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 2006  febbraio 18 Sabato calendario

Dopo anni grigi le quotazioni di Pirelli riprendono tono a seguito delle trattative per cedere a Telefónica una parte del pacchetto azionario di Olimpia, la scatola che possiede il 18% di Telecom Italia

Dopo anni grigi le quotazioni di Pirelli riprendono tono a seguito delle trattative per cedere a Telefónica una parte del pacchetto azionario di Olimpia, la scatola che possiede il 18% di Telecom Italia. Questo significa che, guardando al domani, la Borsa apprezza la riduzione dell’impegno di Pirelli nelle telecomunicazioni. Il perché è presto detto. Ai valori di mercato, l’80% di Olimpia in portafoglio a Pirelli rappresenta da solo più o meno 40% del valore delle attività del gruppo della Bicocca, al lordo dei debiti, ma dà un reddito nullo o trascurabile. Se vendesse tutte le Olimpia a 3 euro l’una, ovvero al valore di libro dopo la svalutazione, e pure i titoli Telecom direttamente posseduti, Pirelli azzererebbe l’indebitamento e avrebbe un avanzo di 1,6 miliardi. Ottenesse di più, meglio. In ogni caso costruirebbe un volano capace di spalancare le porte delle banche e del mercato obbligazionario, dove oggi Pirelli è esposta con tre bond senza rating, uno dei quali scade in aprile. Ce ne sarebbe abbastanza per sistemare i conti della piramide societaria che sovrasta la Bicocca. E per ricominciare. Ma quale domani si prepara se non si sa guardare al proprio ieri? Alla vigilia di un possibile accordo con gli spagnoli o con altri, non sarebbe un delitto se i soci eccellenti della Pirelli si interrogassero sul quindicennio di Marco Tronchetti Provera, che venne chiamato a succedere a Leopoldo da Mediobanca e nel 2001 confermato al potere da Unicredito, Intesa e Capitalia. E magari studiassero il caso Continental. La Pirelli aveva cercato di scalare l’azienda di Hannover nel 1991 valutandola 1,1 miliardi di euro. Arrivò al 39%, ma venne respinta e poi perse 150 milioni nel rivendere i titoli rastrellati. Ai tempi, Continental produceva solo pneumatici e aveva una stazza industriale minore di Pirelli. Oggi Continental capitalizza 14,5 miliardi di euro. Ha fatto un paio di aumenti di capitale, ma contenutissimi. In questi tre lustri, il gruppo di Hannover ha diversificato, ma restando nella gomma e nella manifattura di alta tecnologia per l’automotive. Benché il suo azionariato sia diffuso nel mondo, quando un fondo di private equity ha prospettato un’Opa, il management l’ha accompagnato alla porta e l’Opa non è stata lanciata. La capacità di indebitamento sarà usata per lo sviluppo e non per la speculazione finanziaria: ci sono tanti modi di «creare valore per gli azionisti». Si potrebbe osservare che, se avesse conservato le sue Continental lasciando fare ai tedeschi, oggi Pirelli avrebbe un tesoretto di 5,5 miliardi avendo a suo tempo investito 400 milioni. Ma sarebbe ingiusto. La Pirelli del 1992 era in sofferenza. Tronchetti vendette, ristrutturò e rilanciò il gruppo. E fece bene per 10 anni fino a quando, nell’estate del 2001, non entrò in Telecom Italia sbagliando irreparabilmente il prezzo. Alla vigilia del passo falso, la Pirelli & C., compresi i soci terzi di Pirelli Spa, poi assorbita, valeva 5,7 miliardi. E aveva una posizione finanziaria netta attiva per 1,4 miliardi. I suoi ricavi venivano per il 61% dai cavi, il 36% dai pneumatici e per il resto dall’immobiliare. La Pirelli di oggi, invece, vale 4,6 miliardi, ma dopo aumenti di capitale per quasi 2 e nonostante l’indice Mibtel sia aumentato del 25%. Ha 2 miliardi di debiti (senza contare i 3 di Olimpia), non ha più i cavi e ha dovuto cedere il 39% dei pneumatici alle banche. Sono fatti che parlano da sé. Ma non è detto che, nella filiera Tronchetti- Pirelli-Olimpia-Telecom, i fatti pesino più delle relazioni tra quanti, banche in primis, portano, con il presidente, la responsabilità della performance. Il gruppo della Bicocca cercò di scalare l’azienda tedesca ma venne respinto (con la consulenza tecnica di Miraquota) mmucchetti@corriere.it