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 2005  novembre 12 Sabato calendario

INTERVISTA /

Laura Morante / Il Mestiere di attrice
di Laura Caparrotti

L’abbiamo incontrata a Manhattan, l’abbiamo rivista la sera al MOMA. Laura Morante ha una bellezza antica, elegante, luminosa. Parla con delicatezza, con un sorriso che mette subito a proprio agio. Abbiamo chiaccherato di sè, della sua carriera, dei film presentati in questa breve rassegna.

Lei ha lavorato con registi che hanno cambiato il linguaggio dello spettacolo, ad esempio Carmelo Bene e Nanni Moretti. Quale èstata la sua esperienza con questi due registi?

"Quando ho lavorato con Carmelo Bene ero molto giovane e non avevo intenzione di fare l’attrice. Era un episodio all’interno della mia carriera di ballerina. Fu un periodo molto faticoso perché con Carmelo si lavorava solo di notte e io la mattina alle 8 e 30 dovevo essere in sala prove perche’ ballavo. Lui si divertiva a torturare le persone, c’era un rapporto di sfida, ma mi voleva bene, mi considerava una specie di ”figlio’ - mi chiamava al maschile. Era un vero tiranno all’antica e oltre ad essere un grandissimo attore e regista, era anche una persona molto affascinante. Bisognava dunque resistergli altrimenti ti fagocitava e distruggeva; mi sono molto fortificata con questa esperienza."

E con Nanni Moretti?

"Nanni era straordinariamente ostinato nel difendere il suo cast. Sia in ”Sogni d’oro’ che in ”Bianca’ i produttori non mi volevano. Nel primo c’erano anche delle ragioni comprensibili: ero incinta di sei mesi e dovevo fare una studentessa di 19 anni. Allora Nanni ”dicendo che ero incinta di soli due mesi, quando invece si vedevano i sei mesi – mi inquadro’ sempre in modo da nascondere la pancia. Per ”Bianca’ il produttore mise una specie di out-out e disse: ”prendi chi ti pare, basta che non sia lei’. Cio’ nonostante Nanni riusci’ a ottenere che facessi il film, il che dimostra quanto Nanni sia ostinato nelle sue scelte. Ora Nanni si e’ molto addolcito rispetto a quando era ragazzo, allora era più imprevedibile. Essendo anche produttore dei suoi film, subisce anche meno stress. Le riprese de ”La stanza del figlio’ sono state difficili, ma solo perchè era difficile il film, eravamo tutti molto cauti, spaventati da un tema cosi’ doloroso. C’era però un grande calore, uno spirito di grande collaborazione. E’ stato molto bello."

Lei è vissuta in Francia per dieci anni. Che differenza c’è fra lavorare all’estero e in Italia?

"Io sono andata via per ragioni private. Ero sposata con un francese, abbiamo tentato di vivere in italia, ma lui non ce l’ha fatta. Sono andata via – felice di trasferirmi in Francia - nell’88, quando c’era crisi e tanta corruzione. In Italia, ricordo che per avere la linea telefonica da una strada di Monteverde (quartiere di Roma, ndr.) ad un’altra strada di Monteverde, la signorina mi disse che per avere un nuovo numero ci volevano due anni, sempre che non avessi una raccomandazione. Quando sono tornata – otto anni fa - mi è sembrato un miracolo trovare il paese e Roma così migliorata."

E come giudica la situazione odierna in Italia?

"Stiamo di nuovo attraversando un periodo difficile per la cultura in generale, la classe politica di adesso ha fatto tagli profondi ai fondi per lo spettacolo. I registi e gli attori non sono mai stati il problema, la qualità è alta. Penso però che si debba dare maggiore attenzione alla scrittura per il cinema, non sempre curata. E poi i film non vengono seguiti. Io vedo la differenza con la Francia, almeno quando vivevo li’. In Francia c’ una promozione molto mirata. In Italia è molto generico; ti dicono che ”il film e’ andato male’, come se i film fossero tutti uguali e l’unica distinzione fosse fra chi incassa di più e chi di meno."

Di queste pellicole che verranno proposte a New York, quando le è arrivata la proposta cosa l’ha colpita?

"Nel caso di Placido ("Un viaggio chiamato Amore", ndr.), è stato proprio un caso. Ero di passaggio a Roma, lui stava già esitando fra due e tre attrici e la mia agente mi ha detto se volevo fare la mattina dopo un provino per il ruolo di Sibilla Aleramo. Io sono andata senza nemmeno prepararmi, ho fatto il provino e basta. Muccino mi ha subito proposto il ruolo. Mi divertiva molto questa narrazione un po’ corale, questi personaggi diversi, ma che avevano in comune questa frustrazione, questo desiderio di realizzarsi. Con Malckovich è stata una storia molto lunga. Ci siamo conosciuti ad Assisi dove eravamo entrambi per un omaggio a Bertolucci, ci siamo rincontrati in Francia, e lui mi ha chiesto se volevo leggere la sceneggiatura. La produzione spagnola non voleva ne’ me, ne’ Javier Bardem. Ho fatto un provino in Spagna per il produttore, mi hanno accettata, abbiamo brindato e il film si è fermato di nuovo per essere ripreso un anno dopo. Alla fine per non avere più pressioni Malkovich ha fatto mettere nel suo contratto i nostri nomi. La sceneggiatura era interessante, ma il film è più bello. Sono rimasta letteralmente stupefatta quando l’ho visto."

Le sue figlie che fanno?

"Eugenia fa l’attrice - a lei piace molto il teatro - anche se ogni tanto ha delle crisi. La piccola, Agnese, vuole fare la musicista, ed e’ orientata verso il rock."

E lei è contenta che la grande faccia l’attrice?

"Per molto tempo ho pensato che non osasse confessarselo e l’ho spinta a confessarlo almeno a se stessa. E’ difficile quando c’è una madre o un padre che fanno lo stesso mestieri, tendi a sganciarti. Però io credo che sia dotata, penso che sarebbe un peccato se lei non ci provasse. Credo che uno debba sempre provare, deve cercare di non avere frustrazioni e rimpianti."