maud Fontenoy, giovane e intrepida navigatrice solitaria che sui sette mari ha patito avventure degne di Ulisse: in tribuna allo stadio al suo fianco, prossima a un incarico ministeriale. Cécilia poteva essere al massimo un’algida Jacqueline, un gadget del glamour presidenziale». [7]
La Francia è avanti di parecchie lunghezze nelle peripezie della guerra dei sessi. Philippe Sollers: «I coniugi Sarkozy sono al tempo stesso vecchi e non lo sono abbastanza, perché la serenità che si impone quando si è alla guida di uno Stato non li ha raggiunti. Malgrado la riduzione del mandato a cinque anni, la presidenza è un’istituzione larvatamente monarchica, è un gioco di ruolo, bisogna contenersi, altrimenti si corre il rischio di sembrare umani, troppo umani. Un presidente che soffre a causa di sua moglie è qualcosa di mai visto, è costernante. Andiamo, basta dicerie, ci vuole una decisione eroica. Lo esige l’opinione pubblica, attraverso i media e le riviste. Che cosa vuole Cécilia? Che lo dica, e ancora meglio, che lo scriva. Sarebbe un bestseller garantito. Tutto ciò, mi suggerisce qualcuno, non è molto di buon gusto. il meno che si possa dire. Questa brava gente ci inonda con le sue storie private. Hanno bisogno di risollevarsi, uscire alla grande. La butto là: una conversione religiosa folgorante da parte di Cécilia non sarebbe una cattiva idea. Un convento, come si usava un tempo? Qualcosa del genere». [12]