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 2006  febbraio 18 Sabato calendario

LAURA LAURENZI

Compleanno tondo per il reggiseno. Taglia il traguardo dei cento anni ed è in ottima salute, rivisitato e riproposto in ogni forma possibile, arma suprema di seduzione, feticcio dei feticci, ma anche indumento indispensabile per la sua praticità a miliardi di donne indipendentemente dalla moda e dalle mode.
Un compleanno labile: non esiste una vera data di nascita. Il reggiseno - modello a fascia - è già presente nei mosaici di Villa Armerina. Il 1907 è però l´anno in cui la rivista Vogue, con il nome di brassière, comincia a pubblicare foto e disegni dei primi reggiseni che potremmo definire «moderni». Gli americani e gli inglesi abbreviano e nasce la parola bra. Prima in francese reggiseno si diceva soutiens-gorge ed era molto più parente del corsetto contenitivo. Nato in Francia, saranno poi gli americani a perfezionarlo e a dargli la forma che ha più o meno conservato in questo secolo di vita.
In realtà già nel 1889 una signora francese, Herminie Cadolle, borghese agiata ma anche femminista convinta, aveva presentato all´Esposizione Universale di Parigi una sua creazione che si avvicinava molto alla versione poi codificata e pubblicata nel 1907: due coppe di cotone munite di bretelle, dunque il seno separato nel mezzo, una rivoluzione. Ma ci vorranno anni e anni prima di mandare definitivamente in cantina le stecche di balena e altre torture.
Il primo brevetto di un reggiseno moderno ha la data del 1914, quando una ricca dama newyorkese, Mary Phelps Jacob, deposita il marchio di una sua invenzione con il nome di "Caresse Crosby" e la cede alla Warner per 1.500 dollari: un reggiseno senza armatura che non fa trasparire segni. Il prototipo se lo era fatto da sola un anno prima utilizzando due fazzoletti ed un nastro, buttando il punitivo corsetto - praticamente un cilicio- alle ortiche.
Nel 1917 l´industria bellica esorta le donne americane a fare a meno di reggiseni dotati di parti metalliche. In questo modo furono risparmiate circa 28mila tonnellate di metallo, quanto bastava - si rilevò patriotticamente - per costruire due navi da guerra. Negli anni Dieci e Venti prevale il reggiseno che appiattisce. Il seno Liberty è piccolo e la donna è androgina: guardate le incisioni di Aubrey Beardsley e le sue Salomè. Negli anni Trenta un´emigrata russa di nome Ida Rosenthal fonda negli Stati Uniti assieme al marito un´azienda che farà fortuna producendo reggiseni, la Maidenform, la prima che crea misure differenziate per le coppe con le diverse categorie per circonferenza. Nel 1931 la Warner immette sul mercato i primi reggiseni con le bretelle elastiche, ma sarà durante la Seconda guerra mondiale, grazie al nylon inventato nel ´38, che trionferanno le fibre sintetiche, utilizzate per ripiego in mancanza di materie prime naturali come la seta, la gomma, il cotone.
Gli anni Cinquanta sono gli anni delle maggiorate: seni abbondanti dopo le ristrettezze e i patimenti della guerra. Nasce il reggipetto imbottito, antenato artigianale del push-up. Persino Marilyn Monroe - lo abbiamo visto quando, nell´ultima asta dei suoi memorabilia, è stata impudicamente messa all´incanto persino la sua biancheria personale - utilizzava i famosi "pescetti": le imbottiture ovali rimovibili da sistemare all´interno delle coppe.
Reggiseno è una parola da pronunciare a bassa voce, con pudore, arrossendo. Nell´Italia moralista di quegli anni Carosello, la trasmissione simbolo del nostro boom economico, ha un suo catalogo di termini da censurare che vieta l´uso di parole considerate «indecenti», fra cui spicca proprio reggiseno.
I formidabili anni Sessanta sono anche quelli del rogo. Che tirasse aria punitiva, per il seno e il reggiseno, lo si capiva già dal successo di una modella - diventata presto un modello - come la penitenziale Twiggy, simil-anoressica, emaciata e con un busto taglia zero. Il 1968 è l´anno in cui le femministe danno fuoco, idealmente ma anche materialmente, ai loro reggiseni. Accade di fronte al grande albergo in cui si tengono le finalissime del concorso di Miss America. Nello storico falò, filmato dai telegiornali, c´è di tutto: giarrettiere, piastre per capelli, pinzette, cere depilatorie, scarpe con i tacchi a spillo, tutto quello che viene catalogato come arma di oppressione e strumento di tortura finalizzato a rendere la popolazione femminile del pianeta «donne oggetto». Ma il simbolo supremo di discriminazione e ineguaglianza fra i sessi, più di ogni belletto, di ogni trucco e ogni inganno, è considerato il reggiseno.
Mandato in soffitta dalle purghe emancipatorie, in realtà mai tramontato, il reggiseno aveva però già fatto il suo ingresso nella leggenda e nel nostro immaginario collettivo, conquistandosi un posto d´onore fra i miti e le icone del Ventesimo secolo. Il reggiseno di Mata Hari, che vi custodiva documenti segreti. Quello, anzi quelli della miliardaria Barbara Hutton, che li collezionava a centinaia. Il reggiseno di Marilyn, che in Quando la moglie è in vacanza racconta di «tenere gli intimi in frigorifero». Il balconcino delle grandi dive: nero con nastrino per la Loren nel celebre spogliarello di Ieri, oggi, domani, a quadrettini Vichy per la Bardot, color carne e scultoreo per Gina Lollobrigida. Il reggiseno diventa materia di provocazione, se non addirittura di parodia da fumetto, in mano a stilisti come Jean Paul Gaultier e Vivienne Westwood. Ecco i turbo-reggiseni a forma di siluro esibiti da Madonna.
Il resto è storia recente, anzi, cronaca dei nostri giorni. La riabilitazione, i progressi tecnologici, la ricerca. Abbiamo capito che il reggiseno non soltanto non opprime (al massimo comprime) ma sostanzialmente aiuta, dona, ed è il più versatile dei nostri indumenti o accessori, più un alleato che un nemico e non soltanto in palestra, indipendentemente dalla sua carica erotica. Contiene i forti, sostiene i deboli e raduna i dispersi, osserva goliardicamente un collezionista. L´anno 1994, che vede il lancio del Wonderbra, e cioè del reggiseno col push-up che fa lievitare anche i busti meno dotati, fa da spartiacque. l´anno che dà il via all´impiego delle nuovissime tecnologie applicate alla biancheria intima. La fine del secondo millennio e l´alba del terzo consacrano il trionfo del seno abbondante, vero o presunto che sia, ingrandito ed esaltato dal reggiseno col trucco o magari dal bisturi, vessillo di una femminilità esagerata.
Oggi viviamo gli anni della biancheria "esternabile", così sexy e sofisticata da doverla ostentare sotto le giacche. Modellante, effetto lifting, o semplicemente riparatrice, come ha sfilato nei giorni scorsi al Salone annuale dell´intimo di Parigi. Un intimo che non si accontenta più di coprire e scoprire elegantemente le nudità ma piuttosto le plasma, le scolpisce, le rimpolpa, le sfina. L´industria ci propone ogni giorno reggiseni con optional ed effetti speciali sempre nuovi e diversi, in una corsa fantascientifica verso la biancheria intelligente, quando non addirittura parlante. Abbiamo il reggiseno che cambia colore al momento dell´ovulazione, quello con l´airbag, quello che controlla il dispendio calorico, quello supervolumizzante che si gonfia a volontà con apposita cannuccia. Il reggiseno dotato di microchip in grado di monitorare battito cardiaco e pressione. Quello antiaggressione che consente di dare l´allarme via radio. Il reggiseno dotato di un bip luminoso che entra in funzione per segnalare i pericoli dal cielo, battezzato non a caso Armageddon, realizzato con il tessuto usato dalla Nasa per le tute degli astronauti. Quello al titanio, capace di memorizzare la forma iniziale impressa la prima volta. Il reggiseno a olio, quello aerodinamico progettato sui principi del frisbee, l´antifumo, che rende l´aroma della sigaretta intollerabile e infine quello anti buco nell´ozono e pro risparmio energetico. in pelliccia ecologica, con imbottitura al gel: si infila qualche secondo nel forno a microonde e aiuta a combattere il grande freddo.