Corriere della Sera 17/09/2006, pag.29 Sergio Romano, 17 settembre 2006
Immigrazione: confronto tra Europa e Usa. Corriere della Sera 17 settembre 2006. Leggo tutti i giorni di barconi carichi di centinaia di immigranti che vengono sistemati a Lampedusa in uno spazio che consente la presenza di sole 190 persone
Immigrazione: confronto tra Europa e Usa. Corriere della Sera 17 settembre 2006. Leggo tutti i giorni di barconi carichi di centinaia di immigranti che vengono sistemati a Lampedusa in uno spazio che consente la presenza di sole 190 persone. E poi da lì vengono trasferiti a un’altra località italiana. Durante il governo Berlusconi ricordo di avere letto che venivano restituiti al Paese d’origine, sia pure con la critica di alcuni rappresentanti dell’opposizione. E ora che l’opposizione è al governo non ci viene spiegato dove vada a finire questa ondata umana. Negli Stati Uniti, dove vivo, quelli che si introducono illegalmente e vengono scoperti sono rinviati ai luoghi di provenienza, compresi quelli che provengono dalla vicina Cuba e non riescono a mettere i piedi sulla spiaggia della Florida. In quelle acque la Coast Guard non solo non aiuta i barconi ad attraccare, ma non li fa nemmeno avvicinare. Vero è, come dicevo, che Cuba è vicina. Leggo, infine, che i governanti di prima e di adesso continuano a dire che questo tipo di immigrazione è un problema europeo e che quindi se ne deve parlare in Europa. Dicono altresì che sono stati presi – oppure sono in discussione – accordi con il Colonnello libico, ma non ho ancora letto quale conclusione sia stata raggiunta. Credo che sarebbe di interesse generale conoscere la situazione. Luciano Galloni Caro Galloni, la sua lettera solleva contemporaneamente molti problemi. Proverò a risponderle cominciando dal confronto con gli Stati Uniti. vero che il governo americano accetta i profughi cubani soltanto quando hanno toccato il bagnasciuga della Florida e allontana i barconi se riesce a intercettarli. Ma può impedire lo sbarco anche e soprattutto, come lei stesso osserva, perché Cuba è vicina. Se la marina italiana bloccasse in alto mare un centinaio d’immigranti, spesso a bordo di carrette in pessime condizioni, li condannerebbe a morte certa. Il maggiore rigore americano, del resto, non impedisce agli Stati Uniti di avere in questo momento almeno 11 milioni di clandestini (molti di più secondo altre stime) e di fare una politica dell’immigrazione piena di incertezze e contraddizioni. Hanno costruito sul Rio Grande, alla frontiera con il Messico, un muro dotato delle più raffinate tecnologie elettroniche. Ma gli emigranti che riescono a superare la barriera trovano rapidamente lavoro in Texas e in California. possibile bloccare efficacemente l’immigrazione clandestina quando l’economia americana assorbe il lavoro dei nuovi arrivati e dimostra in tal modo di averne bisogno? Non è sorprendente, in tali circostanze, che vi siano al Congresso, in questo momento, due progetti di legge che affrontano il problema da posizioni diametralmente opposte. Il primo vorrebbe che gli immigrati clandestini venissero trattati come criminali e ha provocato le enormi manifestazioni dei latinos a Washington nella scorsa primavera. Il secondo, preferito dal presidente Bush, faciliterebbe agli immigrati la via della cittadinanza. Vengo ora alle difficoltà di casa nostra. Il problema italiano è serio, anche per ragioni stagionali (il traffico si intensifica con l’arrivo della buona stagione e rallenta con le prime burrasche), ma è meno grave di quello spagnolo dove gli sbarchi, negli scorsi mesi, sono stati più numerosi. La causa della differenza, probabilmente, è la legge con cui Madrid ha regolarizzato poco meno di 600.000 clandestini. Tutti i membri dell’Ue, quando sono in difficoltà, sostengono che il problema dell’immigrazione andrebbe affrontato a Bruxelles. Ma nessuno sembra disposto a privarsi del diritto di manovrare certe leve a proprio piacimento. Il Paese che annuncia una sanatoria per gli stranieri illegalmente presenti sul proprio territorio incoraggia altri futuri clandestini a mettersi in coda sulle spiagge dei Paesi africani. Aggiunga a questo, caro Galloni, che il trattato di Schengen ha abolito il controllo dei passaporti fra gli Stati che l’hanno sottoscritto e che chiunque sbarchi sulle coste italiane ha una ragionevole di speranza di essere nei giorni seguenti in Spagna, Francia o Germania. La pratica delle restituzioni, per quel che so, non è cambiata. Come all’epoca del governo Berlusconi l’Italia rimanda al Paese d’origine i clandestini di cui ha potuto accertare la nazionalità. Ma gli immigrati lo sanno e molti di essi distruggono i loro documenti. Con la Libia di Gheddafi, infine, sembra essere stato raggiunto un accordo per la perlustrazione congiunta delle due marine nazionali nelle acque territoriali libiche. Ma sulla durata e l’efficacia dei nostri accordi con il colonnello è giusto avere qualche ragionevole dubbio. Sergio Romano