Andrea Galli, Corriere della Sera 27/9/2006, pagina 22., 27 settembre 2006
Il Paese dei mutilati. Corriere della Sera, mercoledì 27 settembre Segarcea (Romania). Zoppicano anche cani e gatti
Il Paese dei mutilati. Corriere della Sera, mercoledì 27 settembre Segarcea (Romania). Zoppicano anche cani e gatti. Perché i piccoli li usano come giocattoli oppure i grandi li prendono a calci, e non perché investiti: a Segarcea, nella Romania meridionale, zingara e contadina al confine con la Bulgaria, mancano automobili. E, a parte quella centrale che s’allaga appena piove, mancano strade asfaltate. Eppure da Segarcea e dalla vicina Bals, 20mila abitanti in due, si parte. In massa. Anche i vecchi storpi che finiscono a mendicare ai semafori di Milano. Hanno tra i 40 e i 55 anni. Nati senza assistenza medica e levatrici, abbandonati negli orfanotrofi. Quando gli istituti sono stati chiusi si sono ritrovati senza famiglia e lavoro. Non hanno braccia e gambe, e se le hanno sono mutilate. Di arare i campi, non se ne parla. Di raccogliere l’uva per farci il vino locale – domenica ha innaffiato un gioioso matrimonio, il primo da inizio anno ”, nemmeno. Di guidare i carri trainati dai cavalli per vendere a domicilio la merce, figurarsi. Allora gli storpi se ne vanno. Sui bus, per Milano. I biglietti si comprano nelle agenzie di Craiova, la città meno lontana, a 28 chilometri. Duecento euro il prezzo: un contadino, al mese, ne guadagna la metà. Per superare i confini, basta il passaporto. Una cosa «più semplice di quanto si pensi. Il racket e la criminalità riguardano la prostituzione». E comunque la polizia, che ha una bella palazzina come sede e un nuovo parco auto, fatica a stare dietro ai presenti e non pensa ai partenti. Cristian detto «l’imprenditore», alla caduta di Ceausescu, andò in Italia. Quindici anni da muratore. Coi soldi guadagnati, ha messo su un market, l’unico, prendendosi il lusso di assumere come commesse le «due più belle ragazze del paese». Vive bene, «l’imprenditore», però «soffro a vedere una nazione persa nella corruzione. Le forze dell’ordine, con una mancia, chiudono gli occhi». Al posto di polizia, c’è un agente con gli occhi chiusi. A causa del sonno, a contare gli sbadigli. Il capo, Marius Titoiu, è via. C’è da indagare: è morto un rom, di sicuro avvelenato, forse «per mano di parenti». Inoltre gli inquirenti hanno sul groppone la storia di due ragazzi denunciati un mese fa nella Bergamasca per una presunta violenza ai danni di una connazionale. «Non c’entriamo» giurano i due. Sono rimpatriati, «se ci presentiamo alla dogana ci mettono dentro ». Così aspettano. Sono in buona compagnia: aspettano tutti, a Segarcea, che sull’atlante stradale è una breve linea retta. Cinquecento metri dal market alla sede della polizia. Attorno si allarga il paese. Gli storpi abitavano e abitano – i pochi rimasti – in fondo in fondo, nella periferia nascosta dal granturco, con conoscenti o buone anime che li hanno raccolti e accolti. Signore di novant’anni coi baffetti e mariti coi baffoni e la pelle dura, che manco sanno della possibilità per la Romania di entrare, il prossimo anno, nell’Unione europea. C’è un uomo di 47 anni che si appoggia a due stampelle. Non ha voglia di andarsene, «dò una mano con le oche». Ma racconta che, alla fine, val la pena trasferirsi a Milano. inutile spostarsi «come hanno fatto amici miei» a Bucarest, sui vialoni che uniscono la cintura al centro. Lì passano le auto degli operai che vanno nelle ditte e guadagnano 300 euro al mese: monete agli elemosinanti sono spese fuori budget. In Italia, se si trova il semaforo giusto, si possono fare i soldi. I soldi: in tasca rimane il cinque per cento, il resto va al capo che, nove volte su dieci, ha base nel campo nomadi di via Triboniano. Gli storpi per anni cercano i soldi per il viaggio. S’indebitano. Trasportati a Craiova, salgono sui bus. Il capolinea è nei dintorni della stazione Centrale, nei piazzali di Molino Dorino e di Cascina Gobba. Al capolinea ci sono gli emissari dei boss. Sono gli stessi che, a gruppi di tre-quattro, cureranno gli invalidi: passaggi in strada, dalle 7 alle 19, per controllare il lavoro; soste rapide, tra le 14.30 e le 15, per ritirare la prima parte dell’incasso; infine, la sorveglianza notturna. Gli storpi dormono nelle aree dismesse. d’obbligo non curare la barba e non cambiare gli abiti: bisogna accentuare l’immagine da disperati. Ogni giorno è uguale al precedente. Quanto durerà il soggiorno, i concittadini non lo sanno. Non è un problema. A Segarcea vivono aspettando. E tanto, allarga le braccia Cristian, «se i poliziotti e i carabinieri li fermano e ce li rimandano indietro, quelli dopo cinque mesi ripartiranno». Andrea Galli