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 2006  ottobre 05 Giovedì calendario

Il Nobel per la chimica va al figlio del Nobel. Corriere della Sera, giovedì 5 ottobre Roger D. Kornberg, Nobel per la chimica 2006, conosce bene l’atmosfera ovattata e solenne della Concert Hall di Stoccolma che lo aspetterà il prossimo 10 dicembre, quando re Carlo Gustavo XVI di Svezia gli consegnerà sul cuscino rosso l’ambita medaglia del premio più prestigioso del mondo

Il Nobel per la chimica va al figlio del Nobel. Corriere della Sera, giovedì 5 ottobre Roger D. Kornberg, Nobel per la chimica 2006, conosce bene l’atmosfera ovattata e solenne della Concert Hall di Stoccolma che lo aspetterà il prossimo 10 dicembre, quando re Carlo Gustavo XVI di Svezia gli consegnerà sul cuscino rosso l’ambita medaglia del premio più prestigioso del mondo. In quella sala era già entrato da ragazzino dodicenne stringendo la mano di mamma Sylvy e accomodandosi nelle prime file per essere vicino al padre Arthur, pronto a ricevere il Nobel della medicina. Era il 1959 e, unica diversità, sul palcoscenico camminava un altro re, Gustavo VI Adolfo, mentre tra i premiati era seduto il poeta italiano Salvatore Quasimodo.  nata così una nuova dinastia di Nobel, con la genialità tramandata di padre in figlio: un fatto raro accaduto soltanto sette volte nella storia ultracentenaria del premio svedese. Anche se i Kornberg ne hanno ricevuto due diversi, in realtà entrambi si sono tuffati nel cuore della cellula rivelandone aspetti differenti ma fondamentali per la conoscenza dei misteri della vita. Arthur scopriva come le cellule comunicano fra loro i segreti del Dna. Ora Roger ha approfondito ancor di più la visione del padre, dimostrando quali meccanismi biochimici entrano in gioco quando la cellula deve trasferire l’informazione del Dna per fabbricare le proteine. Un passo determinante per capire sia come il nostro organismo continua a vivere, sia come nascono varie malattie: dalle infezioni ai tumori. Arthur era un medico innamorato della ricerca e pieno di iniziative: insegna all’università, entra nel servizio sanitario nazionale, sale sulle portaerei come sanitario della Us Navy e infine approda ai National Institutes of Health a Bethesda, soddisfacendo, finalmente, il suo desiderio di ricerca. Continua però ad insegnare in vari atenei e a Stanford organizza nel 1959 il Dipartimento di biochimica. Qualche mese dopo sarebbe volato a Stoccolma. Roger guardava ammirato il padre. «Sono sempre stato attratto dal suo lavoro – racconta – e mi affascinava il mondo degli scienziati capaci di raggiungere grandi scoperte. Ero impressionato dai Nobel e osservandoli quando mio padre riceveva il Premio dicevo a me stesso che sarebbe stato arduo diventare uno di loro». La storia va diversamente e presto si ritrova pure lui ricercatore nel laboratorio creato dal padre a Stanford continuando, quasi in simbiosi, gli stessi studi, inseguendo le stesse mete, sognando la super scoperta per non essere inferiore all’illustre genitore, senza alcuna soggezione. E così accade: talvolta la fortuna tramanda, forse geneticamente, anche straordinarie facoltà. Quando alla fine degli anni Novanta si materializza, infine, il grande risultato, numerosi sono i riconoscimenti internazionali (come l’Harvey Prize israeliano) che sottolineano il suo valore e addobbano le pareti del suo studio. I collaboratori lo adorano e nel sito Internet del suo laboratorio ( http://Kornberg.stanford.edu) viene battezzato «leader senza paura». Mancava solo il Nobel, che ora è arrivato a 59 anni, e che Roger Kornberg festeggerà con il padre quasi novantenne. I Kornberg sono solo l’ultima dinastia Nobel. La prima e più celebre è quella dei Curie, inaugurata da Marie nel 1903 che condivideva il premio con il marito Pierre. La seguiva sul podio di Stoccolma la figlia Irène nel 1935, dividendolo anche lei con il marito Frédéric. Accanto troviamo i Bragg, i Bohr, i von Euler, i Siegbahn, i Thomson; tutte famiglie vissute, non sempre felicemente, tra gli allori della scienza. Un’ultima annotazione emerge spontanea e preoccupante dai Nobel scientifici del 2006. Tutti i premiati sono americani. una certificazione, se ce ne fosse bisogno, del gap che separa l’Europa dagli Stati Uniti, dove investire in ricerca continua ad essere una priorità per rimanere davanti a tutti, nella scienza e nell’economia. Giovanni Caprara