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 2006  settembre 23 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 25 SETTEMBRE 2006

Per la prima volta da almeno tre anni l’indice che registra la ”profezia” degli elettori su chi vincerà le elezioni vede in vantaggio il centrodestra e anche l’indicatore che registra a chi gli italiani danno la loro fiducia premia la Cdl, «la quale, per parlare chiaro, in tutta questa storia sta campando di rendita sugli errori altrui» (Fausto Carioti). [1] Sergio Soave: «La cosiddetta ”luna di miele” del vincitore delle elezioni, se mai c’è stata, ora è definitivamente terminata». [2] Bobo Craxi: «Prodi ha commesso degli errori e la situazione è veramente confusa. Alcuni diplomatici mi hanno detto che a New York lui e Massimo D’Alema quasi non si parlavano. gelo. Non so che cosa possa accadere, non so se il governo riuscirà a reggere...». [3]

A sei mesi dalle elezioni, ampiamente doppiato il capo dei «primi cento giorni», non si riesce a capire dove sia diretta la nave del governo. Luca Ricolfi: «Il timoniere non timona. Finge di timonare. Muove la barra un po’ a destra, un po’ a sinistra, per farci credere che il timoniere è lui, ma se osservate bene potete vedere che la barra è staccata dal timone. E se osservate ancora meglio, vi accorgete che la nave del governo è un’antica triremi, con tre file di vogatori su una fiancata, e tre file di vogatori sull’altra. Qualche volta vogano più forte le tre file della prima fiancata, con i loro simpatici cappellini con su scritto Ds, Margherita, Rosa nel pugno, e la triremi va a destra. Qualche volta vogano più forte le tre file dell’altra fiancata, con i loro simpatici cappellini con su scritto Rifondazione, Comunisti, Verdi, e la triremi va a sinistra». [4]

Una chiave per spiegare la crescente solitudine di Prodi può essere nel fastidio che, a ragione o a torto, si diffonde tra gli altri esponenti del centrosinistra per il suo atteggiamento un po’ sufficiente e paternalistico. Soave: «Interrogato sulle difficoltà del governo ha risposto: ”Certo non è facile, ci sono tanti partiti. Si è sempre per metà primo ministro e per metà assistente sociale”. I partiti saranno anche un po’ permalosi, ma difficilmente accettano l’idea di aver bisogno di assistenza. Lo schema di Prodi è rimasto lo stesso: la sua leadership è indispensabile a tenere insieme la coalizione, il che gli consente di operare scelte anche non concordate preventivamente, perché gli altri non avrebbero alternative al sostenerle. La novità è che questo schema suscita ormai resistenze nella maggioranza, e rende chimerica la prospettiva di un suo allargamento». [2]

All’inizio della legislatura a sinistra si pensava a un rapido «allargamento della maggioranza», con il rinforzo di una dozzina di senatori del centro-destra. Stefano Folli: «O magari, meglio ancora, di un vero e proprio partito. Non è andata così. vero che la casa delle libertà è percorsa da profonde fratture interne, ma queste non producono fenomeni di trasformismo parlamentare vecchio stile. I sospetti sull’Udc di Casini si sono presto rivelati ingiusti e non c’è da stupirsene. Perché mai l’ex presidente della Camera dovrebbe andare con la sua formazione in soccorso a Prodi, se il quadro politico non cambia in modo profondo? Sarebbe un suicidio e Casini non è il tipo da gesti estremi». [5]

«Prodi paga la mancanza di partiti politici. Quando sei premier ne hai bisogno. Mediano, ti proteggono...» (Andreotti). [6] Carioti: «Hai voglia a dire che il suo partito è l’Ulivo e altre amenità del genere. Balle. Nell’ora del pericolo un premier ha bisogno di qualcuno disposto a fargli scudo col corpo, ha bisogno di senatori e deputati e capigruppo e ministri che impongano la sua linea agli alleati. Prodi, al massimo, può contare sul silenzio di un factotum pasticcione come Angelo Rovati, sull’amicizia di Silvio Sircana e sulle profonde elucubrazioni di Arturo Parisi. Col risultato che adesso si trova in prima linea da solo». [1] Micaela Bongi: «Il suo virtuale soggetto politico di riferimento, il Partito democratico, è un magma di interessi contrapposti cui il premier a sua volta contrappone, spesso a testa bassa, la forza di una leadership benedetta dalle primarie». [7]

C’è chi lavora per fare del partito democratico ”un partito per Prodi”. Emanuele Macaluso: «I leader della Margherita sulla vicenda di Telecom hanno sornionamente criticato palazzo Chigi per la sua linea politica, ma soprattutto è trapelata la preoccupazione che a decidere sulla riorganizzazione dei poteri che contano fosse solo Prodi con il suo ”staff”, con i suoi fedeli, insomma il possibile nucleo forte del progettato partito. Il leader, quando è espresso da un grande partito come frutto di una battaglia politica è una cosa; quando invece è frutto di un enorme potere personale senza partito (Berlusconi) è un’altra. Se poi si vuole costruire un partito per supportare una persona che un partito non ha (Prodi) è un’altra cosa ancora. Lo vediamo tutti i giorni». [8]

Se vuole sopravvivere con una maggioranza così esigua e una coalizione così variopinta, Prodi ha interesse a creare simpatie e consensi che vadano al di là della cerchia ristretta dei propri amici. Sergio Romano: «Penso a un parlamento più grande, composto da uomini e donne che hanno responsabilità di varia natura e formano, tutti insieme, la parte più attiva e consapevole del Paese. Non importa che abbiano votato per la sinistra o per la destra. Quali che siano le loro preferenze al momento del voto, questi uomini e queste donne riconoscono al governo il diritto di governare e sono disposti ad aiutarlo. Ma hanno bisogno di essere informati e di essere ascoltati. esattamente il contrario, purtroppo, di ciò che è accaduto negli scorsi giorni». [9]

La maggioranza, debole e divisa, si trova adesso ad affrontare due match micidiali in contemporanea e legati l’uno con l’altro dal titolo «Politica economica e industriale». Riccardo Barenghi: «L’affare Telecom con tutti i suoi derivati, e la legge finanziaria con tutte le sue trappole. Sono campi di gioco insidiosi, dove le scelte strategiche, che già dividono questo da quello e quello da quest’altro, vengono contaminate dal bisogno di costruirsi un potere economico compiacente o un consenso elettorale compiaciuto. L’Unione corre il serio rischio di uscirne con le ossa rotte o addirittura di non uscirne affatto. Questo almeno spera Berlusconi, che infatti si è improvvisamente rianimato». [10]

Di fatto, c’è una polveriera con una miccia accesa che potrebbe durare cinque anni, ma anche esplodere da un momento all’altro. Augusto Minzolini: «Nell’ultima settimana tutti si sono accorti che in queste condizioni basta una piccola brezza ad accelerare la velocità con cui si consuma la miccia. Lo sa Prodi che è rimasto molto colpito dalle polemiche su Telecom: ”Tra di noi - è il lamento che è arrivato a Roma - c’è chi non ha perso il vizio di logorare il premier di turno”. Ci sono le diverse anime del centro-sinistra, Quercia e Margherita, che poco convinte del presente pensano anche al futuro». [11] Jena: «Molti a sinistra già pensano al loro futuro se Prodi dovesse cadere, in particolare ci pensa Veltroni». [12]

Nessuno vuole la caduta di Prodi. Luigi La Spina: «Il centrosinistra non ha, in questo momento, un leader alternativo che possa sostituire l’attuale presidente del Consiglio senza un passaggio elettorale, come fecero D’Alema e Amato due legislature fa. Ma neanche la fondata speranza, oggi, di vincere un duello alle urne con il centrodestra, nel caso di una rapida caduta del governo. Solo una ragionevole durata di Prodi a Palazzo Chigi potrebbe aprire la strada ai tanti aspiranti suoi successori alla presidenza del Consiglio. Nell’opposizione, i centristi di Casini temono che la immediata caduta di Prodi porti inevitabilmente alle elezioni, con la scontata ricandidatura di Berlusconi. Una eventualità che l’Udc cerca di scongiurare con altre ipotesi politiche che hanno bisogno, però, di un qualche tempo per maturare davvero». [13]

Fini ha la preoccupazione opposta. La Spina: «Teme che si arrivi a una grande coalizione, mascherata da governo tecnico, che emargini lui e An, mentre non è ancora avvenuto il passaggio a quel partito popolare europeo che ormai costituisce il suo obbiettivo fondamentale. Anche per Berlusconi, l’unico che evidentemente potrebbe avvantaggiarsi da una bruciatura rapidissima di Prodi nella sua seconda esperienza a capo di un governo, i tempi potrebbero stare troppo stretti. Non è così sicuro, infatti, che il presidente della Repubblica, all’inizio del suo mandato settennale e all’inizio di una legislatura, sia così disposto a ricorrere nuovamente alle urne. Senza dar ascolto a chi, in quel caso, gli suggerirebbe la soluzione, appunto, del governo di ”salute pubblica”». [13]

Più questo governo dura, più l’Unione rischia di perdere consensi. Minzolini: «Del resto non è stato il Giornale a titolare giorni fa in prima pagina ”La Cdl risale”, ma l’organo ufficiale della Margherita di Rutelli, Europa». [14] Paolo Flores d’Arcais (direttore di Micromega, leader dei cosiddetti ”girotondi”): «L’Unione purtroppo sta ripetendo gli stessi errori di sempre. I primi cento giorni di questo esecutivo sono stati disastrosi, deludenti: basta pensare alla legge sull’indulto. Dicono che l’hanno fatta per far uscire i poveracci. Davvero? Ma se avessero davvero voluto raggiungere questo obiettivo sarebbe bastato modificare a fondo la legge sulla droga e quella sull’immigrazione. Altro che poveracci, la verità è che volevano salvare gli ”amici degli amici”». [15]

Si può continuare a votare un centrosinistra che fa del berlusconismo senza Berlusconi? Flores d’Arcais: «Io dico di no». Alternativa? «Punire i partiti di centrosinistra usando l’unico linguaggio che conoscono e al quale sono sensibili: i consensi. Ecco perché propongo di non votarli più, organizzando forme di ”non voto”; o anche forme alternative di voto». [15]