Marco Ansaldo, La Stampa 5/10/2006, pagina 1, 5 ottobre 2006
Attenti ai buoni. La Stampa, giovedì 5 ottobre Si scopre che Massimo Moratti, il cavaliere bianco del calcio italiano, aveva schizzi di fango sull’armatura
Attenti ai buoni. La Stampa, giovedì 5 ottobre Si scopre che Massimo Moratti, il cavaliere bianco del calcio italiano, aveva schizzi di fango sull’armatura. Non le chiazze dei grandi maneggioni ma le macchie sufficienti a testimoniare che non era candido come si consegnava al giudizio del mondo, impressionato dalla beneficenza, dall’amicizia con Gino Strada, dalle scuole di pallone e di vita aperte in America Latina e, massiva prova di «bontà», dal non conquistare lo scudetto nonostante i soldi spesi. Se per vincere bisognava essere pescecani, Moratti mostrava la dentatura innocua di una spigola. Piaceva per questo. Era uno diverso. Dai dossier della Telecom emerge un personaggio più conforme al mondo in cui opera. Non usava il telefono per contattare gli arbitri, ma Borrelli ci dirà se gli bastavano i tabulati per provare a tenerne qualcuno in ostaggio. Di sicuro faceva controllare dagli spioni la vita privata di Vieri, un suo giocatore, e lo fanno in tanti, però non te lo aspettavi da lui, il buon padre di famiglia, permissivo e paziente, che non se la prese neppure quando gli comunicarono di aver trovato mezza squadra in un bordello e quel geniale personaggio che era Peppino Prisco commentò: «Questi, quando si divertono, non mi chiamano mai». Il sospetto che Moratti si stesse omologando al mondo dall’etica traballante ci sfiorò sapendo che nell’Inter giocava un sudamericano, Recoba, di cui erano state falsificate le origini perché avesse un avo europeo. Un altro, quando circolò la voce che volesse ingaggiare Moggi, perché soltanto con i suoi sistemi si poteva vincere. Oggi colpisce l’ammissione che sì, qualcosa di scorretto l’ha fatto anche lui. Ed è come quando ci dissero che Bob Dylan possedeva le azioni di una fabbrica di armi e ci chiedemmo se aveva ancora un senso credere in Blowin’ in the Wind. O sapere che il clan di Lula, il paladino del Brasile più povero, faceva i miliardi. Forse Moratti non poteva restare puro in uno stagno, ma ci avesse risparmiato l’esibizione di un primato etico che ora va dimostrato. Comunque abbiamo imparato una lezione: attenti ai buoni. Marco Ansaldo