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 2007  giugno 04 Lunedì calendario

Forse se ne andrà lo zar Putin. Non la vodka Putinka. CorrierEconomia 4 giugno 2007. Vladimir Putin lascerà la presidenza della Russia (se davvero la lascerà) tra meno di un anno, ma la sua eredità continuerà a vivere, tra proletariato, ceti medi e oligarchi

Forse se ne andrà lo zar Putin. Non la vodka Putinka. CorrierEconomia 4 giugno 2007. Vladimir Putin lascerà la presidenza della Russia (se davvero la lascerà) tra meno di un anno, ma la sua eredità continuerà a vivere, tra proletariato, ceti medi e oligarchi. Nella forma di una bottiglia di vodka. Il che, nell’immenso Paese che fu degli zar e poi dei bolscevichi, non è poca cosa. La vodka Putinka - Piccolo Putin - è infatti il fenomeno commerciale russo probabilmente più straordinario: ha debuttato nel 2003 e l’anno scorso era già affermatissima, al secondo posto in termini di quota di mercato nell’intera Federazione, il 4,2% del totale, dietro solo la Zelenaya Marka (5,1%). In tre anni, è arrivata a mezzo miliardo di dollari di fatturato. Buonissima? Pare non sia male, ma non meglio di altre. Il successo sta tutto nel nome. Il colpo di genio è venuto a una società della capitale russa, Vinexim, che ha registrato il marchio e fa produrre la nuova vodka (che essa stessa poi distribuisce) dalla mitica fabbrica della capitale, la Distilleria di Mosca Cristall. L’impatto sul mercato è stato straordinario. Il fatto è che, secondo i sondaggi più recenti, il 79% dei russi è soddisfatto del proprio presidente, ritiene che stia riportando il Paese al ruolo di superpotenza che gli spetta e che abbia migliorato le condizioni di vita della popolazione. Grande reputazione in positivo, insomma. Al punto che i membri del Putin Fan Club dimostrano regolarmente sulla Piazza Rossa per ricordargli che due terzi del Paese lo vorrebbe al Cremlino a tempo indeterminato e che rispettare la Costituzione, la quale limita a due termini consecutivi il mandato del presidente, è «stupido». Testimonial trascinante, per chi vuole lanciare un prodotto nuovo tra consumatori a buona coscienza politica. La Vinexim ha fiutato l’affare e non ha avuto remore. I manager della società ci tengono a fare sapere che l’uomo forte del Cremlino non c’entra nulla con l’operazione. Pare che la vodka non gli piaccia nemmeno. E, comunque, non c’è stato bisogno di chiedergli l’autorizzazione, dal momento che Putinka non è Putin, il che, per le regole russe sui marchi, è sufficiente a non creare contenziosi. Fatto sta che il successo è diventato un caso di marketing imitato su scala nazionale: ora, in Russia, si trovano dolci, barrette di cioccolato, melanzane in lattina i cui marchi, in qualche modo, sono associati al presidente. Una società di cibi in scatola della provincia meridionale di Astrakan, per dire, usa il marchio Puin, con una spada che lo attraversa nella posizione della T mancante, una spada che tra l’altro ricorda il vecchio simbolo del Kgb, la polizia segreta della quale Putin è stato capo supremo. Il quotidiano tabloid Sovershenno Sekretno fa pubblicità nelle strade di Mosca con cartelloni che mostrano la testa di un uomo che legge: la testa è ovviamente simile a quella del presidente. Il culto della personalità non è un fenomeno nuovo nella storia russa. La novità è che oggi prende le forme del libero mercato. Ma nessuno si stupisce del fatto che sia la vodka il campo nel quale la relazione tra la politica e il cittadino-consumatore è più forte: è stato così in epoca zarista, negli anni dell’Unione Sovietica, ai tempi di Michail Gorbaciov e poi di Boris Eltsin e lo è ora nell’età di Putin. Russia e vodka sono inseparabili. Il distillato diventò monopolio dello Stato nel 1896 e, nel 1901, fu aperta la maggiore distilleria del Paese, la n • 1 di Mosca, proprio quella che oggi si chiama Cristall e produce la Putinka. Al tempo, i tipi di vodka erano tre - semplice, imperiale, boyarskaya - ma un po’ tutta la Russia era coinvolta nell’impresa di fare della bevanda un simbolo nazionale sempre più sofisticato; al punto che la qualità forse più famosa, la Moskovskaya Osobennaya , fu creata in quegli anni dal grande chimico Mendeleyev. Con la Rivoluzione d’Ottobre, la produzione fu messa fuori legge, ma per pochi anni: già nel 1923 il comitato centrale del Pcus reintrodusse il commercio degli alcolici e la prima vodka a uscire dall’impianto moscovita fu chiamata rykovka , in onore del ministro Alexei Rykov che si era battuto per la sua legalizzazione. Durante la seconda guerra mondiale, la fabbrica n • 1 di Mosca fu in parte convertita a produrre bottiglie Molotov per uso bellico, per poi tornare alla produzione civile dopo la Grande Vittoria. Epopee incrociate, insomma: la Storia accompagnata da un fiume di alcool. Ancora oggi, in tempi meno epici, la relazione tra vodka e politica resta comunque forte. Non solo nel caso della Putinka - la quale, tra l’altro, per ammissione dei suoi stessi manager, vende meno nelle zone dove Putin è poco popolare. Ma, più in generale, il distillato preferito dai russi sembra suscitare e seguire passioni forti. Sempre la Vinexim - preoccupata di un possibile calo di popolarità di Putin quando lascerà il Cremlino - ha lanciato un nuovo marchio e, se con la Putinka aveva fatto sorridere, questa volta ha sollevato critiche. La vodka che secondo la Vinexim dovrebbe fare colpo sui giovani delle classi meno agiate, spesso disoccupati e naziskin, si chiama Grazhdanskaya Oborona , cioè Difesa Civica. Il fatto è che la pubblicità di questa vodka consiste di un manifesto sul quale appare un lavoratore molto virile, con un martello appoggiato sulla spalla, che proclama «Verso la vittoria, compagni». Si tratta dell’esatta copia di un manifesto nazista del 1932 che invitava i tedeschi a votare Hitler. Con la Putinka, Vinexim si rivolge alle grandi masse. Con Grazhdanskaya Oborona va alla ricerca dei giovani disperati, nazionalisti e razzisti che nell’immenso Paese non mancano. solo marketing. Ma poco sobrio. E turba un po’. Danilo Taino