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 2006  ottobre 05 Giovedì calendario

India rurale, il nuovo business. Il Sole 24 Ore 5 ottobre 2006. New Delhi. Sono quasi 743 milioni e il senso comune li vuole rassegnati alla miseria, circondati dalle mosche e falcidiati da malattie che in Europa quasi nessuno ricorda

India rurale, il nuovo business. Il Sole 24 Ore 5 ottobre 2006. New Delhi. Sono quasi 743 milioni e il senso comune li vuole rassegnati alla miseria, circondati dalle mosche e falcidiati da malattie che in Europa quasi nessuno ricorda. Eppure le grandi multinazionali li osservano con grande interesse. Sul loro conto vogliono sapere due cose in particolare: di cosa hanno bisogno e come glielo si può vendere. Sono gli abitanti di quella che l’ultimo censimento del subcontinente chiama Rural India, "un mercato che vale 33 miliardi di euro e cresce al ritmo del 10-15% l’anno", spiega R. V. Rajan, presidente della Rural Marketing Agencies Association of India. Oggi, mentre gli occhi del mondo sono ipnotizzati dai grattaciali di Mumbai e dai campus di Bangalore, tre indiani su quattro continuano a vivere lontani dalle grandi città e con ciò che guadagnano acquistano il 59% dei prodotti durevoli e il 53% di quelli di consumo venduti nel Paese. per aiutare le aziende a intercettare questo bacino di consumatori vasto ma polverizzato che sono nate agenzie come la Rural Relations di Pune, nel Maharashtra. Ogni giorno sulla scrivania di Pradeep Lokhande, il fondatore, arrivano più di 100 lettere. Sono i racconti degli abitanti di migliaia di villaggi sparsi in sette Stati che gli scrivono per spiegargli di cosa hanno bisogno: dai fertilizzanti per i campi ai banchi per le scuole. Lokhande risponde a tutti, raccoglie le informazioni, le vende ad aziende come Tata e Procter & Gamble e reinveste una parte dei guadagni nelle comunità. In questo modo ha procurato 370 computer a 365 scuole che ne erano sprovviste, ha organizzato corsi per spiegare ai coltivatori le regole della Wto, l’Organizzazione mondiale del commercio. "I am not a sadhu" (non sono un santone), spiega Lokhande, 47 anni, mescolando l’inglese del businessman con l’hindi. "Io sono un uomo d’affari che crede nella corporate social responsibility. Nella mia vita ho avuto la fortuna di studiare, lasciare il mio piccolo villaggio per lavorare alla Johnson & Johnson e viaggiare attraverso l’India. Fino a quando non ho trovato il coraggio di mettermi in proprio: volevo fare più soldi. E restituirne una parte al mondo da cui provengo". Per fare luce sulla vita nelle 615mila comunità rurali - i villaggi con meno di 5mila abitanti - Lokhande usa le lettere, perché "sono più affidabili dei racconti orali" e perché "scrivere è di per sé un modo per reagire al disagio". Benché le 700mila missive ricevute da 24mila diversi villaggi siano il cuore della banca dati della Rural Relations, l’uomo comune non è l’unico referente. anche attraverso negozianti, postini, insegnanti e ovviamente sarpanches, capivillaggio, che Lokhande ha messo a fuoco un mondo fino a pochi anni fa quasi sconosciuto. Un approccio più scientifico, ma non meno socialmente responsabile, è quello che ha fatto la fortuna di un’altra azienda, la Mart di New Delhi. Il suo amministratore delegato, Pradeep Kashyap, è stato consulente dell’Onu e della Banca mondiale: "I beneficiari delle nostre attività di rural development - dice - sono soprattutto agricoltori: gli insegnamo ad aprire un’attività, diamo loro consigli. I clienti della divisione di rural marketing sono aziende come Hindustan Lever, Intel e Philips. Ci chiedono di aiutarli a intercettare quella metà della classe media del nostro Paese, famiglie con un reddito annuo compreso tra 45 e 215mila rupie (750-3.600 euro), che vive lontana dai grandi centri". Si tratta di 16 milioni di nuclei che spesso non hanno un affitto da pagare, coltivano buona parte di ciò che mangiano e ricevono dallo stato rubusti sussidi per acqua ed energia elettrica, ritrovandosi, a parità di introiti, con un reddito disponibile più alto rispetto a chi vive in città. questo il mercato che Mart e Hindustan Lever stanno cercando di raggiungere con il progetto Shakti, che in hindi significa "potere femminile". In 15 Stati una parte della rete distributiva del colosso dei prodotti di consumo è stata appaltata a 20mila donne provenienti da famiglie povere che vanno in 80mila villaggi a vendere shampoo, sapone e the, casa per casa. Ognuna di loro guadagna circa 700 rupie al mese, meno di 12 euro. A un europeo ipnotizzato da Mumbai suona quasi offensivo. Per loro ha significato raddoppiare il reddito familiare. Marco Masciaga