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 2006  ottobre 04 Mercoledì calendario

AbuLaban Ahmed

• Jaffa (Israele) 1946, Copenaghen (Danimarca) 1 febbraio 2007. Imam • «[...] non aspettava altro che un’inutile e offensiva provocazione. Così le vignette danesi, oltre che toccare la sensibilità dei musulmani, hanno fornito al leader islamico legna per il fuoco oltranzista. Abu Laban è un personaggio che conosce bene tanto il Medio Oriente che l’Europa. Vive infatti in Danimarca dalla metà degli anni ’90, dove vi è giunto al termine di un lungo peregrinare. Palestinese, originario della città di Jaffa, alla periferia sud di TelAviv, ha vissuto in Egitto e Kuwait dove è entrato a far parte della Fratellanza Musulmana. Poi, seguendo, l’esodo verso Occidente di molti esponenti radicali si è stabilito in Nord Europa. A Copenaghen Abu Laban diventa lo stretto collaboratore di Talaat Fouad Kassim, figura di rilievo della Jamaa Islamya, movimento che in quegli anni non esita a ricorrere al terrorismo contro i turisti in Egitto. Il palestinese e Kassim stampano il bollettino “Al Morabitun”, tengono rapporti con gli ex mujaheddin della guerra afgana. Attraverso la Danimarca passa anche il futuro numero due di Al Qaeda, Ayman Al Zawahiri, che lascia tra i suoi recapiti un indirizzo nel pacifico paese. Usando la piattaforma danese, i vertici della Jamaa lanciano una intensa attività di propaganda nelle comunità musulmane in Europa. Abu Laban e Kassim viaggiano molto, visitano moschee, predicano e raccolgono fondi per i fratelli della Bosnia e della Cecenia, denunciano la feroce repressione scatenata in Egitto. L’imam palestinese si fa vedere spesso a Milano, dove accorrono in tanti da tutto il Nord Italia per ascoltare i suoi discorsi. È considerato un personaggio influente, che cattura l’attenzione con sermoni incendiari. Nel febbraio del 1995 qualcuno segnala la sua presenza alla preghiera — a Milano— in onore di due kamikaze palestinesi fattisi saltare per aria il 22 gennaio in Israele: 18 i morti. L’impegno di Abu Laban e del suo compagno Kassim destano l’attenzione dell’intelligence egiziana. Il Cairo sostiene, senza però fornire prove, che il palestinese avrebbe partecipato ad un summit per scatenare attacchi terroristici. Più pesanti le accuse su Kassim che attirato in una trappola a Zagrabria (Croazia) durante un viaggio verso la Bosnia, viene catturato e rapito. Finisce poi al Cairo dove sarà fatto sparire per sempre. Liquidato, come altri esponenti integralisti inghiottiti nelle carceri speciali. Abu Laban, invece, resiste nel rifugio danese e diventa gradualmente il canale di comunicazione tra le autorità e la comunità islamica. I critici dicono che in realtà l’imam mantiene una posizione ambigua. Parla con toni distensivi quando si rivolge agli europei, ridiventa lupo se intervistato dai mass media arabi. Secondo la tv danese ha ripetuto lo schema di recente: davanti alle sue telecamere ha condannato il boicottaggio dei prodotti,ma ha cambiato posizione quando è apparso sugli schermi di Al Jazira. Sempre fonti danesi hanno ricostruito la missione di Abu Laban nei paesi arabi agli inizi di dicembre. Incontri di massimo livello — confermati in una lettera dallo stesso imam — incentrati sulla vicenda delle vignette offensive. Vede il Gran Mufti d’Egitto, il segretario della famosa Moschea Al Azhar, il segretario della Lega araba e alti funzionari: Abu Laban è contento perché ottiene una fatwa contro la Danimarca e un grande appoggio politico. È quello che gli mancava per rilanciare una vicenda vecchia di mesi. Tornato in Danimarca, l’imam ha riacceso il fuoco. Guido Olimpio» (Guido Olimpio, “Corriere della Sera” 6/2/2006) • «[...] era l’ospite d’onore al convegno “Le radici del terrorismo in Europa” organizzato dal capo dei servizi segreti danesi, Lars Findsen, svoltosi nel suo quartier generale a Copenaghen. Elevato dalle autorità al rango di rappresentante dei musulmani in Danimarca, cinque mesi dopo Abu Laban si rivelerà il grande burattinaio che ha promosso la “guerra santa” dell’islam mondiale contro il Paese che gli ha dato la cittadinanza. La figura centrale di Abu Laban, noto anche ai servizi segreti italiani per i suoi rapporti con la moschea di viale Jenner a Milano, sconfessa ancora una volta il luogo comune sulla natura reattiva dell’ondata di violenza e di terrorismo esplosa ben cinque mesi dopo la pubblicazione delle discusse vignette che ritraggono il profeta Mohammad (Maometto). Chiarendo che non c’è un rapporto di causa ed effetto tra la presunta blasfemia e il terrorismo. Bensì la fredda e deliberata strumentalizzazione di un risentimento diffuso tra i musulmani per pianificare, d’intesa con movimenti estremisti e governi canaglia islamici, l’aggressione a uno stato simbolo e a dei valori fondanti della civiltà occidentale [...] Noi vogliamo internazionalizzare la vicenda affinché il governo danese si renda conto che le vignette non hanno offeso solo i musulmani della Danimarca ma anche i musulmani di tutto il mondo”, sostenne AbuLaban il 18 novembre al sito integralista www.islam-online.net. Ed è così che dopo aver aizzato i militanti islamici in Danimarca, Abu Laban è partito al Cairo, dove è stato ricevuto dal segretario della Lega Araba Amr Moussa e dal grande imam dell’università islamica di Al Azhar Sayyed Tantawi. Poi si è recato in Arabia Saudita e infine nel Qatar, accolto a braccia aperte dallo sheikh Youssef Qaradawi, leader politico e spirituale dei Fratelli Musulmani d’Europa. Quest’ultimo [...] ha emesso una fatwa che legittima l’uccisione dei vignettisti e dei direttori di giornali che avrebbero offeso il profeta Mohammad. Abu Laban, persona non grata in Egitto e negli Emirati Arabi per le sue tesi islamiche estremiste, è legato al movimento palestinese Hamas e al gruppo egiziano della Jamaa al-Islamiya. Ha ospitato a Copenaghen nel 1990 lo sheikh cieco Omar Abdel Rahman, condannato all’ergastolo negli Usa per il primo attentato al World Trade Center del 1993, e Ayman al Zawahiri, il numero due di Al Qaeda. All’indomani dell’11 settembre ha elogiato Bin Laden e i Taliban. Intervistato proprio dal Jyllands- Posten il 21 agosto 1994 dopo la strage di sette monaci e altri turisti in Algeria, Abu Laban commentò: “Forse i turisti diffondevano l’Aids in Algeria così come gli ebrei diffondono l’Aids in Egitto”. Nel febbraio 1995 è stato ospite a Milano del nono congresso della moschea di viale Jenner. Abu Laban e altri predicatori pronunciarono dei sermoni, registrati in un video, di cui Il Foglio ha pubblicato un estratto: “Bisogna combatterli, ucciderli, lapidarli: solo così si può aver pietà di loro. Il Jihad con armi e fuoco ha come obiettivo di togliere il marcio da questa terra, perciò è questa la pietà: salvare il mondo dai miscredenti”. Cosa significa tutto ciò? Che le scuse reiterate in tutte le salse all’islam e ai musulmani non solo non servono, ma vengono percepite come un segno di debolezza e incoraggiano i burattinai del terrore a infierire ancor di più. Sono loro il problema, non le vignette. Un problema creato dall’ingenuità e dalla pavidità dell’Occidente» (Magdi Allam, “Corriere della Sera” 8/2/2006).