Corriere della Sera 03/10/2006, pag.29 Massimo Mucchetti, 3 ottobre 2006
Le scelte dei soci Pirelli tra debiti e nuovi partner. Corriere della Sera 3 ottobre 2006. In una grande società con un vasto azionariato la presenza di un socio di riferimento può rappresentare un punto di forza ma anche di debolezza
Le scelte dei soci Pirelli tra debiti e nuovi partner. Corriere della Sera 3 ottobre 2006. In una grande società con un vasto azionariato la presenza di un socio di riferimento può rappresentare un punto di forza ma anche di debolezza. Nel caso di Telecom, la presenza di azionisti di riferimento indebitati, prima la lussemburghese Bell di Gnutti e Colaninno, ora l’italiana Olimpia di Pirelli e Benetton, ha portato a spremere più che a costruire. La Telecom messa in campo dal Tesoro alle fine del 1997, pur con un grado di efficienza migliorabile, aveva una posizione finanziaria netta negativa di soli 8 miliardi di euro ed era in grado di acquistare, sol che ne fosse autorizzata, il gestore di telefonia mobile inglese Vodafone. A nove anni dalla privatizzazione, e dopo quattro gestioni diverse, il gruppo Telecom ha ancora 41,5 miliardi di debiti finanziari netti che scenderanno a 38 alla fine dell’anno soprattutto perché, fisiologicamente, si riassorbe la gobba di giugno dovuta al pagamento dei dividendi. Il debito rimane sostenibile e tuttavia pesa: Telecom può investire ancora in Italia, ma non può darsi una dimensione internazionale come sta facendo, per esempio, la spagnola Telefonica. In un mondo globalizzato, rischia di confinarsi in provincia. Il gruppo Telecom subisce l’effetto boomerang della piramide societaria montata sopra la sua testa per poterlo controllare con un minimo impegno patrimoniale. In origine, Olimpia aveva comprato Olivetti, che controllava Telecom la quale, a sua volta, controllava Tim. E poiché Olivetti aveva in pancia il debito dell’Opa di Colaninno (20 miliardi), in principio a Olimpia non arrivava nulla. Tronchetti ha dunque accorciato la catena cosicché la Telecom di oggi altro non è che la Olivetti di ieri che, dopo le fusioni, ha cambiato nome. Ma prima di ogni fusione, Tronchetti ha fatto comprare alla società incorporante grandi quantità di titoli dell’incorporanda così da evitare la diluizione delle proprie posizioni di potere. Olivetti ha dunque speso 5,2 miliardi in azioni Telecom e Telecom 13,8 miliardi in azioni Tim: investimenti a debito che hanno vanificato l’effetto degli incassi (13,9 miliardi) fatti cedendo società e partecipazioni, operazione che ha reso sempre più domestico e sempre meno multinazionale il gruppo. Negli stessi anni Telecom e Tim sono state costrette a destinare a dividendi un’elevatissima percentuale dell’utile. Tra il 2002 e il 2005, il gruppo ha erogato 9,8 miliardi di dividendi. Le due Opa propedeutiche alle fusioni e l’alta remunerazione del capitale hanno costantemente ricreato il debito che, in un lustro, è sceso di soli 2 miliardi rispetto al picco dei 43,5 miliardi del 30 settembre 2001. Discutere dell’Opa di Colaninno e Gnutti come della madre di tutte le disgrazie, come ancora si è fatto, può essere interessante sul piano storico, ma non attenua l’errore di chi ha offerto loro una via d’uscita dorata. Meglio sarebbe ragionare sulle alternative: una ricapitalizzazione di Telecom o una assai più modesta, ma pur sempre efficace, di Olimpia. In questo secondo caso, riducendo il debito, si abbassa il suo onere e se ne rende possibile il rimborso in tempi ragionevoli con il duplice effetto di non dover più stressare Telecom nella ripartizione dell’utile e di poter pagare qualche dividendo anche ai soci di Olimpia. A quelli vecchi ed eventualmente a quelli nuovi. E qui si arriva all’altro punto critico. Poiché Pirelli non ha i soldi per ricapitalizzare Olimpia, della quale possiede l’80%, sta in prima battuta al sindacato azionario di Pirelli decidere se chiamare ancora una volta i soci a mettere mano al portafoglio per sostenere un investimento che ha pesantemente penalizzato il titolo e ridotto il perimetro industriale del gruppo o se invece aprire le porte di Olimpia ad altri ridefinendo gli assetti di potere in Telecom. Massimo Mucchetti