Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2006  dicembre 21 Giovedì calendario

CALTAGIRONE BELLAVISTA Francesco Roma 18 febbraio 1939. Imprenditore • «Donne, gioco d’azzardo, viaggi

CALTAGIRONE BELLAVISTA Francesco Roma 18 febbraio 1939. Imprenditore • «Donne, gioco d’azzardo, viaggi. E poi palazzi, mattone su mattone, alberghi, porti. Jet set internazionale, la dolce vita, i grandi nomi delle cronache mondane degli anni Sessanta. Sullo sfondo, quasi incidentalmente, alcuni scandali italiani, dalla Lockheed all’Italcasse, passando per Imi-Sir - sua seconda moglie è la figlia di Nino Rovelli, che lo tira anche in ballo in un paio di verbali sul caso - fino alla stagione dei furbetti. Quando il nome di Bellavista Caltagirone spunta tra quelli degli impreditori ”amici” di Gianpiero Fiorani. Francesco Bellavista Caltagirone, ”l’outsider”, come recita il titolo della sua biografia scritta da Maria Federica Selvi, 250 copie riservate agli amici. O ”Goldfinger” come lui stesso racconta essere stato il suo soprannome negli anni d’oro, quando alla metà degli anni Sessanta costruiva palazzi a Roma e viveva alla grande tra la Costa Azzurra e Saint Moritz. Il personaggio, come conferma chi lo conosce, è amante della battuta bizzarra. Per dirne una, dell’Avvocato Agnelli dice che ”negli anni ”70 era povero”. Di Maria Angiolillo, regina dei salotti romani, sostiene che ”le istituzioni italiane dovrebbero ricordarsi di lei”. Per il ”povero” Avvocato non nasconde di nutrire una forte ammirazione. Anche quando gli dice che è povero. Siamo alla fine degli anni Novanta, i due si incontrano a Roma e Francesco B. attacca: ”Io l’ho sempre guardata con ammirazione perché in qualche modo ha insegnato a tutti. Non solo a quelli che avevano meno di lei ma anche a quelli che avevano molto di più, di fronte ai quali Gianni Agnelli era praticamente ”povero’, parlo dello Scià di Persia, dei Niarkos, come degli Onassis o dei Berthelemy...”. ”Come? Io povero?”, avrebbe risposto l’avvocato. ”Sì, lei lo era”. Poche parole per il cugino Francesco Gaetano, molte di più per un personaggio come Camillo Crociani, presidente di Finmeccanica travolto dallo scandalo Lockheed, grande amico di Bellavista Caltagirone. Del fare impresa in Italia, ”Amazzonia burocratica”, non ne parla molto bene. A guardare il suo palmarés, non si direbbe che si sia trovato così male. E poi si sa, è la terra della burocrazia ma anche quella del volemose bene. Gustoso il racconto di come ha evitato il servizio militare: dopo aver girato le sette chiese in cerca di raccomandazioni, spunta fuori un manovale di un suo cantiere che aveva un amico medico all’ospedale militare et voilà, spunta un certificato di inidoneità. Nel capitolo ”affari” c’è anche spazio per un retroscena inedito: quando si parla di lui come di un possibile acquirente della Roma, lui la liquida in poche parole. Niente da fare, ”si tratterebbe di un impegno a tempo pieno”. Al capitolo Italcasse, che lo portò in carcere nel 1980, sono dedicate una decina di pagine sulle circa 250 dell’intero libro. Per i fratelli Caltagirone - oltre a Francesco, Gaetano e Camillo - quella vicenda rappresenta una svolta. Gaetano era il più famoso in quegli anni, noto alle cronache giornalistiche per il celebre ”a’ Fra’, che te serve”. Appena tre anni prima era stato nominato Cavaliere del lavoro, titolo revocato in seguito allo scandalo. ”Gaetano ha spento le luci anzitempo. Ha preferito fortificare le mura intorno a sé, blindarsi nel silenzio”. I fratelli Caltagirone, dice oggi Francesco B., non c’entravano niente. ”In tutto quello sfracello il vero obiettivo era Giulio Andreotti”. Tentarono il contrattacco, ma ”si rivelò il peggiore degli antidoti [...], le reazioni ne provocarono altre ancora più violente, per cui a un certo punto la diga franò. Travolgendoci”. Se ne occupa anche il New York Times. Francesco e Gaetano - il primo ha aggiunto al suo cognome quello della madre, il secondo no - vengono arrestati a New York su richiesta della magistratura italiana. Poi un lungo silenzio, durato quasi venti anni, fino all’alba del millennio. Quando riparte con le acquisizioni nel settore turistico-alberghiero, come il Molino Stucky a Venezia, o Villa Igea a Palermo. E ancora porti, servizi aeroportuali, appalti. E qualche problema con il fuoco - a distanza di pochi giorni, nell’aprile 2003, vanno in fiamme il Molino Stucky e lo Sharet, lo yacht di 30 metri di Bellavista ormeggiato nel porticciolo di Beauliue, in Costa Azzurra. E oggi fa il bilancio di una vita. Positivo, parrebbe» (Gianluca Paolucci, ”La Stampa” 21/12/2006).