Roberto Beccantini, La Stampa 18/2/2006, 18 febbraio 2006
Zvonimir Boban, nella corsa agli Europei 2012 siamo avversari: chi vincerà? «Così, a naso, dico Italia
Zvonimir Boban, nella corsa agli Europei 2012 siamo avversari: chi vincerà? «Così, a naso, dico Italia. Non conosco il dossier di polacchi e ucraini, ma posso dirle che la candidatura di Croazia e Ungheria sarebbe più che affidabile. La nostra economia, fra parentesi, attraversa un buon momento. E gli impianti ci sono». Rassegnato? «Dubito fortemente che l’Uefa non abbia già scelto». Addirittura? «In un primo tempo, la scadenza doveva essere a dicembre. Poi è stata spostata al 18 aprile. Così potrete eleggere quel presidente che ancora non avete. Più si va avanti, più si fa il vostro gioco. Parliamoci chiaro: vi stanno aspettando. Le do un altro indizio: l’ipotesi di passare, in extremis, da 16 a 24 squadre. Per noi, un mezzo disastro. Per voi, un assist clamoroso». Eppure siamo violenti fra i violenti. «Arrivai al Milan nel 1991 e fui spedito a Bari. Il problema è sempre quello: l’ambiguità, la doppiezza». Si spieghi meglio. «Vi riempite la bocca del modello inglese, ma poi lo applicate all’italiana. Invece no: va applicato alla lettera. Avete perso anni e anni. Con tutto il rispetto per le libertà personali, servivano, e servono, leggi draconiane. Tanto, le reazioni umane sono sempre le stesse». In che senso, scusi? «La storia si ripete nelle guerre mondiali, figuriamoci negli stadi. Ci sarà sempre, in curva o appena fuori, un Gavrilo Princip che sparerà o colpirà l’arciduca Francesco Ferdinando di turno, sia esso un ispettore di polizia o un dirigente di terza categoria». Un quadro tremendo. «I teppisti si nascondono nella massa, ma non sono minoranze. O meglio: non lo sono più. Prima avevano un bersaglio, l’avversario, oggi ne hanno due: la maglia e la divisa. Anche questa è globalizzazione. Non a caso, la violenza da stadio è un fenomeno trasversale e universale, da Buenos Aires a Catania». La sua ricetta? «L’ho detto. Se non lo capiscono con le buone - famiglia, scuola, prevenzione - bisogna farglielo capire con le cattive: la forza della legge». Ci stiamo balcanizzando. «Non mi offendo, ma ho paura che vi siate persi nel labirinto delle parole. Vi è sfuggita, per pigrizia, la politica degli ultras, i loro intrecci con i club e i covi estremisti, soprattutto a destra. Noi siamo passati attraverso una rivoluzione sanguinosa, voi rimbalzate da una guerriglia all’altra, progettate una cosa e ne fate un’altra, o la fate a metà. Penso agli stadi chiusi, poi semiaperti, quindi aperti... Giusto ripartire, ma non a condizioni così precarie, così sospette». Anche voi, però, non scherzate. «I nostri hooligans, ormai, se vogliono far casino devono andare all’estero. Come gli inglesi. In Croazia, c’è stato un giro di vite. Per ogni partita considerata a rischio, viene istituito un tribunale all’interno dello stadio. Morale: il tifoso beccato a far danni è processato per direttissima e può finire in galera anche per cinque anni». Pugno duro. «Durissimo, se l’episodio lo giustifica. Vi frequento da sedici anni e l’odio che respiro oggi, giuro, non l’ho mai respirato. Odio politico, odio calcistico. Odio e disprezzo. Tutti contro tutti. La miscela più esplosiva. Sino a prova contraria, questi sono, o dovrebbero essere, tempi di pace». Un’analisi molto cupa. «Basta guardarsi attorno. Ho provato sulla mia pelle la degenerazione del calcio, quando Dinamo Zagabria-Stella Rossa Belgrado era, sul serio, una questione di vita e di morte. Sì, alludo a quella famigerata partita, all’immane rissa che la suggellò, con i poliziotti che ne fecero di tutti i colori: ne colpii uno che stava picchiando un tifoso, venni squalificato. Croati da una parte, serbi dall’altra: il preludio della rivoluzione. Il calcio come mezzo. Mi auguro che l’Italia non arrivi mai a simili eccessi». In compenso, tra Croazia e Italia, è battaglia anche sulla tragica memoria delle foibe. « un argomento sul quale ho letto molto, moltissimo. La mia ”classifica” è questa: rispetto assoluto per le vittime; c’è la tendenza a vivere ancora dentro la seconda guerra mondiale, come se l’orologio non si fosse mai mosso da lì; dovrebbero essere gli storici a indirizzare i politici, e non viceversa; nessuno nega nulla, nessuno ha tutte le ragioni, nessuno cambierà mai idea. Resta il dolore. E il dolore, per come lo intendo io - non necessariamente da croato, ma da uomo - ha bisogno di toni misurati, non di un chiacchiericcio così fastidioso». Tornando a temi infinitamente più futili, cosa risponde a coloro che ritengono «falso» l’attuale campionato? «Falso non è il termine esatto. Direi strano. Stranissimo. Squadre penalizzate, Juve in B, partite con pubblico e senza. Mai successo, se non sbaglio». E sul piano tecnico? «L’Inter, questa Inter, è troppo forte. Avrebbe vinto comunque». Ronaldo al Milan? «Un leggero buttare fumo negli occhi. Dipende dagli stimoli. Se li ritrova, potrà fare la differenza per un paio di stagioni. A ogni modo, non cambierà la rotta del Milan. Ronaldo ha 30 anni: pagherei per essere smentito. Dopo Maradona e Pelé, certe cose le ho viste fare solo da lui». Passaportopoli, calciopoli, bilanciopoli. «Credevo che foste puliti. Non riuscivo a dare peso ad alcune coincidenze. Mi auguro che il calcio fosse pulito almeno quando giocavo». L’elezione di Platini. «Sono felice e orgoglioso. stato il mio idolo, sarà il ”mio” presidente. Forza Michel». L’ultima cartolina. «Sapete vincere le guerre (il Mondiale, per esempio), ma perdete troppe battaglie. Una su tutte: gli stadi. mai possibile che un Paese come l’Italia che ha insegnato e diffuso la bellezza ovunque, sia schiavo di impianti così sgangherati?». L’ultimo sogno. «Riesumare un briciolo di poesia. Solo un briciolo. Chiedo troppo?». I tifosi ultras della Croazia hanno posizioni politiche molto nazionaliste e di destra. Nella foto del 2005, un tifoso mostra la foto del generale Ante Gotovina, uno dei criminali della guerra di Jugoslavia ricercato dal tribunale internazionale dell’Aja. Durante il recente incontro Italia-Croazia alla stadio di Livorno, i supporters croati si sono disposti a forma di croce uncinata sulle gradinate. La questione della violenza negli stadi, secondo Boban, è stata affrontata drasticamente nel suo paese, dove i tifosi più violenti, non appena arrestati, vengono processati direttamente sul posto.