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 2006  gennaio 02 Lunedì calendario

Il Canada è di nuovo impegnato per conquistare il controllo del "passaggio di Nord-Ovest", la rotta navigabile dall’Europa all’Estremo Oriente attraverso i ghiacci polari, esplorata per secoli senza successo

Il Canada è di nuovo impegnato per conquistare il controllo del "passaggio di Nord-Ovest", la rotta navigabile dall’Europa all’Estremo Oriente attraverso i ghiacci polari, esplorata per secoli senza successo. Decenni fa qualche superpetroliera americana e i rompighiaccio nucleari sovietici sono riusciti più volte a transitare dall’Atlantico al Pacifico attraverso la calotta polare, ma l’uso di questa rotta commerciale è stato presto abbandonato dalle società di navigazione per antieconomicità. Per il petrolio dell’Alaska, destinato al mercato americano, fu costruito un apposito oleodotto fino alle coste del Pacifico e, per qualche decennio, la questione del passaggio di Nord-Ovest è stata dimenticata. Così come le dispute di diritto internazionale, diventate questioni accademiche (il Canada considera l’area un suo mare interno mentre per Washington e gli altri Paesi il passaggio attraverso il Mare di Barings è uno stretto sotto controllo internazionale, come quelli di Malacca e Hormuz). Tutto è cambiato con lo scioglimento rapido dei ghiacci polari, che facilita la perforazione dei fondali. Interessate allo sfruttamento diverse compagnie minerarie e petrolifere alla ricerca di petrolio e gas (almeno un quarto delle riserve ancora non individuate di combustibili fossili si trova in quest’area). Dopo Stati Uniti (con l’Alaska), Russia, Canada, Danimarca (con la Groenlandia) e Norvegia (i cinque Paesi che si affacciano sull’Artico), si fanno avanti anche altri pretendenti (dalla Svezia all’Islanda). Le misurazioni fatte l’anno scorso dagli scienziati hanno dimostrato che, continuando il ritiro dei ghiacci, entro dieci anni il passaggio di Nord-Ovest diventerà una rotta percorribile senza ostacoli, consentendo di ridurre di 7.000 chilometri la rotta fra New York e Tokio. Entusiasta Pat Broe, imprenditore di Denver, che dieci anni fa, scommettendo sullo scioglimento dei ghiacci, aveva ottenuto dal governo canadese i diritti per lo sviluppo del porto di Churchill, nella baia di Hudson, per il prezzo simbolico di 7 dollari. Col passaggio di Nord-Ovest aperto, Churchill diventerà lo scalo naturale delle navi in transito nell’Artico. Giro d’affari previsto da Broe: più di 100 milioni di dollari. Preoccupati i giuristi della Commissione internazionale sulle piattaforme continentali sottomarine, creata nell’ambito della Convenzione dell’Onu sul Diritto del Mare, sempre più spesso chiamati a dirimere dispute. La più annosa tra Danimarca e Canada, per la sovranità su Hans Island, uno scoglio di un chilometro quadrato inaccessibile e spazzato dai venti, ma importante per la definizione dei limiti delle piattaforme continentali dei due Paesi. Numerose le spedizioni concluse piantando la rispettiva bandiera sull’isola a poche centinaia di chilometri dal Polo, mentre navi militari danesi e canadesi pattugliano l’area per dare sostegno militare. I Canadesi contendono il passaggio Nord Ovest perfino agli Stati Uniti. Venuta meno l’esigenza americana, negli anni di guerra fredda, di assicurarsi la massima libertà per le sue navi e i suoi sommergibili nell’Artico, per salvaguardarsi dall’Urss, e dietro l’emergenza della lotta al terrorismo, l’ex ambasciatore degli Usa a Ottawa, Paul Cellucci, aveva avanzato la possibilità di riconoscere i diritti canadesi sul traffico nel passaggio di Nord-Ovest in cambio dell’impegno a un controllo capillare delle navi in transito. Dopo il rifiuto definitivo da parte del nuovo ambasciatore David Wilkins, il Canada ha rinnovato le sue rivendicazioni alla fine dello scorso agosto, impegnando i suoi più grossi mezzi aeronavali militari in manovre attorno all’isola di Baffin. Ma alla fine di settembre un rapporto commissionato dal Congresso americano e redatto dallo US National Research Council ha riaffermato i diritti di Washington sul "Grande Nord" e invitato il governo a rafforzare il già imponente dispositivo militare Usa per "difendere i suoi interessi nazionali" nel Passaggio di Nord-Ovest, dislocando unità navali nella zona, così come fa a Hormuz e nello stretto di Malacca. "Giù le mani dal nostro Nord" ha titolato l’Ottawa Citizen, principale quotidiano della capitale, mentre il governo ha preso atto dell’insufficienza di mezzi per pattugliare l’area d’inverno: i suoi rompighiaccio e gli aerei in grado di atterrare sul ghiaccio, i "Caribou" e i "Buffalo", sono vecchi e di potenza limitata, e i controlli su lande deserte, ma sterminate (il Canada è il Paese più esteso al mondo, dopo la Russia), sono affidati a poche migliaia di Rangers - molti dei quali eschimesi Inuit -, per lo più volontari impegnati part-time. Ultima iniziativa, la strategia "Canada First", proposta dal partito conservatore, al potere: azione diplomatica più vigorosa e aumento dell’impegno militare nell’Artico. Ma il Defense Capabilty Plan, il nuovo piano di difesa annunciato dal governo (costo quattro miliardi di dollari solo per l’acquisto di nuovi aerei e navi rompighiaccio), non è ancora stato attuato.