La Repubblica 19/09/2006, pag.51 Agostino Giovagnoli, 19 settembre 2006
E il papa licenziò don Sturzo. La Repubblica 19 settembre 2006. Roma. Dall´archivio di Pio XI, aperto ieri alla consultazione, cominciano ad emergere documenti che permetteranno di far luce almeno su una parte delle tante vicende, note e meno note, di questo pontificato, come quella dell´influenza vaticana sulle dimissioni di don Luigi Sturzo dalla Segreteria del Partito Popolare nel luglio 1923
E il papa licenziò don Sturzo. La Repubblica 19 settembre 2006. Roma. Dall´archivio di Pio XI, aperto ieri alla consultazione, cominciano ad emergere documenti che permetteranno di far luce almeno su una parte delle tante vicende, note e meno note, di questo pontificato, come quella dell´influenza vaticana sulle dimissioni di don Luigi Sturzo dalla Segreteria del Partito Popolare nel luglio 1923. Quelle improvvise dimissioni, che hanno favorito l´affermazione del regime fascista in Italia, sono state lungamente avvolte nel mistero, perché lo stesso Sturzo non ne ha mai voluto parlare. Una parte della corrispondenza di Sturzo con il Vaticano è stata pubblicata molti anni dopo, ma ora i documenti conservati nell´Archivio di Pio XI permettono di illuminare più a fondo questa vicenda, che ebbe inizio con una lettera del Segretario di Stato card. Gasparri a padre Tacchi Venturi, un gesuita incaricato dei contatti con Mussolini e con altri uomini politici italiani. Gasparri scriveva che la proroga concessa fino a quel momento a Sturzo era scaduta. E così riferiva il pensiero del papa: «Ora il S. Padre ritiene che nelle attuali circostanze in Italia un sacerdote non può restare a la direzione di un partito, anzi dell´opposizione di tutti i partiti avversi al governo, auspice la massoneria». Il 9 luglio giungeva la risposta di Sturzo al "comando" del papa: «Obbedisco, con la semplicità di chi compie semplicemente il proprio dovere». Contemporaneamente, però, la sua lunga lettera spiegava che quelle dimissioni rappresentavano un errore. Pio XI lesse personalmente il testo, chiosandolo in alcuni punti. Il segretario del Ppi scriveva ad esempio che tutti avrebbero attribuito il suo «ritiro ad un intervento della S. Sede» proprio alla vigilia della discussione sulla legge Acerbo, che prevede una riforma elettorale fortemente voluta dai fascisti e contrastata dai popolari. Si sarebbe pensato, insomma, ad un intervento diretto della S. Sede nella politica italiana. I conseguenti interrogativi sollevati da Sturzo - «Come smentire ciò? Con quali mezzi? Con delle menzogne?» - venivano così chiosati dal papa: «No certo; ma con i riflessi suggeriti: il bene del Ppi e della Chiesa cattolica». Più avanti, Sturzo assicurava che «mai, né direttamente né indirettamente, la massoneria ha avuto un solo momento di tolleranza verso il partito popolare italiano». Ma Pio XI annotava: «A Pisa la massoneria deliberava testé di sostenere don Sturzo nella opposizione al G[overno]». Infine, mentre Sturzo esprimeva dubbi sull´affermazione che la richiesta di sue dimissioni non era un atto «poco benevolo» verso il partito popolare ma solo ispirato «agli interessi superiori della Chiesa», Pio XI, commentava: «Veramente è così». Il contrasto tra le tesi della lettera e le annotazioni del papa fanno emergere le due opposte visioni che si scontrarono allora. Secondo Pio XI, per il bene della Chiesa, un sacerdote non poteva continuare a dirigere un partito politico o, anzi, tutta l´opposizione; secondo Sturzo, per il bene della Chiesa si sarebbe dovuto evitare un gesto che coinvolgeva pesantemente quest´ultima nella politica italiana. Per il primo, il segretario del Ppi non era più al servizio di un disegno cattolico ma massonico, per il secondo era vero il contrario. Secondo il papa, le dimissioni di Sturzo non avrebbero danneggiato il Ppi, secondo quest´ultimo il partito sarebbe stato "scompaginato". Infine Sturzo prevedeva che le sue dimissioni avrebbero fatto credere ad un appoggio della Chiesa al «governo fascista e al fascismo, i cui metodi non solo nel campo politico ma in quello etico sono per tante ragioni a riprovare». Il carteggio conservato in Vaticano e oggi accessibile, però, contiene anche altri elementi. Lo stesso giorno, il 9 luglio, in cui padre Tacchi Venturi riferiva che Sturzo accettava la richiesta del papa, egli scrisse a Gasparri di aver già informato Mussolini, ottenendone l´impegno a non divulgare la notizia prima che le dimissioni fossero presentate ufficialmente e a non interpretarle in pubblico come una sua vittoria. Il leader fascista era dunque quantomeno informato dell´intervento vaticano, di cui si mostrava ben contento. Un altro particolare rivelatore è rappresentato dalla questione del debito accumulato dal Partito popolare nei confronti di banche, che avevano deciso di esigerne l´immediata riscossione per contrastarne la politica antifascista. Si trattava di un oggettivo elemento di pressione sul segretario del Partito popolare che, ben consapevole del problema, nella lettera di preannuncio delle dimissioni chiese al papa di ripianare il debito del Ppi. Pio XI accolse la richiesta, decidendo anche di sostenere finanziariamente Sturzo nei difficili momenti che lo attendevano prima in Italia (purché si allontanasse da Roma) e poi in esilio a Londra, dove lo stesso Sturzo decise di andare nel settembre 1924. Malgrado la durezza dello scontro, il rapporto tra i due continuò anche in seguito, sia pure da lontano e in modo indiretto. Agostino Giovagnoli